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E' morto Giuliano Montaldo, il regista aveva 93 anni

Era il decano dei registi italiani. La famiglia ha fatto sapere che non si terranno cerimonie funebri pubbliche

Giuliano Montaldo (Fotogramma/Ipa)
Giuliano Montaldo (Fotogramma/Ipa)
06 settembre 2023 | 12.10
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Lutto nel mondo del cinema italiano, è morto il regista Giuliano Montaldo. Aveva 93 anni. Montaldo, nato a Genova il 22 febbraio del 1930, è morto nella sua casa romana. Il cinema perde il suo decano più amato.

Dopo gli inizi come attore, 'Achtung! Banditi!' di Carlo Lizzani, decise di stare dietro la macchina da presa esordendo da regista nel 1961 con 'Tiro al piccione'. Il successo arrivò nel 1967 con alcune produzioni americane come 'Ad ogni costo' e il celebre thriller 'Gli intoccabili' del 1969, che venne presentato al 22esimo festival di Cannes. Nei primi anni '70 diresse la celeberrima trilogia sul potere: 'Gott mit uns' del 1970, al quale seguì 'Sacco e Vanzetti' del 1971, che vinse la Palma d'oro a Cannes ed è probabilmente il suo film più famoso, e 'Giordano Bruno' del 1973.

Capace di spaziare nei generi più diversi, diresse per la tv il kolossal 'Marco Polo' 8 episodi (tra il 1982 e il 1983) con cui impresse una svolta nell'ambito dei serial. Fra gli altri film da lui diretti: 'Il giocattolo' del 1979 con Nino Manfredi, 'Gli occhiali d'oro' e 'Il giorno prima' del 1987 e 'Tempo di uccidere' del 1989. Dopo una lunga pausa era poi tornato alla regia sul finire del primo decennio del 2000, con 'I demoni di San Pietroburgo' incentrato sulla figura di Dostoevskij (2007), mentre nel 2011 aveva diretto Pierfrancesco Favino ne 'L'industriale'. Nel 2018 era tornato anche a fare l'attore, in 'Tutto quello che vuoi' di Francesco Bruni, che gli valse anche un David di Donatello al migliore attore non protagonista. Ma tanti altri sono i premi che Montaldo ha vinto nella sua carriera, dal Globo D'Oro al David alla carriera.

Il regista lascia l'inseparabile moglie Vera Pescarolo e la figlia Elisabetta. La famiglia ha fatto sapere che non si terranno cerimonie funebri pubbliche.

IL CORDOGLIO

“Un grandissimo artista: è stato attore, è stato regista di film bellissimi, ma soprattutto è stato visionario in tante cose. Pensiamo che è stato il primo a credere anche ad una serialità, quindi ad uno sviluppo dell’audiovisivo che magari in quel tempo, ma penso anche in tempi molto più recenti, dai grandi registi non veniva fatto”, dichiara all’Adnkronos Lucia Borgonzoni, sottosegretario alla Cultura. “Perdiamo davvero un artista molto attuale, che ha dettato la linea dell’audiovisivo italiano e non solo”, aggiunge Borgonzoni (VIDEO).

“Mi dispiace enormemente. Indipendentemente dal regista, è un uomo a cui ho voluto molto molto bene. Mi dispiace moltissimo di questa notizia, mi fa davvero male saperlo”, dice all’Adnkronos Pierfrancesco Favino, che aveva recitato nell'ultimo film di Montaldo, ‘L’industriale’, del 2011. “Ho avuto la fortuna di lavorare con lui e la ritengo davvero una grande fortuna”, aggiunge commosso Favino.

Un grande maestro, una persona "molto calda, molto affettiva" con gli occhi che "sorridevano sempre". Ricky Tognazzi ricorda Montaldo con queste parole, conversando con l'AdnKronos. "Da 'Sacco e Vanzetti' in poi è stato per noi un punto di riferimento", afferma Tognazzi il quale, nel 1989, è stato diretto da Montaldo nel film 'Tempo di uccidere' tratto dal romanzo di Ennio Flaiano sull'impresa etiopica di legionari italiani nel 1936, al fianco di Nicolas Cage e di Giancarlo Giannini. Un'esperienza "indimenticabile" in cui si respirava "l'aria di grande cinema. Io, con il mio sigaro in bocca, affrontavo il personaggio di Flaiano, Giannini è un monumento vivente, Nicolas Cage era un giovane talento appena scoperto in America. C'era un'aria di cinema di serie A straordinaria, giravamo in Africa dove era stato ricostruito il set della seconda guerra mondiale. In più, però, c'era anche un'aria amicale, affettiva e sorridente".

Un lavoro di squadra che metteva in luce, dice infatti Tognazzi, il "senso della famiglia che aveva Montaldo, l'amore che nutriva per la moglie Vera e per la figlia Elisabetta con cui nel film abbiamo lavorato. Vera lo accompagnava ovunque, lo accudiva, gli faceva da contraltare. Giuliano era affamato della sua opinione sulle cose. Tra di loro c'era un bellissimo rapporto. In 'Tempo di uccidere' la figlia aveva appena iniziato la sua carriera di costumista. Il mio pensiero va soprattutto a loro. I pranzi e le cene erano all'insegna di uno 'stare a casa': con la troupe e con gli altri attori eravamo un po' come una famiglia".

