I numeri della crisi idrica presentati a Roma durante la Conferenza nazionale sul clima
L’Italia è il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, invertire la rotta sulle emissioni non è più un’opzione, ma una necessità.
Se ne è parlato durante la quarta edizione della Conferenza nazionale sul clima 2023 intitolata “Alluvioni e siccità. Quali strategie per affrontare la crisi climatica?", tenutasi il 5 luglio a Roma presso l’Auditorium del Museo Ara Pacis.
L'evento è stato organizzato da Italy for Climate, con il patrocinio del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, la Commissione europea e Rai Per la Sostenibilità. Durante la Conferenza è stato presentato il nuovo Special Report redatto da Italy for Climate che analizza i numeri del legame tra acqua e clima.
La giornata si è aperta con i saluti istituzionali del Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che ha detto: “l’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulla nostra quotidianità ci impone un’azione risolutiva e integrata”.
Le parole del Ministro assumono ancora maggior peso alla luce dei dati registrati nel Report: l’Italia ha perso il 20% di disponibilità idrica annuale rispetto a inizio ‘900. Preoccupano anche le prospettive future con la disponibilità idrica che potrebbe diminuire di un ulteriore 40% (con picchi del 90% al Sud) se non taglieremo le emissioni.
“Siamo oramai entrati in una fase di anormalità climatica permanente – ha dichiarato Andrea Barbabella, Responsabile scientifico di Italy for Climate – che ha già modificato il ciclo dell’acqua, aumentando frequenza e intensità di eventi meteoclimatici estremi”.
L’Italia con circa 130 miliardi di metri cubi ogni anno è il terzo Paese europeo per disponibilità di acqua, ma detiene anche il record in Europa per prelievi idrici, con quasi 40 miliardi di metri cubi all’anno. Si tratta di acqua prelevata da fiumi o falde acquifere per l’utilizzo dell’uomo. Lo Special Report informa che quest’ultimo dato, messo in rapporto alla disponibilità, ci rende il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico.
Ai problemi climatici si aggiungono quelli comportamentali e infrastrutturali che rendono (molto) poco efficiente l’utilizzo dell’acqua nella penisola.
Con 9 miliardi di metri cubi ogni anno (+70% rispetto al 2000), l’Italia è il Paese europeo che preleva più acqua a usi civili, quasi doppiando i valori di Germania, Francia e Spagna. Alla base di questi numeri ci sono due motivi: in primis l’infrastruttura idrica è vecchia, caratterizzata da investimenti insufficienti, e perde per strada 42 litri ogni 100 prelevati (contro la perdita del 33% di fine anni ‘90); poi il consumo pro capite di un cittadino italiano è il più alto d’Europa, con quasi 220 litri al giorno.
Nonostante si sia più che dimezzato negli ultimi vent’anni, anche il prelievo idrico industriale registrato in Italia è il più alto d’Europa, con oltre 8 miliardi di metri cubi di acqua prelevati ogni anno.
Il primo settore per consumo di acqua è l’agricoltura dove vengono utilizzati 16 miliardi di metri cubi in un anno, ben il 40% del prelievo totale. A livello europeo, solo la Spagna ne preleva di più per il settore agricolo. L’innalzamento delle temperature e la costante diminuzione delle precipitazioni aumentano la necessità di prelevare acqua.
Una conseguenza dei cambiamenti climatici è anche il degrado del suolo agricolo che ogni anno fa perdere all’Italia 10 tonnellate di suolo fertile per ettaro (record in Europa). Un’altra conseguenza del degrado del suolo è la riduzione della capacità dei suoli agricoli di sequestrare carbonio dall’atmosfera.
Lo Special Report analizza anche gli effetti della crisi climatica sulla produzione di energia idroelettrica: la siccità del 2022 ha colpito duramente questo settore chiave nel taglio alle emissioni. La produzione è crollata del 37% e per la prima volta l’energia idroelettrica prodotta è sceso al 10% di quella totale.
