E tregua sia. Dopo giorni di bufera e tre ore di Cdm, a Palazzo Chigi viene raggiunto un compromesso sul decreto fiscale che mozza di colpo la 'manina' fantasma invocata da Luigi Di Maio. Si chiude così con un pareggio la partita sul condono tra M5S e Lega: sparisce la parte sul famigerato articolo 9 che escludeva la punibilità penale per riciclaggio e autoriciclaggio e viene smantellato lo scudo fiscale per i capitali e i beni all'estero. In compenso, in Parlamento arriverà presto una norma per il cosiddetto 'saldo e stralcio' delle cartelle Equitalia per le persone che versano in "situazioni di oggettiva difficoltà economica". Una misura che si aggiungerà a quella già annunciata sulla rottamazione delle mini cartelle fino a 1.000 euro emesse tra il 2000 e il 2010.
Sorride Matteo Salvini, che quando i cronisti chiedono un chiarimento su chi avesse 'manipolato' il decreto fiscale, solleva ironicamente l'avambraccio destro, protetto da un tutore. Conte ha un moto di sorpresa e si mette a ridere anche lui. Soddisfatto anche Luigi Di Maio, prima di andare a scaldare la piazza di Italia 5 Stelle, brandendo la vittoria ottenuta sull'alleato di governo. Resta la dichiarazione integrativa per chi non ha comunicato dei redditi, pagando un'aliquota del 20%. Non si potrà tuttavia superare il 30% di quanto denunciato. La dichiarazione integrativa varrà solo su base annua, con un tetto di 100mila euro di imponibile e non per singola imposta. Non sarà quindi consentito di cumulare lo 'sconto'.
Il provvedimento, che dovrà essere bollinato domani, promulgato dal Quirinale e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale mercoledì, diventa più light rispetto alla bozza circolata nei giorni scorsi ma promette comunque di non fare sconti agli evasori. Archiviate con l'articolo 9 anche le polemiche dei giorni scorsi. "Finalmente si chiudono due-tre giorni surreali, nessuno aveva voglia di scudare, condonare o regalare a nessuno" ha sottolineato Salvini.
Ma il condono non era l'unico punto all'ordine del giorno. Ieri sul tavolo del Cdm è finita anche la lettera dei commissari europei, con Conte che ha tentato di dare rassicurazioni, spiegando che in Europa c'è un clima di disponibilità al dialogo. Il premier ha annunciato che nelle prossime settimane avrà modo di vede Juncker per spiegare come e perché è stata impostata la manovra. L'obiettivo è tenere i nervi saldi in una fase delicata nei rapporti con Bruxelles.
Di Maio e Salvini non intendono tornare indietro, nonostante le bacchettate che arrivano quotidianamente dall'Europa e l'impennata dello spread. "Il rapporto deficit/Pil non si tocca", la convinzione che li unisce, nella ferma volontà di scolpire quel 2,4% che tanto preoccupa gli altri Stati membri. Ora inizia la sfida più dura. Domani si gioca una delle partite decisive per convincere l'Europa a dar fiducia all'Italia. Il governo deve arrivare all'appuntamento compatto, "basta litigi e immagini di un esecutivo diviso al suo interno. Non ammetto più scene simili", avrebbe richiamato i due vice Conte, mentre insieme mettevano a punto la strategia per uscire dall'angolo e convincere gli alleati a tendere la mano all'Italia.