"Ho un bellissimo ricordo di Montaldo - aggiunge Ricky Tognazzi - soprattutto come uomo perché era una persona molto calda, molto affettiva, aveva gli occhi che ti sorridevano sempre. E poi era di una simpatia straordinaria, era un grande raccontatore di aneddoti, di storie di cinema del passato e del presente. Aneddoti che raccontava con leggerezza" dal momento che era dotato "di una grande ironia e autoironia". Tognazzi, infine, mette in rilievo anche il fatto che Montaldo è stato "un maestro di integrità politica, è stato un uomo che ha attraversato i grandi momenti della storia italiana ed è stato partigiano".

Francesco Bruni, il regista e sceneggiatore che aveva convinto Giuliano Montaldo a tornare attore nel film 'Tutto quello che vuoi' del 2018, esprime su Facebook il suo dolore per la scomparsa del decano dei registi italiani. "Ho rimandato una visita a te troppo a lungo, pensando - forse intimamente sperando - che avrei potuto venire a trovarti a fine riprese (Bruni è attualmente sul set con la seconda stagione della serie 'Tutto chiede salvezza', ndr). Sono stato stupido, sciatto, ingrato. Non me lo perdonerò mai, anche se so che, da signore qual eri, tu mi hai perdonato. Grazie di tutto, Giuliano", conclude Bruni.

“Grandissimo regista, attore, il più grande raccontatore di barzellette, un vero signore - il ricordo del direttore artistico della Mostra di Venezia Alberto Barbera - Uno dei protagonisti che hanno contribuito a fare immenso il cinema italiano nel Dopoguerra. Una generazione che sta andando progressivamente, lasciando un vuoto incolmabile”. “Ma questo non vuol dire che il cinema italiano sia morto - sottolinea Barbera - anzi spero che Venezia confermi che è vivo e vegeto, e che possiamo guardare al futuro auspicando altrettanti successi nel futuro che verrà”.

“Ho fatto la comparsa in ‘Sacco e Vanzetti’, perché al tempo guadagnavo 15mila lire e l’idea di passare due settimane a Cinecittà era bella. Mi commuove ricordare questa cosa personale, ma lui avrebbe detto ‘The show must go on’”, dice a margine di un convegno nell’ambito della Mostra di Venezia il presidente della Biennale Roberto Cicutto.

La notizia della morte di Giuliano Montaldo ha scosso la Mostra del Cinema di Venezia. E i vertici della Biennale hanno espresso il loro cordoglio anche in una nota ufficiale. "Il Presidente, il Direttore generale, il Consiglio di amministrazione, il Direttore della Mostra del Cinema e la Biennale di Venezia tutta - si legge - ricordano con particolare stima e affetto il regista, sceneggiatore e attore Giuliano Montaldo, maestro del cinema italiano e figura emblematica del cinema di impegno civile, autore di opere di notorietà internazionale quali Sacco e Vanzetti (1971), Giordano Bruno (1974), Marco Polo (1982)".

"Giuliano Montaldo - prosegue il comunicato della Biennale - ha intrecciato la sua carriera con la Mostra di Venezia fin dal sorprendente esordio con Tiro al piccione nel 1961, film riproposto restaurato nel 2019 in Venezia Classici, sezione della quale era stato presidente della giuria nel 2014. In seguito Giuliano Montaldo ha partecipato alla Mostra con altri titoli acclamati quali Gli occhiali d’oro (1987), premiato con l’Osella d’oro per la scenografia e i costumi, e Tempo di uccidere (1989), tratto dal libro premio Strega di Ennio Flaiano. Nel 2008 ha presentato il documentario L’oro di Cuba", conclude la nota.

Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, ricorda così Montaldo, primo presidente della società dal 1999 al 2004: "Giuliano Montaldo è stato un enorme regista e artista, un intellettuale e uomo di forza straordinaria. Ma per noi, per Rai Cinema, è stato, prima di tutto, un padre. Ci ha fatto nascere e portato ad essere quello che siamo oggi. Il suo impegno e la sua vitalità sono stati un bene prezioso che ha costruito le basi della nostra azienda, negli anni forse più decisivi per Rai Cinema''.

''Per questa sua energia, dedizione e passione assoluta verso il cinema voglio esprimergli la mia riconoscenza - sottolinea - Se oggi posso svolgere questo ruolo è anche grazie a lui. Ho sempre guardato Giuliano con ammirazione e penso che sia un esempio che rimarrà per sempre per chiunque voglia accostarsi al mondo del cinema. Per accompagnare il suo ricordo renderemo disponibile su Rai Cinema Channel il documentario “Vera & Giuliano” di Fabrizio Corallo che abbiamo prodotto qualche anno fa per celebrare il lungo e appassionato sodalizio di vita e di lavoro con la moglie, Vera Pescarolo''.

''Il documentario - prosegue De Brocco - ci dà la possibilità di scoprire chi era nell’intimo questo maestro indiscusso: svela la tenerezza e la profondità umana di un gigante che ha sempre saputo cosa significava amare, che ha messo al centro del suo cinema l’impegno, la solidarietà, l’intolleranza per qualunque forma di ingiustizia sociale ed umana. Speriamo che l’abbraccio di tutta Rai Cinema a Giuliano possa arrivare forte anche alla moglie, compagna di una vita di amore e di film", conclude.

"Ciao maestro, ciao compagno, ciao Partigiano - le parole del presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo - Il dolore è immenso ma più forte sarà la volontà di tutta l'Anpi e di tutti i sinceri democratici di tenere stretti nelle battaglie che ci aspettano e nella vita di ogni giorno la tua profonda coerenza, la tua cultura, il tuo cinema resistente. Ti abbracciamo ora e sempre".

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