Processare Matteo Salvini oppure no? Il Senato deve pronunciarsi entro un paio di mesi sulla richiesta del tribunale dei ministri di Catania di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell'Interno per il caso Diciotti. Il tema tiene banco nel dibattito politico con il responsabile del Viminale che oggi in una lettera al 'Corsera' chiede di non fare il processo. Ma di cosa è accusato Salvini? Cosa rischia? E come si stanno schierando le forze politiche in merito all'autorizzazione a procedere?
1) QUALI SONO LE ACCUSE- Il vicepremier è accusato del reato di sequestro di persona aggravato "per avere, nella sua qualità di Ministro dell'Interno , abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell'unità navale di soccorso ''U.Diciotti'' della Guardia Costiera italiana alle ore 23:49 del 20 agosto 2018", scrive il Tribunale dei ministri di Catania nel decreto in cui chiede al Senato l’autorizzazione a procedere in giudizio. Secondo il collegio "nella condotta posta in essere dal ministro dell'Interno nell'arco temporale dal 20 al 25 agosto 2018" sono "ravvisabili gli estremi del reato di sequestro di persona aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall'abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per avete commesso il fatto anche in danno di soggetti minori di età".
2) COSA RISCHIA SALVINI - Se dovesse essere condannato Salvini rischia una pena tra i 3 e i 15 anni di carcere. L'articolo 605 del Codice penale relativo al sequestro di persona prevede che "chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni". La pena può arrivare fino a 10 anni se il fatto è commesso "da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni". Se poi il fatto è commesso in danno di un minore di 14 anni si rischiano fino a 15 anni.
3) L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - Dopo la richiesta del Tribunale dei ministri - la sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni - la Camera di appartenenza dell'inquisito (nel caso di Salvini la competenza è del Senato) può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo.
4) COME SONO SCHIERATE LE FORZE POLITICHE - Sulla richiesta del Tribunale dei ministri i componenti della Giunta delle elezioni e delle immunità di palazzo Madama dovranno votare a scrutinio palese. Fra i 23 membri della commissione, compreso il presidente, Salvini può certamente contare, a suo favore, sul fatto che i voti di Fi e Fdi si aggiungeranno a quelli della Lega, per un totale, però, di soli 9 voti. Il Pd che conta su 4 voti non ha ancora preso formalmente una decisione, ma a palazzo Madama si dà per scontato che sarà a favore dell'autorizzazione a procedere. Lo stesso discorso vale per l'ex presidente del Senato Pietro Grasso. Restano incerti i voti dell'ex M5S Gregorio De Falco e Meinhard Durnwalder (Svp-Autonomie). Ma soprattutto c'è da capire cosa faranno i 5 Stelle. Il M5S, che ha 7 voti, a quanto apprende l'Adnkronos, dopo aver sposato la linea dell'autodenuncia perché la decisione era una scelta collegiale dell'intero esecutivo, sta in queste ore vagliando la possibilità di votare a favore di Matteo Salvini, evitandogli il processo. Una decisione difficile, che va contro la storia del Movimento.
5) LA LINEA DI SALVINI - Dopo la notizia dell'inchiesta sulla Diciotti, Salvini ha detto: "Indagatemi e processatemi, io vado avanti!", spiegando di essere "pronto all'ergastolo". Oggi in una lettera al 'Corsera' il responsabile del Viminale ha però sottolineato che la decisione relativa alla Diciotti è stata presa ''nell'interesse pubblico'' e per questo ''va negata'' l'autorizzazione a procedere da parte del Senato .