"Medico libero di prescrivere farmaci purché in linea con evidenze scientifiche, prescrizioni non si basino su improvvisazione alimentata da disinformazione"
Sulle cure domiciliari anti covid, "le Linee guida contengono mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative, per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale". Con la sentenza depositata oggi dalla terza Sezione, il Consiglio di Stato conferma la legittimità delle linee guida contenute nella circolare del ministero della Salute sulla 'vigile attesa'.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che la circolare ministeriale contestata in giudizio “costituisce un documento riassuntivo ed indicativo delle migliori pratiche che la scienza e l’esperienza, in costante evoluzione, hanno sinora individuato” e che “il singolo medico, nell’esercizio della propria autonomia professionale, ma anche nella consapevolezza della propria responsabilità, è ben libero di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati alla specificità del caso, in rapporto al singolo paziente, sulla base delle evidenze scientifiche acquisite”.
“La prescrizione di un farmaco, da parte del medico, non può fondarsi su intuizioni o improvvisazioni sperimentate sulla pelle dei singoli pazienti, ma su evidenze scientifiche e, dunque, su rigorosi studi e precise sperimentazioni cliniche, ormai numerosi a livello internazionale anche nella lotta contro il virus Sars-Cov-2 dopo due anni dall’inizio della pandemia", spiega il Consiglio di Stato. "Non vi è dubbio che il singolo medico, nel prescrivere un farmaco, possa discostarsi dalle Linee guida, senza incorrere in responsabilità, purché esistano solide o, quantomeno, rassicuranti prove scientifiche di sicurezza ed efficacia del farmaco prescritto, sulla base dei dati scientifici, pur ancora parziali o incompleti, ai quali possa ricondurre razionalmente il proprio convincimento prescrittivo rispetto alla singolarità del caso clinico”.
“La prescrizione del farmaco anche nell’attuale emergenza epidemiologica, e tanto più nell’ovvia assenza di prassi consolidate da anni per la solo recente insorgenza della malattia, deve fondarsi su un serio approccio scientifico - osservano i giudici di Palazzo Spada - e non può affidarsi ad improvvisazioni del momento, ad intuizioni casuali o, peggio, ad una aneddotica insuscettibile di verifica e controllo da parte della comunità scientifica e, dunque, a valutazioni foriere di rischi mai valutati prima rispetto all’esistenza di un solo ipotizzato, o auspicato, beneficio”.
Nella sentenza si chiarisce anche che non si vuole “negare che l’esperienza clinica dei singoli medici a livello territoriale sia preziosa e fondamentale per la ricerca scientifica nella lotta contro il Sars-CoV-2, anzi, ma proprio per questo i risultati e i dati di questa esperienza non possono essere sottratti ad un rigoroso approccio scientifico che consenta, anche in condizioni di emergenza epidemiologica, di valutare comunque la sicurezza e l’efficacia del farmaco, non affidabile certo individualmente e solamente al buon senso o addirittura al caso”.
“La prescrizione di farmaci non previsti o, addirittura, non raccomandati dalle Linee guida non può dunque fondarsi su un’opinione personale del medico - conclude la sentenza - priva di basi scientifiche e di evidenze cliniche, o su suggestioni e improvvisazioni del momento, alimentati da disinformazione o, addirittura, da un atteggiamento di sospetto nei confronti delle cure 'ufficiali' in quelle che sono state definite le contemporanee societés de la défiance, le società della sfiducia nella scienza”.