‘Fondamentale trattamento tempestivo per evitare accumulo Ldl e rischio di infarto e ictus in giovane età’
“L’identificazione precoce dell’ipercolesterolemia familiare (HoFh) è indispensabile per instaurare precocemente il trattamento aggressivo necessario per prevenire o limitare il danno dovuto alla prolungata esposizione a livelli molto elevati di colesterolo nel sangue, infatti la quantità di colesterolo a cui le arterie di un individuo affetto da ipercolesterolemia familiare sono state esposte, sin dalla nascita, richiede una diagnosi e un trattamento precoce, idealmente nei bambini, gestendo l’aumento del rischio di infarto o ictus che può verificarsi anche prima dei vent’anni. Se arriviamo nella seconda decade di vita è già troppo tardi. Il trattamento deve essere il più precoce possibile”. Lo ha detto Patrizia Suppressa, ricercatrice dell'Università degli Studi di Bari, responsabile del centro dislipidemie del Policlinico di Bari, all’Adnkronos commentando l’approvazione dell’Agenzia del farmaco (AIFA) al rimborso dell’anticorpo monoclonale evinacumab, nuova opzione terapeutica per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFh).
Si tratta “di una malattia genetica rara - spiega Suppressa - caratterizzata da livelli molto elevati di colesterolo cattivo (LDL). È dovuta a mutazioni nei geni candidati che determinano un grave difetto nel processo di rimozione delle LDL dal sangue con conseguente accumulo. Questo difetto di rimozione può coinvolgere direttamente il recettore LDL (nella maggior parte dei casi), ovvero la proteina Apo B responsabile del legame delle LDL al recettore LDL, ovvero la proteina PCSK9 responsabile della degradazione del recettore LDL. Dobbiamo distinguere - aggiunge - una forma omozigote, che è quella più grave, dalla forma eterozigote. Se in una persona che non presenta fattori di rischio il livello ritenuto normale di LDL è intorno a 116 mg/dl, nei soggetti con la malattia in forma omozigote i valori sono superiori a 500 mg/dl e intorno a 200-300 mg/dl nei soggetti con forma eterozigote”.
È molto importante “la consapevolezza della malattia - sottolinea la professoressa - sapere cosa comporta, perché è questo che aumenta l’aderenza al trattamento, altrimenti si rischia, come spesso accade, di temere più il trattamento della malattia”. In tutti i pazienti HoFh deve essere incoraggiata una dieta a basso contenuto di grassi saturi, basso contenuto di colesterolo (anche se ha un impatto limitato sulla gravità dell’ipercolesterolemia) e la massima aderenza ad un corretto stile di vita con un’adeguata attività fisica, ma a questo si devono aggiungere i farmaci. Ogni farmaco - continua - contribuisce con la sua azione ipocolesterolemizzante, pertanto è necessaria una terapia di combinazione. Le statine hanno dimostrato efficacia come cardine del trattamento nell’ipercolesterolemia familiare omozigote, dimostrandosi in grado di ridurre la mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. Anche ai massimi dosaggi delle statine più efficaci, tuttavia, nella maggior parte dei pazienti, si osservano solo modeste riduzioni dei livelli di LDL-C rispetto al basale dal 25 al 40% - chiarisce Suppressa – pertanto devono essere associati altri farmaci come per esempio ezetimibe, nonché altri farmaci innovativi che, nel tempo, abbiamo imparato ad usare come per esempio lomitapide o gli inibitori di PCSK9 come evolucumab”.
Con l’arrivo di evinacumab per questi pazienti c’è una “nuova ed ulteriore strategia terapeutica - sottolinea l’esperta - si tratta di un anticorpo monoclonale che agisce bloccando ANGPTL3 (Angiopoietin-like 3), un inibitore di lipoprotein-lipasi e lipasi endoteliali, ovvero gli enzimi che scompongono i grassi, che svolge dunque un ruolo chiave nel metabolismo dei lipidi, aumentando i livelli di trigliceridi e di colesterolo nel sangue. Se si blocca ANGPTL3, si favorisce l’azione di questi enzimi e quindi la riduzione dei trigliceridi e del colesterolo nel sangue. Questo farmaco è importante perché - osserva - oltre ad essere una nuova opzione di trattamento, laddove un paziente con ipercolesterolemia familiare omozigote non raggiunge il target terapeutico con gli altri farmaci a disposizione, rappresenta un'alternativa terapeutica con un meccanismo d’azione diverso perché è indipendente dal recettore per le LDL e ha un’ottima tollerabilità”.
Evinacumab infatti “non dà effetti gastrointestinali e steatosi epatica - ricorda Suppressa - l'unico effetto che si è registrato negli studi è una sintomatologia simil influenzale. Pertanto oltre a migliorare la compliance, la somministrazione per via endovenosa ogni 28 giorni in ospedale, potrebbe favorire l’aderenza terapeutica. L’eterogeneità genetica e fenotipica della HoFh può tradursi in un’ampia variabilità nella risposta alle terapie ipolipemizzanti convenzionali e innovative, pertanto una nuova opzione terapeutica permette di rispondere meglio alle esigenze di ogni singolo paziente”.
L’ipercolesterolemia familiare “non è solo grave, ma anche notevolmente sottodiagnosticata - ribadisce la professoressa – e probabilmente anche non riconosciuta in tempo. La prevalenza dell’ipercolesterolemia familiare è di circa 1:200 per la forma eterozigote, mentre per la forma omozigote potrebbe essere molto più alta di quanto storicamente definito, potendo interessare circa 1:160-300 mila persone (circa 23 mila persone nel mondo considerando l’attuale popolazione mondiale). Ma in realtà è noto e vi è una presa in carico del solo 3% dei pazienti che soffrono di questa malattia in tutto il mondo”.