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Farmaci, rimborso per apalutamide nel carcinoma metastatico della prostata

(Immagine di repertorio)
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29 giugno 2022 | 11.40
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L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità per apalutamide, farmaco antitumorale in compresse inibitore del recettore degli androgeni, sviluppato da Janssen – azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson – per il trattamento di uomini adulti con carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni (mHspc) in combinazione con terapia di deprivazione androgenica (Adt). Il farmaco era già rimborsato nel carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico (nmCrpc).

Apalutamide, prodotto in Italia nello stabilimento Janssen di Latina per il mercato europeo e di altri continenti, ha una potente attività antitumorale, ottenuta causando la morte (apoptosi) delle cellule tumorali e riducendone quindi la proliferazione. Il farmaco blocca infatti i recettori degli androgeni ai quali si lega il testosterone, che è l’ormone di cui si serve il carcinoma prostatico, per svilupparsi. Apalutamide, ben tollerato, ha dimostrato una riduzione del rischio di morte del 48% e un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione secondaria del 38%, ritardando l’insorgenza della resistenza alla castrazione con il peggioramento della malattia.

Il carcinoma della prostata, in Italia, è la neoplasia più frequente tra i maschi e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Ci sono attualmente circa 564.000 connazionali con questa diagnosi, pari al 33% per cento dei casi di tumori nel sesso maschile. Nel 2020 erano stimati circa 36.000 nuovi casi (il 19% di tutti i tumori maschili). La maggior parte delle diagnosi è in persone di età avanzata, 6.811 casi ogni 100.000 riguardano infatti uomini con più di 65 anni. La maggioranza vive al Nord (1.428 casi ogni 100.000 abitanti nel Nord-Ovest, 1.395 nel Nord-Est) rispetto al Centro (1.015) e al Sud (588).

“La rimborsabilità di apalutamide per i pazienti con mHspc rappresenta una notizia che gli oncologi italiani aspettavano da tempo. Per anni, l’unica strategia disponibile in Italia in questa fase di malattia è stata rappresentata dall’aggiunta della chemioterapia con docetaxel alla terapia di deprivazione androgenica. Con la rimborsabilità di apalutamide possiamo finalmente offrire ai nostri pazienti una alternativa terapeutica con una chiara efficacia e con un profilo di tollerabilità favorevole”, chiarisce Orazio Caffo, direttore Unità operativa oncologia medica, Ospedale di Trento.

“Il vantaggio di questo trattamento in termini di sopravvivenza globale – sottolinea l’oncologo - è evidente e lo è tanto più se si considera che una quota importante di pazienti del braccio di controllo ha fatto il cross-over, cioè ha ricevuto apalutamide dopo l’apertura del cieco. Ma il beneficio è evidente anche considerando i trattamenti successivi che somministrati sequenzialmente confermano l’efficacia del farmaco. Apalutamide, la cui maneggevolezza avevamo già avuto modo di apprezzare nel nmCrpc, si è dimostrata ben tollerata anche in questi pazienti con malattia avanzata con un chiaro beneficio in termini di qualità di vita. L’introduzione di apalutamide nella pratica clinica – conclude - rappresenta un ulteriore passo avanti nei progressi di questi anni che consentono oggi ai nostri pazienti affetti da neoplasia prostatica di affrontare con maggiore serenità la loro malattia”.

“Se è vero che il cancro della prostata rappresenta il tumore più frequente negli uomini, è altrettanto vero che, negli ultimi anni, l’aumento delle conoscenze e nuove soluzioni di cura hanno permesso una drastica riduzione della mortalità e un significativo aumento delle aspettative di vita”, dichiara Vincenzo Mirone, Responsabile ufficio risorse e comunicazione Società italiana di urologia (Siu), professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università Federico II di Napoli e presidente Fondazione Pro. “Il farmaco apalutamide – aggiunge -, già disponibile da qualche anno in Italia per il trattamento del carcinoma prostatico non metastatico resistente alla castrazione, ha infatti dimostrato di ridurre significativamente il rischio di metastasi e di morte”.

“Il tumore alla prostata”, dice Maria Laura De Cristofaro, presidente volontario di Europa Uomo, “è una malattia molto diffusa e gravata da elevati costi sociali. Se, come associazione di volontariato oncologico fondata con grande lungimiranza dal professor Umberto Veronesi, la nostra missione è, in primis, d’informare e sensibilizzare sull’importanza della diagnosi precoce di questo tumore maschile, con altrettanta risolutezza sosteniamo gli sforzi della ricerca scientifica verso cure migliori e, se possibile, risolutive. Salutiamo quindi con molto favore la disponibilità in Italia di questo importante farmaco – continua - che può concretamente rafforzare le prospettive di una cura per i pazienti affetti da tumore alla prostata”.

“Da oltre 30 anni Janssen Oncology investe nella ricerca scientifica per lo sviluppo di farmaci innovativi che rispondano ai bisogni di cura dei pazienti e per essere al fianco di medici nella cura dei tumori ematologici e solidi, come il tumore alla prostata”, afferma Daniela Curzio, Therapeutic area oncology Medical manager Janssen Italia. “La rimborsabilità di apalutamide nel carcinoma prostatico sensibile agli ormoni- osserva - è un ulteriore passo in avanti nella definizione di terapie oncologiche non-chemioterapiche in Italia, un impegno di Janssen diventato uno dei capisaldi della nostra mission”.

L’efficacia e la sicurezza di apalutamide sono state determinate in due studi randomizzati, controllati con placebo, di fase 3: lo studio Spartan (relativo all’indicazione nmCrpc) e lo studio Titan (per l’indicazione mHspc).

Il carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico è uno stadio della malattia che non risponde più ai trattamenti che riducono il testosterone. Tuttavia, il 90% dei pazienti con nmCrpc svilupperà metastasi. In questa forma, i dati dello studio Spartan hanno evidenziato che apalutamide, in combinazione con deprivazione androgenica (Adt), riduce il rischio di morte del 22%, rispetto alla sola Adt e prolunga significativamente la sopravvivenza complessiva mediana di 14 mesi, che diventano 21, applicando la correzione per il cross-over dei pazienti che, nel braccio placebo, all’apertura del cieco hanno assunto apalutamide per manifesta superiorità del braccio sperimentale.

Sono ancora più importanti i risultati ottenuti da apulatamide – come evidenzia lo studio Titan - nel carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni, uno stadio della malattia il cui il tumore risponde ancora alla Adt, ma è già diffuso in altre parti del corpo. I pazienti con mHspc tendono ad avere una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza globale mediana (Os) inferiore a cinque anni. I dati di Titan dimostrano che apalutamide in associazione con Adt, al follow-up mediano di quasi quattro anni, riduce del 35% il rischio di morte rispetto alla sola deprivazione androgenica; applicando la correzione per il cross-over dei pazienti nel braccio placebo, questa riduzione cresce al 48%. Inoltre, il farmaco migliora la sopravvivenza libera da progressione secondaria (Pfs2) del 38% e ritarda l’insorgenza della resistenza alla castrazione che peggiora la situazione. Quest’ultimo dato suggerisce che un'intensificazione precoce della terapia con apalutamide può influenzare positivamente il decorso della malattia per i pazienti che successivamente vengono sottoposti alla chemioterapia o trattati con nuovi agenti ormonali.

Apalutamide risulta ben tollerato, mantiene una buona qualità di vita durante il trattamento, ritardando nel tempo il ricorso alla chemioterapia citotossica e ai suoi impattanti effetti collaterali, come evidenzia anche il dato del 73% di riduzione del rischio di progressione del Psa, un indicatore di progressione della malattia.

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