Il Capo dello Stato a Palermo nel trentesimo anniversario dell'attentato al magistrato
"Nel 1992 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono colpiti perché, con la loro professionalità e determinazione, avevano inferto colpi durissimi alla mafia", che "li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile, che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto". Per questo "onorare oggi la memoria" dei due magistrati "vuol dire rinnovare l’impegno contro la criminalità" che "non consente pause né distrazioni". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando a Palermo in occasione della commemorazione del trentesimo anniversario dell'attentato a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i componenti della scorta.
Falcone, ha ricordato il Capo dello Stato, "agiva non in spregio del pericolo o alla ricerca di forme ostentate di eroismo bensì nella consapevolezza che l’unico percorso possibile fosse quello che offre il tenace perseguimento della legalità, attraverso cui si realizza il riscatto morale della società civile". Per questo "non si abbandonò mai alla rassegnazione o all’indifferenza ma si fece guidare senza timore dalla 'visione' che la sua Sicilia e l’intero nostro Paese si sarebbero liberati dalla proterva presenza della criminalità mafiosa. Questa 'visione' gli conferiva la determinazione per perseguire con decisione le forme subdole e spietate attraverso le quali si manifesta l’illegalità mafiosa".
Quella stessa visione, ha ricordato Mattarella, che ci deve guidare nell'"affrontare con la stessa lucidità le prove dell’oggi, perché a prevalere sia –ovunque, in ogni dimensione- la causa della giustizia; al servizio della libertà e della democrazia". Il Capo dello Stato ha fatto esplicito riferimento alla guerra in Ucraina, perchè "il ripristino degli ordinamenti internazionali, anche in questo caso, è fare giustizia. Porre cioè la vita e la dignità delle persone al centro dell’azione della comunità internazionale".
Non sempre, ha lamentato il Capo dello Stato ripercorrendo la vita e l'operato di Falcone, le sue "visioni d’avanguardia, lucidamente 'profetiche, furono sempre comprese; anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle. Anche l’ordinamento giudiziario è stato modificato per attribuire un maggior rilievo alle obiettive qualità professionali del magistrato rispetto al criterio della mera anzianità, non idoneo a rispondere alle esigenze dell’Ordine giudiziario".
Ma dalla drammatica fine di Falcone e Borsellino, è stata l'ulteriore esortazione di Mattarella, occorre trarre anche un altro "importante insegnamento per il futuro: evitare di adottare le misure necessarie soltanto quando si presentano condizioni di emergenza. È compito delle Istituzioni -di tutte le Istituzioni- prevedere e agire per tempo, senza dover attendere il verificarsi di eventi drammatici per essere costretti a intervenire". (di Sergio Amici)