Non solo problemi di disponibilità, ad appesantire il quadro c’è l’aumento dei rischi di disastri naturali: 1 italiano su 5 risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici. La crisi climatica aumenta l’estremizzazione dei fenomeni: a lunghi periodi di siccità si alternano sporadiche ma violente alluvioni. Il nome scelto per la quarta Conferenza sul clima dimostra la centralità di questa tematica.
Il Belpaese, continua il report, si trova nell’hotspot climatico del Mediterraneo, dove le temperature stanno aumentando più in fretta e gli eventi estremi connessi alla crisi climatica sono più frequenti e numerosi. Nel 2022 si è registrato il record di 2.000 eventi tra piogge intense e grandinate e negli ultimi quarant’anni si stimano 90 miliardi di euro di danni per questi eventi.
“Le emissioni mondiali di gas serra non hanno ancora iniziato a ridursi e hanno superato abbondantemente i 50 miliardi di tonnellate all’anno. In assenza di una rapida inversione di tendenza, entro la fine del secolo la temperatura media globale sarà più alta di almeno 3 grandi Celsius rispetto al periodo preindustriale”, sentenzia il rapporto aggiungendo che “potremmo non essere più in grado di adattarci ai mutamenti in corso”. Coerentemente con il grande impegno dell’Unione europea, l’Italia è tra Paesi che ha iniziato a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Purtroppo, questa tendenza, bilanciata in negativo dalle maggiori emissioni degli Stati in via di sviluppo, è ancora insufficiente a contrastare la crisi climatica.
Lo Special Report ammonisce: “Negli ultimi anni in particolare i progressi di decarbonizzazione in Italia, a cominciare dalla crescita delle fonti rinnovabili, sono stati più limitati. Dal 2014 ad oggi abbiamo tagliato mediamente circa 2 milioni di tonnellate di gas serra all’anno: di questo passo raggiungeremo la neutralità climatica non poco prima del 2050, come sarebbe necessario, ma nel 2220”.
Alla luce dei dati, durante la Conferenza il presidente Barbabella ha presentato dieci proposte:
• aggiornare e rendere più incisive le misure di mitigazione e di adattamento;
• aumentare l’impegno climatico: tagliare le emissioni nette del 58% al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045. Questo significa anche puntare sulle rinnovabili, in particolare sull’idroelettrico;
• adottare una Legge per il Clima;
• migliorare il livello di conoscenza delle risorse idriche in Italia, con un quadro aggiornato di tutti i settori;
• rinnovare le infrastrutture e ridurre le perdite di rete, oggi pari al 42% del prelievo per uso civile;
• promuovere un uso più efficiente e circolare dell’acqua in agricoltura;
• promuovere l’uso efficiente e circolare dell’acqua nelle industrie, agevolando gli investimenti;
• verificare gli aggiornamenti dei Piani di gestione del rischio alluvioni;
• valorizzare soluzioni basate sulla natura: è necessario che vi siano aree o casse di espansione controllata delle piene e che i fiumi possano espandersi maggiormente nei loro corsi naturali;
• valorizzare il ruolo delle città: possono contrastare le ondate e le isole di calore aumentando le infrastrutture verdi; possono contribuire a ridurre i rischi di alluvione, riducendo le impermeabilizzazioni di aree urbane e di parcheggi.
Particolarmente interessante su quest’ultimo punto è il progetto europeo “100 città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030", la cosiddetta “Missione per le città”.
Le proposte del presidente di Italy for Climate sono state dibattute con i rappresentanti del mondo delle imprese e delle istituzioni, per poi concludere con una tavola rotonda dove si è discusso con alcuni interlocutori politici il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) presentato in Europa e le strategie per affrontare la crisi climatica.
“Come collettività dobbiamo comprendere con urgenza il nesso tra la crisi climatica e i rischi di un ciclo idrico sempre più sotto stress, mettendo in campo interventi straordinari di mitigazione e adattamento”, ha aggiunto Barbarella. Nonostante i problemi climatici, strutturali e comportamentali, l’Italia dispone ancora di una buona capacità idrica. Serve invertire il trend degli ultimi anni per evitare conseguenze irreversibili.