E' il primo killer in Italia, così come in Europa. Ma oltre al grave tributo in vite umane ha anche un elevato costo socio-economico, in gran parte pagato dalle famiglie. E' il tumore al polmone. Una patologia che, considerando le cifre fornite da Eurostat, uccide 280.000 persone l'anno nell'Unione europea, classificandosi come il cancro a più alto tasso di mortalità. In Italia è la prima causa di morte per tumore per gli uomini e la terza per le donne. Dei 16,5 miliardi di euro che ogni anno costano al nostro Paese tutte le neoplasie - considerando anche le giornate di lavoro perse dai pazienti e dai loro familiari, oltre alle altre spese dirette e indirette - gran parte è assorbita proprio dalla patologia polmonare.
Il quadro emerge dal 'Reducing the Burden: The economic and social costs of lung cancer in Italy'. Uno studio presentato oggi a Roma, realizzato da The Economist Intelligence Unit con il supporto incondizionato di Roche, che ha coinvolto numerosi esperti italiani e internazionali provenienti da diverse aree disciplinari per analizzare il peso sociale ed economico del tumore al polmone. La ricerca, oltre a valutare sul piano economico le politiche attuate per ridurre l'impatto della malattia, in particolare la lotta al fumo e le possibilità di diagnosi precoce e accesso alle cure, ha anche offerto spunti di riflessione per migliorare le capacità di contrasto della malattia.
"Una parte importante dei costi della malattia - ha spiegato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria all'Università di Tor Vergata e Research Director dell'Eehta del Ceis - è rappresentata dai cosiddetti costi informali, tanto dei caregiver familiari che dei non familiari, ovvero le spese contabilizzate al di fuori dei trattamenti medici e dei ricoveri quali i costi per il trasporto e l'assistenza domiciliare che costituiscono le voci più rappresentative ed onerose". Inoltre Mennini ha ricordato che mentre per alcune forme tumorali - mammella e colon - "considerando i dati dell'Inps, la spesa si è ridotta nel tempo, grazie alla contrazione dei casi dovuta all'efficacia degli screening, ciò non sta avvenendo con il tumore al polmone, i cui screening non sono altrettanto efficaci".
Sempre secondo le statistiche, nel nostro Paese la percentuale di mortalità è del 51,7% ogni 100.000 malati, contro una media Ue del 55,5%, e di poco al di sopra della Germania (50,9%). Ciò dimostra - hanno sottolineato gli esperti riuniti alla presentazione dello studio - l'altissimo livello dei nostri centri oncologici, anche se nel nostro Paese permane il ritardo (mediamente di un anno) con cui i farmaci innovativi si rendono disponibili per i pazienti, rispetto all'approvazione europea. Dallo studio emergono due concetti chiave per la lotta al tumore del polmone: informazione e approccio sistemico che rappresentano il primo passo per dare risposte concrete. Partendo dal presupposto fondamentale che il fumo incide sulla malattia per l'80%, se si vuole ridurre il numero di casi l'informazione gioca un ruolo cruciale, in particolare nei confronti dei più giovani.
Anche dal punto di vista dell'approccio organizzativo, dallo studio emergono alcuni spunti di riflessione. Il concetto di modello sistemico viene letto con due modalità diverse, ma integrate. Da un lato, come evidenziato da Stefania Vallone, presidente di Lung Cancer Europe (Luce), "l'esigenza di puntare sull'individuazione dei centri di eccellenza che possano fare da hub; in questo modo, concentrando i pazienti in poli ad alto livello di innovazione, si possono ridurre i costi delle terapie innovative"; dall'altro l'auspicio per la "creazione di team di cura interdisciplinari, o meglio ancora delle vere e proprie Lung Unit che vedano l'apporto di oncologi, specialisti di medicina interna, tossicologi, biologi molecolari, medici patologi e psicologi" per rispondere in maniera sempre più integrata all'intera gamma dei complessi bisogni dei pazienti.
"Il tumore del polmone è una patologia complessa - ha concluso Federico Cappuzzo, direttore Oncologia medica Ausl Romagna, Ravenna - che solo negli ultimi anni ha visto l'arrivo di importanti terapie come l'immunoterapia o i farmaci a bersaglio molecolare che per la loro gestione necessariamente hanno bisogno di un approccio multidisciplinare. L'anatomo-patologo, ad esempio, è ormai diventata una figura che sempre più noi oncologi interpelliamo e che ci aiuta a indirizzare l'uso di alcune di queste terapie innovative sui pazienti che ne possono beneficiare".