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Governo Meloni si insedia, poi primo Cdm: "Lealtà e responsabilità"

Passaggio di consegne tra la premier e il presidente del Consiglio uscente, lungo colloquio tra i due. Meloni ai ministri: "Agire con spirito di squadra"

Afp
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23 ottobre 2022 | 07.57
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Il premier uscente Mario Draghi ha consegnato al nuovo presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la campanella. Si insedia così ufficialmente il primo governo italiano guidato da una donna, la leader di Fdi. Visibilmente commossa, gli occhi lucidissimi, la neo premier scambia sguardi di intesa e sorrisi con Draghi, poi le strette di mano tra i rispettivi sottosegretari. Draghi, erroneamente, stringe la mano anche all'uomo della scorta della neo premier. Quando la cerimonia termina e il presidente del Consiglio uscente lascia la sala dei Galeoni, Meloni, chiamata a gran voce dai fotografi, alza gli indici per una foto ricordo.

Prima del tradizionale scambio che contraddistingue la cerimonia di insediamento del nuovo esecutivo, tra i due c'è stato un colloquio di circa un’ora e venti. Un colloquio molto lungo rispetto al solito, teso ad affrontare la fase di transizione e i principali dossier sul tavolo che l'esecutivo uscente lascia al nuovo governo.

IL PRIMO CDM - E' terminato dopo mezz'ora il primo Consiglio dei ministri del governo Meloni. Sul tavolo, la nomina dei due vicepremier e del sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, che ha giurato nelle mani del presidente del Consiglio. "Il Presidente Meloni ha aperto il Consiglio dei ministri con un sentito ringraziamento al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella", si legge nella nota di Palazzo Chigi, che continua: "Concorde il Consiglio dei ministri, ha quindi proceduto all’attribuzione delle funzioni ai vicepresidenti del Consiglio, Antonio Tajani e Matteo Salvini".

Dalla premier sarebbe arrivato un forte richiamo al senso di responsabilità e di lealtà, a quanto si apprende da alcuni presenti alla riunione. 'Ricordatevi che è un onore rappresentare qui tutti gli italiani', avrebbe detto Meloni nel suo intervento, sottolineando la necessità di agire sempre con spirito di squadra.

Come da consuetudine è la prima a prendere la parola per invitare i suoi ministri alla lealtà e al gioco di squadra, perché, avrebbe spiegato, siamo sotto gli occhi di tutti. Ci guardano tutti, c'è tanto entusiasmo ed è grande l'aspettativa su di noi, avrebbe sottolineato la leader di via della Scrofa, secondo quanto riferito da alcuni presenti alla riunione.

Al Cdm lampo dopo Meloni, sarebbero intervenuti solo i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, anche loro per sottolineare la necessità di marciare compatti.

"Oggi c'è stata la fase emozionale, dal premier è arrivato l'invito a lavorare con serietà". Così il ministro Gilberto Pichetto Fratin, dopo il cdm. "Non abbiamo fatto nulla di specifico" sui vari temi. "C'è stata la nomina a sottosegretario di Mantovano", spiega.

L'ARRIVO DI MELONI - Dopo aver passato in rassegna il picchetto d'onore e salutato la stampa, è salita per lo scalone d'onore raggiungendo il presidente del Consiglio uscente. "Benvenuta, come stai?", ha chiesto Draghi. "Bene, questa sotto è una cosa un po' impattante emotivamente", la risposta riferita all'omaggio del picchetto.I due presidenti si sono poi fermati per una foto di rito, scambiandosi una stretta di mano a favore di cameraman e fotografi prima di entrare nella sala dove per un colloquio prima della cerimonia di insediamento, la cerimonia della campanella che segna ufficialmente il cambio di guardia.

IL RITO DELLA CAMPANELLA - La 'cerimonia della campanella' che formalizza il passaggio di consegne da un premier all'altro nasce 26 anni fa. Esattamente nel maggio del '96, quando Romando Prodi, leader dell'Ulivo, subentrò al tecnico Lamberto Dini. Da allora ha segnato il cambio della guardia a palazzo Chigi. Anche questa mattina il rito si ripeterà, come nelle migliori delle tradizioni, nella sala dei Galeoni, tra Draghi e Meloni assicurando alla prima donna premier le 'piene funzioni'.

Toccherà a un commesso consegnare su un apposito vassoio alla leader di via della Scrofa la campanellina dorata con la quale 'dirigerà' le riunioni del Cdm nella sala del Mappamondo, a favore di telecamere, tra i flash dei fotografi presenti. Se la volta scorsa il passaggio di testimone tra Giuseppe Conte e Mario Draghi in tempo di Covid fu segnato dall'amuchina, giusto un anno prima, si creò un vero e proprio caso, perché si svolse con una formula più inedita del solito, visto che il premier Conte per il suo bis decise di non rinunciare allo scampanellio, succedendo a se stesso.

