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Sostenibilità: italiani bocciano i bilanci socio-ambientali delle imprese

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15 giugno 2018 | 10.35
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I consumatori italiani bocciano i bilanci di sostenibilità delle imprese ritenendoli, così come redatti oggi, carenti nella confrontabilità, nella promozione e nella condivisione, attribuendogli quindi una efficacia irrilevante al fine di un corretto rapporto di trasparenza con i cittadini e una utilità marginale per l'affermazione della cultura della Sostenibilità diffusa. E' quanto emerge dalla ricerca 'Alla scoperta della Sostenibilità – Consumatori protagonisti' realizzata dalla Markonet, Società specializzata nelle ricerche di mercato, e promossa dal Centro Studi Codacons-Comitas.

Il bilancio di sostenibilità si rivolge a tutti gli stakeholder o portatori di interesse, quindi a tutti coloro con cui l’impresa stessa entra in contatto e viene pubblicato ogni anno in base a delle linee guida condivise a livello internazionale tra cui le emissioni di gas serra, l’impronta idrica, il consumo di energia, le politiche lavorative. La direttiva europea 2014/95/UE, recepita formalmente alla fine del 2016 stabilisce che le imprese dovranno rendere noto ogni anno le loro politiche in termine di sostenibilità, oppure dovranno spiegare il motivo del loro rifiuto a divulgarle.

Questa norma riguarda solo le imprese europee di interesse pubblico o con più di cinquecento dipendenti e il cui bilancio soddisfi determinati criteri stabiliti dalla legge. Ma anche tutte le altre imprese sono oramai interessate a rendere il loro bilancio di sostenibilità accessibile e gradito ai consumatori. La ricerca ha preso in esame 160 bilanci di sostenibilità (che solo il 49% delle imprese presenti in Italia divulga sul suo sito web), intervistato 96 csr manager ed elaborato questionari che hanno visto rispondere un campione di 3.500 consumatori attenti alla sostenibilità.

I risultati ottenuti non hanno visto esaudite le aspettative dei consumatori che vorrebbero invece dal bilancio di sostenibilità un mezzo per conoscere con semplicità e trasparenza anche quella vita aziendale ignorata dal bilancio di esercizio, oltre che una comunicazione semplificata e un equilibrio nel rapporto fiduciario tra impresa e consumatore. Nei progetti di sostenibilità, tra le attività finanziarie rientrano anche le sponsorizzazioni.

Nel 2016 (ultimo anno utile preso in esame) gli investimenti in questo settore sono stati così ripartiti: 1,25 miliardi di euro per le infrastrutture, (normalmente riferiti al territorio in cui opera l’impresa) 1,20 miliardi di euro per salute e benessere (investimenti legati all’operatività dell’impresa monopolizzati alla sfera dei dipendenti), 810 milioni di euro per lo sport (di cui 320 milioni solo per il calcio e 92 milioni per gli altri sport federati), 330 milioni per la solidarietà e fanalino di coda 310 miliardi per la cultura.

Quindi su un Pil (anno 2016) di 1.573,89 miliardi di euro, la percentuale degli investimenti di attività non finanziarie per la sostenibilità è stato per le imprese di 3,90 miliardi cioè lo 0,25% del Pil. Dal rapporto emerge la necessità per le imprese di informare e coinvolgere il consumatore in una relazione interattiva dove la sostenibilità sia dunque un valore condiviso.

Ma le scelte del consumatore rimangono comunque influenzate per il 46% dal prezzo, per il 38% dalla qualità del materiale e solo per il 16% dall’immagine o pubblicità. Il 56% degli intervistati crede fermamente nella sostenibilità come matrice di sviluppo economico, il 44% crede che le attività non finanziarie adottate dalle imprese concorrano al benessere diffuso, il 36% anche allo sviluppo sostenibile.

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