In Italia si contano oltre 15 milioni di persone che soffrono di dolore muscolo-scheletrico. Eppure, c’è ancora scarsa conoscenza e applicazione, soprattutto, della legge 38/2010. Un provvedimento che garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato. "La legge 38/2010 ha avuto una grande importanza, soprattutto culturale in Italia, perché ha centrato uno dei grandi problemi del Paese. Il trattamento del dolore veniva, infatti, considerato un aspetto secondario nella cura di una patologia", spiega all'Adnkronos Salute il professore Giovanni Iolascon, fisiatra e direttore del dipartimento multidisciplinare di specialità medico-chirurgiche e odontoiatriche dell’Università della Campania 'Luigi Vanvitelli' (VIDEO - AUDIO).
A quasi un decennio dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è emersa, durante il recente congresso nazionale Si Guida, la società italiana per la gestione unificata e interdisciplinare del dolore muscolo-scheletrico e dell’algodistrofia, una fotografia contraddistinta da luci e ombre. Secondo quanto risulta dal rapporto recentemente pubblicato dal ministero della Salute, nonostante un miglioramento della qualità e dell’offerta assistenziale per le cure palliative in regime domiciliare e residenziale, persistono forti disomogeneità regionali sulle caratteristiche e sulla tipologia dell’assistenza offerta.
"Lo sviluppo a macchia di leopardo, con notevoli differenze tra nord, centro e sud, delle reti locali per il trattamento del dolore e dell’adozione di percorsi diagnostici e terapeutici definiti è una delle criticità maggiori - afferma Umberto Tarantino, presidente Si Guida e professore ordinario di Malattie apparato locomotore coordinatore della Scuola di specializzazione in ortopedia e traumatologia Università di Roma Tor Vergata - Così come è ancora insufficiente l’offerta formativa dedicata al trattamento e alla gestione del dolore per gli operatori sanitari, ad oggi considerata di nicchia e decisamente sottovalutata nel percorso universitario".
Luci e ombre, quindi. Proprio per questo motivo Iolascon è sicuro che "servano dei miglioramenti, degli aggiornamenti. La legge è focalizzata - sottolinea il fisiatra - sul dolore oncologico principalmente, però il punto cardine di un’eventuale modifica della normativa vigente sarebbe individuato nel dare maggiore spazio e più attenzione a quella che è la cura del dolore nelle malattie non oncologiche".
"Il dolore cronico, in particolare quello delle malattie muscoloscheletriche - aggiunge Iolascon - sicuramente non viene adeguatamente affrontato all’interno della legge e normalmente non viene trattato bene nella comune gestione dei vari ambulatori, degli ospedali e nelle situazioni in cui il paziente soffre del suddetto dolore cronico".
Il dolore muscolo-scheletrico non sempre è da considerarsi solo un sintomo, ma nelle sue fasi acute e croniche diventa una vera e propria malattia da diagnosticare e trattare in modo appropriato. Nelle strutture ospedaliere vi è infatti una sottostima (21%) del dolore, direttamente proporzionale all’intensità del dolore stesso e spesso il paziente con sofferenza cronica riceve cure adeguate solo dopo mesi, in alcuni casi anche dopo anni di peregrinazioni da uno specialista all’altro.
"Io credo - spiega Iolascon - che la creazione di un team multidisciplinare sia un valore aggiunto nella cura di tutte le malattie. Questo è stato il motivo principale per cui abbiamo creato Guida, che ha messo insieme le tre principali figure specialiste della gestione del dolore cronico: l’ortopedico, il fisiatra e il reumatologo. Queste tre figure possono gestire nel miglior modo il dolore cronico muscoloscheletrico perché sono in grado di curare i diversi aspetti, nelle diverse fasi del processo patologico. Dalla prevenzione fino alla riabilitazione post-chirurgica. Il tutto in collaborazione con il medico di medicina generale che per noi è la figura di riferimento per la gestione a 360 gradi del paziente".
"L'obiettivo che la società scientifica Guida e i suoi specialisti si pongono, attraverso attività di formazione e informazione e promuovendo la ricerca è quello di incoraggiare, farsi portavoce e apripista di questo cambiamento culturale, teso a migliorare la gestione del paziente - conclude Tarantino - La persona malata non si deve rassegnare al dolore e il nostro compito di specialisti è quello di trattarlo e ridargli una qualità di vita decorosa. Lo scopo della società scientifica è proprio questo. Rivolgersi a milioni di pazienti con un percorso ben definito".