A memoria dei cronisti parlamentari, dal '96, oltre al Conte bis, si contano solo due precedenti di un capo del governo che subentra a se stesso: Massimo D'Alema, che passò il testimone dal primo al suo secondo governo, nel '99, e Silvio Berlusconi, nel passaggio dal bis al ter, nel 2005. In entrambi i casi, però, sembra che la campanella non sia stata mai 'suonata'. Almeno davanti ai media.

Altra curiosità legata all'insediamento del nuovo governo, fu il gelo dell'uscente Enrico Letta nei confronti di Matteo Renzi nel 2014. Allora Letta non attese, come è consuetudine, il neo premier ai piedi dello scalone d'onore ma nel suo studio. E con il viso quasi girato, pur di non incrociare lo sguardo dell'ex rottamatore, gli mise in mano la campanella con cui si dà inizio ai Consigli dei ministri. Tetro in volto, dopo una fugace stretta di mano finale a Renzi, Letta ignorò Graziano Delrio, lasciando al suo sottosegretario Filippo Patroni Griffi l'onere di accomiatarsi con un sorriso dalla Sala dei Galeoni.

L'unico precedente in termini di 'freddezza' è datato 1987, quando Bettino Craxi non passò le consegne ad Amintore Fanfani. Ma in generale un sorriso, anche se tra i denti, e la stretta di mano un po' forzata davanti ai fotografi, con la campanella in primo piano, faceva parte della prassi. L'avevano rispettata anche un amareggiato Berlusconi, quando dovette cedere all'ingresso di Mario Monti, e Prodi il giorno dell'arrivo di D'Alema alla presidenza del Consiglio.

SALA STAMPA IN RESTYLING - Intanto nella sala stampa i lavori - in corso ormai dall'estate 2021- non sono ancora ultimati. Per ora, quindi, la neo presidente del Consiglio per le conferenze stampa dovrà continuare a usufruire della Sala Polifunzionale, a pochi passi da Palazzo Chigi, 'teatro' di tutte le conferenze del presidente del Consiglio uscente.

I lavori per cambiare volto alla sala stampa sono in corso ormai da mesi, ma ci sono stati ritardi, provocati da un lato dalle difficoltà del reperimento delle materie prime - complice la guerra in Ucraina e la crisi energetica in atto - dall'altro riconducibili al cambio in corsa delle aziende intestatarie dei lavori. Per il nuovo look della sala stampa servirà ancora del tempo: l'auspicio è di chiudere tutto entro fine anno. Una manciata di mesi almeno per ultimare la parti elettroniche -spiegano gli addetti ai lavori-, a partire da audio, microfoni e video-wall, una sorta di schermo a tutto parete, che potrà essere utilizzato a seconda delle esigenze del momento.

Con un 'colpo di calce' sta dunque andando definitivamente in soffitta il restyling firmato da Silvio Berlusconi, all'insegna delle riproduzioni di colonne e capitelli corinzi, fondale azzurro con sedie a riporto. I lavori, decisi durante il secondo governo Conte e poi presi in consegna dall'esecutivo Draghi, si sono resi necessari per l'adeguamento alle vigenti normative antincendio e soprattutto a quelle in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro imposte dall'emergenza pandemica.

Allo stato attuale sono stati ultimati i bagni e i box assegnati alle agenzie di stampa, ubicati in fondo alla sala. Ma la sala conferenze, che verrà dotata di un'adeguata illuminazione che consentirà a fotografi e cineoperatori di utilizzare le proprie apparecchiature senza flash, è ancora in alto mare.

L'ultimo cambio di look della sala stampa della presidenza del Consiglio, ricavata dalle scuderie dei principi Chigi, sembra risalire al governo De Mita. Bisognerà aspettare l'arrivo di Berlusconi per una prima ristrutturazione profonda. Al suo insediamento, 27 anni fa, il Cavaliere restò troppo poco tempo (solo sette mesi causa il ribaltone di Umberto Bossi) per lasciare un segno. Si 'rifece' nel 2002, quando decise di 'svecchiare' lo spazio che ospitava gli incontri con i giornalisti da lui considerato troppo serioso, commissionando una restyling completo all'architetto di fiducia, Mario Catalano, artefice della scenografia del vertice Nato di Pratica di Mare.

E così furono portati specchi, applicati stucchi bianchi, riprodotte colonne con capitelli corinzi, introdotta un'illuminazione ad hoc per la migliore riuscita video delle riprese. Ma soprattutto, fu modificato lo sfondo che faceva fino ad allora da cornice simbolica alle dichiarazioni del governo. Alle spalle del premier il leader azzurro fece piazzare un dipinto di Andrea Pozzo, che rappresentava l'Europa, visto che proprio in quel quinquennio sarebbero caduti i sei mesi di presidenza di turno italiana della Ue.

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