La combinazione dell'anticorpo monoclonale obinutuzumab con la chemio come terapia di prima linea di pazienti affetti da linfoma follicolare, ha ridotto il rischio di progressione della malattia in misura superiore rispetto all'associazione rituximab più chemioterapia. Sono questi i dati principali dello studio di fase III Gallium, i cui risultati sono stati resi noti da Roche al 52.esimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), in corso a Chicago fino al 7 giugno.
Si stima che, nel mondo, a più di 75 mila persone ogni anno venga diagnosticato il linfoma follicolare, in Europa circa 19 mila. Al momento non ci sono farmaci efficaci e la recidiva è piuttosto comune. Lo studio Gallium ha arruolato 1.401 pazienti con linfoma non-Hodgkin indolente non precedentemente trattati, di cui 1.202 erano affetti da linfoma follicolare.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere la chemioterapia con obinutuzumab seguito da obinutuzumab da solo, o chemio più rituximab seguita da rituximab da solo. I risultati mostrano che il trattamento con l’anticorpo monoclonale obinutuzumab migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione in misura superiore al trattamento a base di rituximab. "Le persone con linfoma follicolare continuano ad avere bisogno di migliori opzioni di trattamento iniziale perché la loro malattia diventa più difficile da trattare dopo ogni ricaduta", haspiegato Sandra Horning, Chief Medical Officer e responsabile Global Product Development di Roche.