Lungo confronto tra la delegazione del Carroccio e il presidente del Consiglio
Sarebbe stato netto, e duro, il niet del premier Mario Draghi alla Lega sulle cartelle. Il partito di Matteo Salvini, prima del Consiglio dei ministri, ha puntato i piedi, chiedendo che lo stralcio delle vecchie cartelle risalenti al 2000-2015 e fino a 5000 euro riguardasse tutti, e non solo i redditi più bassi. La proposta di mediazione messa sul tavolo dal presidente del Consiglio e dal ministro dell'Economia Daniele Franco -ridurre l'arco temporale al 2011 inserendo un tetto fissato a 30mila euro di reddito Irpef- non sarebbe piaciuta alla Lega, pronta a rispedire la proposta al mittente.
Ma Draghi avrebbe tenuto il punto, e più fonti di governo raccontano all'Adnkronos che avrebbe detto chiaro che, così come era stata congegnata la norma, avrebbe avuto profili riconducibili all'evasione fiscale più che a un semplice condono. La Lega però era convinta a non arretrare. Così c'è stato un lungo confronto tra la delegazione leghista e il presidente del Consiglio -gli altri ministri sono rimasti fuori attendendo l'inizio del Cdm- che ha fatto slittare di altre due ore e mezzo il Consiglio, inizialmente previsto alle 15 ma poi slittato alle 18.30 proprio per il nodo cartelle.
Alla fine c'è stata una mediazione, in cui Draghi e Franco sembrano aver avuto la meglio. Passa infatti il tetto ai redditi Irpef fino a 30mila euro: solo per loro ci sarà la cancellazione delle vecchie cartelle fino a 5mila euro. L'arco temporale arriva al 2011, ma -è qui la concessione fatta alla Lega ma anche a Fi - si estenderà fino al 2015 grazie alla riforma per l'efficientamento del sistema della riscossione che il Parlamento sarà chiamato a varare. Subito dopo, in conferenza stampa, a chi gli domanda della Lega Draghi risponde: "Oggi è un momento di grande condivisione. E' chiaro che tutti i partiti entrati in questo governo lo hanno fatto portandosi un'eredità di convinzioni e annunci fatti nel passato, tutti hanno bandiere identitarie, quindi si tratta man mano di chiedersi quali sono quelle bandiere identitarie di buon senso e quelle a cui si può rinunciare senza fare danno né alla propria identità né all'Italia".