Il trapianto emopoietico da genitore con rimozione dei linfociti alpha/beta, che sarà eseguito all'ospedale pediatrico Bambino Gesù sul piccolo Alessandro Maria Montresor, il bimbo di 19 mesi affetto da una rara malattia (la linfoistiocitosi emofagocitica), "è una procedura basata sulla manipolazione delle cellule staminali emopoietiche prelevate dal donatore per privarle selettivamente di tutti gli elementi che potrebbero aggredire l'organismo del ricevente", precisano dal Bambino Gesù di Roma. All'ospedale pediatrico della Santa Sede la procedura è ormai consolidata: è stata utilizzata per il trattamento "di più di 200 pazienti, con risultati sovrapponibili a quelli ottenuti con i trapianti da donatore, familiare o non consanguineo, perfettamente compatibile". In assenza di un donatore perfettamente compatibile, infatti, questa tecnica rende possibile il trapianto di cellule staminali emopoietiche (comunemente detto trapianto di midollo osseo) anche da uno dei due genitori (compatibili con il proprio figlio solo al 50%). In questo caso, "le percentuali di guarigione sono sovrapponibili a quelle ottenute ricorrendo a un donatore perfettamente compatibile". La tecnica è stata messa a punto proprio dall'équipe di ricercatori di Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare e Genetica del Bambino Gesù, e viene utilizzata per il trattamento di pazienti pediatrici affetti sia da emopatie maligne (ad esempio le leucemie) che da altre patologie congenite non tumorali (come le immunodeficienze primitive e le talassemie).
Ma come funziona? Tecnicamente si tratta di un 'trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche da donatore aploidentico'. Le cellule staminali emopoietiche si trovano all'interno del midollo osseo, nel sangue del cordone ombelicale al momento della nascita e, a seguito di una stimolazione farmacologica ad hoc, anche nel sangue periferico. Si parla di trapianto allogenico quando le staminali emopoietiche vengono prelevate da un donatore che non sia il paziente stesso. Il donatore è detto aploidentico se si tratta di un familiare (di solito uno dei due genitori), con un corredo genico compatibile solo per metà con quello del ricevente.
Il trapianto da donatore aploidentico, dato il grado di incompatibilità, richiede opportune strategie di profilassi delle complicanze immunologiche post-trapianto. Una di queste strategie, messa a punto al Bambino Gesù, è costituita dalla manipolazione delle cellule staminali prelevate dal sangue periferico della mamma o dal papà e permette di eliminare le cellule pericolose in questo contesto (linfociti T alfa/beta+), responsabili dello sviluppo di complicanze legate all'aggressione da parte di cellule del donatore ai tessuti del ricevente (malattia da trapianto contro l'ospite o Graft-versus-Host Disease, Gvhd), lasciando però elevate quantità di cellule 'utili' (linfociti T gamma/delta+ e cellule Natural Killer), capaci di proteggere il bambino da infezioni severe e, nel caso di pazienti affetti da leucemia, dalla ricaduta di malattia.
All'Ospedale pediatrico della Santa Sede la procedura è stata utilizzata su più di 200 pazienti: più di 50 erano affetti da immunodeficienza primitiva, 8 dei quali da linfoistiocitosi emofagocitica, la patologia del piccolo Alex. La percentuale di guarigione definitiva nei bambini con immunodeficienza primitiva "è dell'85-90% circa". Il trapianto di cellule staminali del sangue rappresenta una terapia salvavita per un elevato numero di pazienti pediatrici affetti da leucemia o da altri tumori del sangue, così come per bambini che nascono senza adeguate difese del sistema immunitario o con un'incapacità a formare adeguatamente i globuli rossi (ad esempio talassemia). L'algoritmo di selezione dei donatori impiegabili parte da fratelli o sorelle che siano immungeneticamente identici (la possibilità che due fratelli siano identici tra loro è del 25%). In assenza di fratelli o di compatibilità con questi, si cerca un donatore nei Registri dei donatori volontari di midollo osseo (circa 30 milioni di donatori in tutto il mondo). Per la quota di pazienti, circa il 30%, che non trova un donatore idoneo o che ha urgenza di essere sottoposto a trapianto in tempi rapidi, "c'è l'opzione del trapianto da donatore aploidentico, tecnica che nell'esperienza consolidata del Bambino Gesù è altrettanto valida ed efficace".