Il fabbisogno energetico “non può che essere coperto con il contributo di un mix di fattori, perché non è realistico pensare che nel breve o medio periodo il 100% delle fonti siano rinnovabili". E l'idrogeno verde? "E' il futuro ma il mercato non è pronto. I primi impianti tra 2-3 anni".
“Non piace a nessuno riattivare delle fonti inquinanti come le centrali a carbone” ma, per fronteggiare la crisi energetica nel breve periodo, “non ci sono altre soluzioni ponte concrete” qualora "non si volessero toccare le scorte strategiche italiane ed eventuali nuovi accordi con gli stati terzi non fossero in grado di garantire la stessa copertura e continuità di fornitura rispetto alla Russia". Non ha dubbi Gian Luca Greco, ceo Greeninvest, che in un’intervista all’Adnkronos analizza gli scenari energetici alla luce del conflitto Ucraina-Russia e la risposta italiana alla crisi, centrali a carbone comprese. Mette da parte così qualsiasi ideologia l’opinione dell’amministratore delegato di Greeninvest, società di investimento che si rivolge a realtà che sviluppano progetti e prodotti ecosostenibili, che controlla anche Hydrogenia, realtà italiana per la produzione di idrogeno verde.
Per poter tutelare la sicurezza energetica nell'immediato, secondo Greco, "oggettivamente è necessario attivare un mix di iniziative, nonostante alcune, come sappiamo, non siano compatibili con la transizione ecologica. Saranno scelte politiche a valutare se, almeno nel brevissimo e solo come ‘soluzione ponte’, attivare centrali a carbone che potrebbero anche bruciare altre tipologie di feedstock”. Il carbone, dunque, secondo il ceo di Greeninvest, “può rappresentare una fonte energetica in grado di fare da ponte e traghettarci verso le fonti green, che in questo momento cubano il 37% della produzione energetica complessiva: siamo ancora distanti dal raggiungimento di un obiettivo che sia quantomeno l’indipendenza”.
Arrivare a coprire il circa 50% di gas che stiamo importando dalla Russia “non è banale. Abbiamo un paio di mesi in cui gli stock sono stati già comprati, quindi il problema dell’approvvigionamento nel brevissimo non si pone. Ma evidentemente è già indispensabile pensare al prossimo inverno”. I tempi, dunque, sono stretti e a nessuno piace l'idea di riattivare delle fonti inquinanti come le centrali a carbone ma, spiega Greco, “qualora non si volessero toccare le scorte strategiche italiane ed eventuali nuovi accordi con gli stati terzi non fossero in grado di garantire la stessa copertura e continuità di fornitura rispetto alla Russia, non ci sono altre soluzioni ponte concrete”.
Le rinnovabili sono senz'altro in corsa ma "implementare significativamente la filiera di investimenti richiede tempo e sempre ammesso ci sia la volontà politica di accelerare tale processo ci troveremmo davanti a tutta la fase dedicata alla realizzazione degli stessi. Stiamo parlando di un biennio dedicato a questo obiettivo e bisogna comunque capire come gestire la crisi energetica in quest’arco temporale”.
Le centrali a carbone, invece, “sono un asset che abbiamo in portafoglio da valutare per soddisfare un fabbisogno energetico impossibile da coprire nel breve con le rinnovabili. Possediamo tra le più grandi riserve strategiche di petrolio in Europa, oggi inutilizzate. Sfruttarle o meno è una scelta. Bisognerebbe innanzitutto ricominciare ad estrarre gas e petrolio nel Mare Adriatico. Lo sfruttamento è sempre stato limitato, ma la filiera gas potrebbe andare di pari passo con lo sviluppo dell’eolico offshore” sul quale, sottolinea Greco, occorre “snellire le procedure della selezione delle concessioni per la realizzazione degli impianti”.
Il fabbisogno energetico “non può che essere coperto con il contributo di un mix di fattori, perché non è realistico pensare che nel breve o medio periodo il 100% delle fonti siano rinnovabili. Sicuramente avremo sempre bisogno di gas: dovremmo riuscire a produrne il più possibile, considerando che nel 2021 l’89% del consumo interno lordo è stato coperto dall’importazione”. Per essere più chiari: “se si vuole adottare una politica energetica che punti agli investimenti senza sfruttare i giacimenti per questioni ambientali, ci si riduce ad essere un paese importatore e a dipendere da terzi”. In questo scenario il nucleare non rappresenta un’opzione: “la filiera di riattivazione delle centrali è troppo costosa, e avrebbe senso solo se come politica energetica si decidesse di puntare sul nucleare come fonte ulteriore di approvvigionamento, e quindi per molti anni, almeno 20”.
Il nucleare come soluzione ponte, dunque, “non può funzionare in quanto non sarebbe economicamente conveniente”. Ed è questa, secondo Greco “la grande differenza con le centrali a carbone o policarburante - meno inquinanti perché alimentate da altri tipi di feedstock –, che ad oggi non sono dismesse ma solo disattivate, e possono diventare operative nell’immediato, anche solo per 1 o 2 anni, in attesa di soluzioni alternative”.
La situazione attuale “ha portato alla luce i nodi di precedenti politiche sconsiderate: ora è il momento di accelerare per non ritrovarsi tra qualche anno nella stessa situazione, dipendenti da fornitori terzi che potrebbero cambiare partner o costretti a subire influenze geopolitiche da altri stati”.
“Uno degli aspetti strategici più rilevanti di uno stato è la sua indipendenza energetica: l’obiettivo a medio termine è raggiungerla nel rispetto della transizione ecologica. Pertanto bisogna incentivare gli investimenti nel settore, semplificando le normative di riferimento e snellendo la burocrazia. È indispensabile che l’autorità politica dia un segnale forte, in particolare a livello di certezza sulle tempistiche autorizzative” spiega Greco.
“Ormai è assodato, una delle fonti di approvvigionamento energetico del futuro sarà l’idrogeno: si tratta di una componente importante nel panorama complessivo della transizione ecologica, ma non nell’immediato" afferma Greco che spiega: "per dare un’idea, i primi impianti per la produzione di idrogeno verde su scala industriale verranno alla luce verosimilmente non prima di 2 o 3 anni”. L’idrogeno verde “è una risorsa strategica, non tattica come può essere il carbone: puntare sull’idrogeno verde per la transizione energetica significa collocarsi a valle di una filiera che comprende fonti rinnovabili come idroelettrico, eolico e fotovoltaico”.
A livello di progettualità, dunque, spiega Greco, “occorre implementare questa filiera nel suo complesso, tra rinnovabili e idrogeno, sia ricorrendo a tecnologie già consolidate, sia perfezionandone altre attualmente in fase di consolidamento, e l’Italia si sta muovendo in questa direzione”.
“È un mercato completamente nuovo, che nel breve non è pronto per impattare sulla crisi a cui stiamo assistendo: ci si arriverà per gradi, ma questa è sicuramente un’occasione per farsi trovare pronti. Ora è il momento giusto per iniziare, per non arrivare troppo tardi nel momento in cui il mercato globale sarà già strutturato” conclude Greco.
di Loredana Errico