Lasciano la Commissione Esteri tutti i senatori, anche i 5Stelle
"Non convocherò più la Commissione, mi rivolgerò alla Corte costituzionale per fare ricorso, ne sto parlando con i miei legali". La resistenza di Vito Petrocelli continua, anche se ormai la terza commissione del Senato, gli Esteri, di fatto non esiste più. Da questa mattina tutti i membri stanno infatti formalizzando le dimissioni nelle mani della presidente Casellati, come previsto martedì sera dopo la riunione della Giunta per il regolamento del Senato.
A lasciare la Commissione tutti i gruppi, compreso il M5S, che aveva in Alberto Airola il più titubante, ma che poi ha seguito la linea delle dimissioni ("ho parlato con Giuseppe Conte, ho deciso di lasciare anch'io"). Via i due vicepresidenti, la renziana Laura Garavini che ha reso noto la lettera di rinuncia nelle scorse ore, aprendo la strada, e l'azzurra Stefania Craxi. Oggi i primo a far arrivare alla presidenza la sua lettera è stato Pier Ferdinando Casini, poi i leghisti guidati da Matteo Salvini, Tony Iwobi, Stefano Lucidi, e Manuel Vescovi. Confermate le dimissioni degli esponenti di Fi, come reso noto dallo stesso Petrocelli, al termine di una riunione surreale degli Esteri dove era solo con il collega Airola, non ancora dimessosi. Via anche Adolfo Urso, unico componente di Fratelli d'Italia.
Ma Petrocelli non si arrende: "La dimissione dei colleghi è una loro scelta, e anche una grande responsabilità. Oggi la seduta è stata subito chiusa, viste le circostanze. La giunta - continua - ha preso una decisione, mi pare un pericoloso precedente, che magari qualcuno considera legittimo per eliminare un pericoloso filo-russo e putiniano". Poi l'annuncio che si rivolgerà alla Corte costituzionale: "Farò ricorso" per la vicenda della presidenza.
"Io - aggiunge - non sono nato ieri e faccio politica da quando avevo 16 anni, sono abituato a tutto". In vista delle carte bollate si attende ora la formalizzazione alla presidenza del Senato delle dimissioni di tutti i membri dell'organismo di Palazzo Madama. A questo punto la presidenza del Senato e la Giunta per il regolamento potrebbero 'motivare' lo scioglimento della commissione, prendendo atto dell’impossibilità di poter continuare a svolgere i suoi compiti. A quel punto i gruppi parlamentari sarebbero autorizzati a procedere alla nomina di un nuovo presidente.