Terapie contro il cancro sempre più efficaci, ma anche più costose. Basti pensare che solo nel 2014 nel mondo sono stati spesi circa 100 miliardi di dollari per i farmaci anti-tumorali, il 33% in più rispetto alla fine degli anni Novanta. Ma per la prima volta nel nostro Paese si registra una diminuzione dei nuovi casi, 363.300 nel 2015 rispetto ai 365.500 nel 2014, dovuta soprattutto al minor numero di diagnosi fra gli uomini. E la sopravvivenza è migliorata in modo significativo: in Italia le guarigioni sono aumentate del 15% in 10 anni: oggi il 70% dei pazienti colpiti dai tumori più frequenti, può affermare di aver superato la malattia.
Risultati che "rischiano però di essere vanificati se non si interviene al più presto con modifiche strutturali e un Fondo nazionale per l'oncologia per garantire l'accesso alle terapie più efficaci a tutti i pazienti". L'appello per la sostenibilità dei sistemi sanitari arriva dall'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), durante il 52esimo Congresso dell'American Society of Clinical Oncology (Asco), il più importante appuntamento mondiale di oncologia in corso a Chicago fino al 7 giugno, con la partecipazione di oltre 30.000 specialisti.
"Rilanciamo la richiesta di un Fondo nazionale per l'oncologia, da finanziare con le accise sul tabacco, un centesimo in più a sigaretta - afferma Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom - La spesa globale per le terapie oncologiche è cresciuta a un tasso annuo del 6,5% fino al 2013 e del 10,4% nel 2014".
L'accesso alle terapie innovative sta diventando una questione centrale. "Un obiettivo da raggiungere anche grazie all'appropriatezza - continua Pinto - Vanno evitati gli sprechi determinati da trattamenti di non comprovata efficacia, esami e test diagnostici non appropriati. Almeno il 15% degli esami strumentali è utilizzato in maniera impropria, vi sono terapie di non comprovata efficacia che costano ogni anno al sistema circa 350 milioni di euro e il peso delle visite di controllo è pari a 400 milioni".
"Un esempio emblematico è quello dei marcatori tumorali - chiarisce l'esperto - spesso impiegati a scopo diagnostico in persone non colpite dalla malattia. Nel 2012 sono stati eseguiti oltre 13 milioni di questi test, a fronte di 2 milioni e 300 mila italiani 'ex pazienti' (oggi sono più di 3 milioni). A oggi nessun marcatore tumorale si è dimostrato utile per la diagnosi precoce dei tumori e quindi non devono essere utilizzati al di fuori dell'ambito strettamente clinico, dove sono impiegati in pazienti che hanno già avuto una diagnosi di specifiche neoplasie e solo in due situazioni: per la valutazione della risposta al trattamento e per la diagnosi di recidiva di malattia in pazienti già trattati".