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Mani pulite, il leghista Orsenigo e il cappio alla Camera: "Anche oggi lo rivendico"

15 febbraio 2022 | 11.41
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"Il mio fu un gesto legittimo, il cappio in Aula lo rivendico, lì si stava votando il decreto Conso che gettava un colpo di spugna sulle malefatte dei partiti, sulle politiche del malaffare". Parla all'Adnkronos Luca Leoni Orsenigo, all'epoca giovane deputato di Cantù della Lega Nord, che il 16 marzo del 1993 diviene l'uomo simbolo della politica forcaiola, inaugurata nella prima Repubblica, in piena Tangentopoli, dove in tanti si scagliarono contro i presunti corrotti.

A Montecitorio, in Aula, il leghista bossiano agita una fune con il nodo scorsoio, la mostra ai colleghi degli altri partiti: ai democristiani, ai socialisti, alle forze finite nel tritacarne di Tangentopoli, che la Lega di Bossi cavalca. Parapiglia, intervento dei questori, immagini trasmesse in tutto il mondo. Anche Bossi lo bacchetta, ma non più di tanto ("il suo gesto smodato rischia di creare alibi proprio a quella partitocrazia che è l'unica responsabile assoluta di aver portato al fallimento ed al limite della bancarotta tutto il paese", dice il Senatur).

"Nel '96 ho lasciato la politica, ho capito che non era più la mia strada, non volevo campare di politica, come fanno tanti - dice intervistato dall'AdnKronos - . A un certo punto, io che ero quello che mostrava il cappio in Aula, che tuonava contro il malaffare degli altri partiti, mi sono accorto che anche la Lega prendeva i finanziamenti, e ci rimasi male".

Ma in quel momento, trenta anni fa, il nodo scorsoio fu per il 30enne leghista lumbard il simbolo giusto da agitare in Aula: "C'era la volontà di rimettere le cose a posto, in quegli anni i partiti facevano quello che volevano, il debito pubblico parte da lì". "Ricordo - aggiunge - che quel decreto Conso, poi convertito in legge, Scalfaro, allora presidente della Repubblica, neanche voleva firmarlo, perché temeva l'impeachment". "C'era davvero voglia di cambiamento, allora la gente, la base, quando tornavi a casa ti chiedeva conto di quello che facevi". "Il cappio lo rivendico", dice oggi. "Io non sono per la pena di morte, quello - ammette - fu certo un gesto eclatante. Ma i tempi erano diversi".

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