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Belmondo, dalla Nouvelle Vague ai polizieschi fino alla commedia all'italiana

Attore versatile e dalla fisicità dirompente tanto da essere definito "il brutto più affascinante del cinema francese"

(Fotogramma)
(Fotogramma)
06 settembre 2021 | 18.17
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Attore straordinariamente versatile e dalla fisicità dirompente, tanto da essere definito 'il brutto più affascinante del cinema francese', Jean-Paul Belmondo, scomparso oggi a Parigi a 88 anni, aveva recitato praticamente tutti i ruoli, dalla Nouvelle Vague con Godard, Sautet e Truffaut, al cinema poliziesco fino alla commedia all'italiana. Nato a Neuilly-sur-Seine il 9 aprile del 1933, era figlio di Paul Belmondo, uno scultore di origini italiane titolare di una cattedra presso l'Accademia di Belle Arti. L'esordio al cinema arriva nel 1956, dopo il diploma al Conservatorio Nazionale di Arte Drammatica e alcune recite in teatro nell''Avaro' di Molière e nel 'Cyrano de Bergerac' di Rostand.

Fama e popolarità arrivano subito, grazie a film come 'A doppia mandata' di Claude Chabrol del 1959 e soprattutto 'La ciociara' di Vittorio De Sica, con protagonista Sophia Loren. La consacrazione a livello nazionale e internazionale la deve però al film 'Fino all'ultimo respiro' del 1960, dove viene diretto da Jean-Luc Godard. Belmondo lavora anche con Claude Sautet in 'Asfalto che scotta' dove accanto a Lino Ventura mette in mostra le proprie capacità di attore drammatico.

Gli anni Sessanta rappresentano un decennio d'oro per l'attore francese che in quegli anni è in film come 'Leon Morin prete' del 1961 e 'Lo spione' del 1962, entrambi diretti da Jean-Pierre Melville. Anche in Italia Belmondo si guadagna fama e popolarità: succede con 'Mare matto', una commedia all'italiana del 1963 di Renato Castellani in cui presta il volto a un marinaio livornese che si innamora di una pensionante (interpretata da Gina Lollobrigida). Un film che mette in mostra le doti fisiche e interpretative di Belmondo.

L'attore, tuttavia, dopo aver ottenuto popolarità e ricchezza, decide di virare verso film più commerciali. E così, dopo 'Rapina al sole' del 1965, arrivano 'Un avventuriero a Tahiti' e 'Il ladro di Parigi'. Ma nel 1974 torna al cinema d'autore con 'Stavisky il grande truffatore', diretto da Alain Resnais. Proprio negli anni Settanta, Belmondo su butta sul genere poliziesco, facendosi notare per la sua partecipazione a scene pericolose senza ricorrere a controfigure.

Negli anni Ottanta, inizia un leggero declino in ambito cinematografico: pellicole trascurabili come 'Professione: poliziotto' del 1983 e 'Tenero e violento' del 1987 si alternano a commedie teatrali. L'ultimo colpo di coda del leone Belmondo, tuttavia, giunge nel 1989, con il Premio Cesar ottenuto come migliore attore protagonista del film di Claude Lelouch 'Una vita non basta'. Nel 2001 un'ischemia cerebrale lo colpisce tenendolo lontano dal grande schermo fino al 2008, quando torna a recitare come protagonista nel remake francese di 'Umberto D.'. Nel 2011 riceve la Palma d'Oro alla Carriera al Festival di Cannes e nel 2016 il Leone d'oro alla carriera al Festival del cinema di Venezia.

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