Smartphone usato appena da 14% per monitorarsi, Paese diviso fra aperture e diffidenze verso tecnologie
Gli italiani e le tecnologie per la salute? Hanno un rapporto complesso che mostra come i tempi per la maggior parte non siano ancora maturi per aprirsi ai fronti più avanzati. Ai loro occhi esiste una spaccatura fra canali con cui ormai sono entrati in confidenza e altri meno conosciuti verso cui essere diffidenti. Due anime della stessa entità: Dottor Web, alle cui porte bussa (o ha bussato almeno una volta) il 57,1% dei connazionali, e Mr App a cui si avvicina solo il 7,6%. Oltre la metà del Belpaese, inoltre, non vede di buon occhio la circolazione di informazioni personali: il 59,4% si dice proprio contrario alla condivisione dei dati sulla propria salute.
E' il quadro tracciato dall'indagine 'Tech4life', condotta da Community Media Research in collaborazione con Confindustria dispositivi medici e presentata oggi a Milano in occasione di un evento che ha inaugurato la sede milanese della neonata federazione, nuovo punto di riferimento per le imprese del settore 'medical device'. In un'epoca in cui il 71,8% ammette di aver rinunciato alle cure per motivi economici, Internet resta l'alternativa più battuta (del resto il dilemma è fra gratuità della Rete contro le spese per consulti con medici in carne e ossa), rilevano gli autori del lavoro: gli internauti della salute - perlopiù maschi tra i 18 e i 36 anni e del Sud - interrogano il web per approfondire nozioni su cure e terapie (55,9%) e fare diagnosi sul proprio stato (54,5%). E al momento snobbano la 'mobile health', il cui utilizzo risulta ancora molto limitato. Ad esempio, solo il 14,3% degli intervistati usa lo smartphone per monitorare le sue condizioni o il livello di attività fisica.
Eppure cresce l'attenzione alla prevenzione, mentre la medicina predittiva spacca il Paese: i 'disponibili' (48,5%) verso questo strumento sono ad esempio in particolare le generazioni più giovani (la percentuale è del 55% fra i 18-34enni), ma anche chi ha un'autopercezione più negativa della propria salute o chi risiede nel Mezzogiorno. Fra i più contrari figurano gli over 55, chi abita nel Nord-Est, chi non ha mai svolto autonomamente test diagnostici nell'ultimo biennio. C'è una frattura generazionale e territoriale.
"I cittadini devono essere informati in modo corretto sulle tecnologie mediche a beneficio della propria salute - riflette il neopresidente eletto della Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti - e sulle possibilità di miglioramento della qualità della propria vita che la nuova medicina offre loro. Con l'indagine Tech4life abbiamo voluto fare un punto sulla consapevolezza del valore delle tecnologie e delle nuove frontiere della medicina. Vogliamo favorire la divulgazione coinvolgendo il mondo scientifico e le istituzioni, che svolgono un ruolo cruciale in questo processo. Dobbiamo fare in modo che l'informazione corretta ed equilibrata sulle nuove possibilità di prevenzione e cura diventi sempre più centrale soprattutto sul web, dove le persone cercano sempre più spesso la risposta ai proprio bisogni di salute".
Nel dettaglio, la ricerca mostra per esempio l'attuale stratificazione degli internauti della salute: lo sono fra i 18-34enni ben 4 su 5 (76%), mentre la pratica di navigare in Rete per un parere o un approfondimento cala con l'età fino a raggiungere il 38,4% fra gli over 55. Internet è fruito in misura maggiore da chi è deprivato economicamente e ha dovuto rinunciare a fare esami per scarsità di risorse (71,8%), in particolare da chi risiede nel Mezzogiorno (61,6%). Mediamente, una quota oscillante fra il 15 e il 17% fruisce della Rete in modo assiduo per fare un'autodiagnosi, approfondire nozioni su cure e terapie, piuttosto che conoscere le tecnologie e i dispositivi.
La propensione a sottoporsi a esami, test o visite non prescritte dal medico si sta diffondendo. Le donne sono in prima linea (65,9% di chi è orientato alla prevenzione), con gli abitanti del Centro Italia. Negli ultimi 5 anni, la tipologia di prevenzione non sollecitata maggiormente diffusa è costituita dalle analisi del sangue (67,1%), seguita dalle visite mediche specialistiche (63,8%), dai test diagnostici quali pap-test o mammografie (54,7%). Circa un terzo degli italiani (37,4%) appare meno propenso a realizzare esami preventivi autonomamente.
Sul versante della medicina predittiva, in generale, circa un decimo degli italiani (fra il 7 e l'11%) si è già sottoposto a una prova per qualche patologia o una malattia grave. Poco più di un terzo (36%) le vorrebbe sostenere, ma ancora non le ha fatte. Per contro, poco meno della metà (fra il 43 e il 46%) si dichiara contrario e un decimo (fra l'8 e il 10%) non sa esprimersi.
Gli autori dell'indagine si sono chiesti poi in che misura la popolazione sarebbe disponibile a condividere i propri dati personali, in particolare con le imprese che progettano e realizzano apparecchiature medicali. Solo il 40,6% accetterebbe di buon grado. Tra le ragioni spicca il fine generale di utilità alla ricerca (31,4%), ma anche un risparmio sulla spesa (5,7%) o la personalizzazione di un dispositivo (3,5%). Emerge inoltre che la propensione positiva alla medicina predittiva si coniuga con una più elevata disponibilità alla condivisione dei dati (53,7%).
Tra le fratture che attraversano l'Italia alle prese con la tecnologia c'è anche un gap di conoscenza. Poco meno del 60% degli interpellati dichiara di conoscere la possibilità di personalizzazione dei dispositivi biomedicali. In questo caso il grado di notorietà di questa opportunità è direttamente correlato al crescere degli anni, sale dal 56,2% dei 18-34enni al 61,2% degli over 55. E l'orientamento è più diffuso nelle aree di piccola e media impresa come il Nordest (40,9%) e fra chi è più attento alla salute e predisposto a prendersene cura di propria iniziativa.