L'agenzia governativa Anses ha individuato alcuni problemi ma evidenzia scarsi dati e necessità di ricerche ulteriori
Smart working: una modalità di lavoro che ha coinvolto un enorme numero di persone in pandemia, ma sulla quale - in particolare sugli effetti per la salute fisica e psichica - sono ancora pochi i dati scientifici consolidati, necessari anche a mettere in atto eventuali politiche di prevenzione. Considerando il fatto che il massiccio ricorso a questo sistema e alle tecnologie associate ha conseguenze forti sull'intera organizzazione della società, oltre che del lavoro. Lo ha evidenziato in Francia l'Agenzia nazionale di sicurezza sanitaria dell'alimentazione, dell'ambiente e del lavoro (Anses), che in collaborazione con sindacati e con l'ente di ricerca Irset ha identificato alcune conseguenze sanitarie del telelavoro, ma ha anche invitato a rafforzare le ricerche in questo campo per valutare meglio i rischi ed attivare eventuali forme di prevenzione.
Malgrado l'insufficienza dei dati, lo studio ha comunque evidenziato alcuni 'effetti avversi' che riguardano in particolare: la salute, con disturbi muscolo-scheletrici, effetti sulla vista, interruzione dei ritmi circadiani come il ritmo sonno-veglia, effetti sull'alimentazione e sui comportamenti di dipendenza, incidenti, effetti sulla salute mentale; la vita sociale, con cambiamenti nel rapporto tra vita professionale e sfera socio-familiare; l'attività lavorativa, con aumento delle esigenze in termini di reattività e disponibilità, orari di lavoro atipici, cambiamenti nelle dinamiche relazionali tra colleghi e con la gerarchia, cambiamenti rispetto alla soddisfazione e del coinvolgimento sul lavoro.
A questo, sul piano sociale, si aggiunge il fatto che non tutti i lavoratori possono usare questa modalità, con il conseguente innesco di situazioni ingiuste o vissute come tali, quindi psicologicamente rilevanti e a rischio stress. Per l'agenzia francese quella del telelavoro è una svolta epocale. Va dunque seriamente indagata - con studi di peso - anche all'interno del contesto più globale del cambiamento climatico, sia come possibile rimedio o, al contrario, come fonte di aggravio del problema.