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Oscar, Luca Tommassini: "Io ex clandestino dispiaciuto per la sconfitta di 'Io capitano'"

Il coreografo e il commovente racconto dei suoi esordi da 'irregolare' negli Usa: "La loro storia mi ha fatto tornare indietro nel tempo"

Luca Tommassini - Fotogramma
Luca Tommassini - Fotogramma
11 marzo 2024 | 13.04
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"Mi dispiace che il bellissimo film di Matteo Garrone, con i bravissimi Seydou Sarr e Moustapha Fall, non abbia ottenuto l'Oscar. La loro bravura e la loro vicenda mi colpisce particolarmente e mi ha ricordato il mio primo approdo alla Notte degli Oscar, affrontata da clandestino". Luca Tommassini, coreografo e direttore artistico di fama mondiale, commenta così con l'Adnkronos la delusione italiana nella Notte degli Oscar per il mancato Oscar a 'Io capitano' di Matteo Garrone, che era nominato nella categoria Miglior Film Internazionale, dove la statuetta è andata a 'La zona d’interesse' di Jonathan Glazer lasciando il film italiano a mani vuote.

Proprio ieri, Tommassini aveva ricordato sui social i suoi primi Oscar, dove arrivò nel 2000, da ballerino in cerca di scrittura, squattrinato e clandestino, che si trasformarono nella consacrazione della sua carriera internazionale grazie all'intuizione e alla generosità della coreografa statunitense Paula Julia Abdul. "Stavo cercando le performance dei miei primi Oscar. Avevo 19 anni e fino a quel giorno ero un clandestino negli Stati Uniti d’America e ho trovato alcuni video mai visti prima delle prove di uno dei tanti balletti di quella notte indimenticabile agli Academy Awards del 2000. Non mi era concesso partecipare ai casting in quanto ero illegalmente lì ad Hollywood. Il mio visto da turista era scaduto ed avevo solo 100 dollari in tasca. Dormivo per terra nel salotto di due miei amici, anche loro ballerini e la mattina delle audizioni per gli Oscar chiesi a loro di portare agli studios anche me… Era il lavoro più importante al mondo e ci sarebbero andati tutti… Loro prima si rifiutarono e provarono a convincermi che non avrei passato i controlli ai cancelli degli studios, poi trovammo un accordo e gli chiesi di lasciarmi per strada, che me la sarei vista da solo. C’erano migliaia di ballerini in coda come nei film che avevo visto da piccolo… Depresso iniziai a camminare, girai l’angolo per allontanarmi dal mio sogno… Poi, tutto ad un tratto, mi resi conto che stavo costeggiando i grandi muri degli studios… Non so che mi prese ma corsi forte verso il recinto e riuscii a scavalcare il muro. Mi buttai in mezzo a tutte quelle migliaia di persone e riuscii a imparare la prima coreografia. Passai il primo turno, poi il secondo, il terzo, quarto… arrivai nel gruppo finale. I miei amici non superarono i tagli e se ne andarono molto scocciati con me. Mi lasciarono lì", racconta Tommassini.

Ma la storia ha un finale da fiaba: "La coreografa Paula Abdul si congratulò con i quasi 100 ballerini rimasti e disse che ne servivano solo una decina, per me essere arrivato fino a lì era già una vittoria. Ci congedarono dicendo 'contatteremo i vostri agenti'. Io non avevo un agente. Mentre cercavo di capire come far asciugare tutto il sudore di una lunghissima e faticosissima audizione Paula si avvicinò a me e mi disse 'tu sarai un solista della notte degli Oscar'. Io mi misi a piangere e cercai di chiederle scusa perché ero un clandestino e non potevo stare lì e le dicevo grazie, grazie, questo è già un sogno per me! Mi portò nella sua macchina e con il telefono chiamò il suo avvocato e mi disse 'domani alle 10 vai qui'…", rievoca l'artista.

Che prosegue nel commovente racconto: "Tornai a casa a piedi, non conoscevo nessuno di quei ballerini già 'star' di Hollywood… ci misi ore ad arrivare alla 'valley' oltre le colline… quando arrivai a casa dei miei amici, mi cacciarono di casa, lei mi urlò: 'chi sei tu per rubare il lavoro a noi americani? Devi vergognarti e tornartene al tuo Paese'. Mi tirarono i miei pochi averi giù per le scale. Dormii sotto la loro macchina parcheggiata all’aperto e spesi quei cento dollari per arrivare da quell’avvocato puntuale alle 10. La mia vita cambiò e Paula mi rese legale e mi face un contratto per 3 anni. Dormii per strada e chiesi da mangiare (non l’ho mai detto e mai scritto ma feci l’elemosina) finché non arrivarono i primi guadagni. Non avevo accesso ad un telefono e quindi non riuscii nemmeno a chiamare mamma per dirle almeno che ero riuscito ad ottenere un lavoro legale. Ho raccontato tutto questo perché vedermi ballare in sala prove e poi sul palcoscenico degli oscar con tutta quella grinta e in prima fila al centro mi spezza il cuore. Io non mostravo mai il mio dolore o il mio disagio, anzi, mamma mi aveva insegnato a non abbassare mai lo sguardo e a sorridere sempre alla vita", conclude quello che di lì a pochi anni sarebbe diventato uno dei coreografi italiani più apprezzati nel mondo.

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