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Trento, università vara nuovo regolamento “tutto al femminile": è polemica

Criticata la scelta della “rettrice” Flavio Deflorian, La polemica: “Gesto simbolico inutile se gli organi di dirigenza sono occupati da uomini”

Ragazza laureata - - Canva
Ragazza laureata - - Canva
05 aprile 2024 | 14.11
LETTURA: 3 minuti

Il Consiglio di amministrazione dell’Università di Trento ha varato il Regolamento generale di Ateneo con una formula particolare: il “femminile sovraesteso”. La sua peculiarità, si legge nella nota che annuncia l’innovazione, viene ribadita proprio nell’incipit con l’introduzione di un apposito comma: “I termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone”.

Il documento quadro che mette in atto e dettaglia quanto previsto dallo Statuto di Ateneo è stato così recentemente aggiornato. Scopriamo insieme perché.

“Una scelta simbolica”

“Una scelta che ha una valenza fortemente simbolica”, ha spiegato il rettore Flavio Deflorian. Approfondendo le motivazioni della genesi e le regioni di questa decisione, il rettore ha annunciato: “Nella stesura del nuovo Regolamento abbiamo notato che accordarsi alle linee guida sul linguaggio rispettoso avrebbe appesantito molto tutto il documento. In vari passaggi, infatti, si sarebbe dovuto specificare i termini sia al femminile, sia al maschile. Così – continua Deflorian – per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere”. E hanno scelto quello femminile.

La rivoluzione, spesso, ha inizio anche solo a partire dal linguaggio. L’Università di Trento lo sa bene e non si tira indietro rispetto a una scelta che, seppur simbolica, acquista carattere di innovazione e inclusione, dimostrandosi così precursore di un futuro che dovrebbe essere già presente. Cinquanta pagine di regolamento sono composte da termini come “la presidente”, “la rettrice”, “la segretaria”, “le componenti del Nucleo di valutazione”, “la direttrice del Sistema bibliotecario di Ateneo”, “le professoresse”, “la candidata”, e così via.

Dopo alcuni passaggi formali, il regolamento sarà emanato, trasmesso alle strutture e pubblicato sul sito di Ateneo, dove sarà liberamente consultabile.

Le polemiche

La scelta di redigere un documento ufficiale, come un Regolamento d’Ateneo, tutto al femminile, ha fatto però discutere. Tra chi sostiene che sia completamente inutile e chi pensa che sia superfluo, ci sono i “moderati” tra i principali non sostenitori, cioè coloro che hanno reputato "una scelta sciocca" quella di usare il femminile, “una storpiatura della lingua italiana”, si legge tra i commenti social che si sono diffusi nell’ultima settimana.

Ciò che però fa riflettere, sono le parole dello stesso rettore che ha spiegato, in modo molto sintetico, la ratio di tale decisione: “Leggere il documento (già al femminile, ndr) mi ha colpito. Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali – ha spiegato -. Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità. Una decisione che è stata accolta senza obiezioni”.

Il tetto di cristallo delle università italiane

Sono più della metà degli iscritti, ma ai vertici delle università italiane non raggiungono il 30%. La carriera universitaria delle donne, secondo l’ultimo rapporto Anvur 2023 (elaborazione dati MIUR), vede un gender gap nei ruoli di insegnamento e rappresentanza negli atenei della nostra Nazione. Nei ruoli di vertice troviamo per lo più uomini: i professori sono 19.702 contro le 5.017 donne, mentre dei 99 rettori in carica nel 2022, solo 12 erano donne. La situazione non cambia se si guardano i direttori generali delle università statali: 72,1% è di genere maschile.

Anche se la scelta dell’Università di Trento possa far riflettere molto sull’importanza del linguaggio nell’uso comune e sulla necessità di lavorare su un’inclusività linguistica maggiore, ciò che però ha destato qualche perplessità è che, alla scelta di un regolamento al femminile si accosta una maggioranza di uomini ai vertici amministrativi e dirigenziali dell’Università. “Le direttrici” dei Dipartimenti, come verranno definiti nel Regolamento, sono per lo più uomini. Altro segnale che un cambio di paradigma che parte dal linguaggio necessita di raggiungere anche la realtà concreta e materiale delle cose.

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