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Craxi e Andreotti, 'tra Atlantismo e politica filo-palestinese'

Per i media leader Psi 'cinghialone', lui chiamò il Dc 'volpe da pelliccia' poi l'intesa tra i due

Craxi e Andreotti, 'tra Atlantismo e politica filo-palestinese'
16 maggio 2022 | 19.47
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Quando Bettino Craxi diviene segretario del Psi, nel luglio del '76, Andreotti è già il 'Divo Giulio' che ha avuto tutti gli incarichi di governo: premier e più volte ministro. Tra i due inizia un rapporto politico che caratterizzerà i successivi 15 anni. Dai conflitti sul caso Moro, le distanze sulla solidarietà nazionale, la P2, si passerà a una collaborazione - non senza momenti di frizione - che sarà cifra principale della politica italiana, fino alla caduta del leader socialista. Il tutto passando dalle stoccate di Craxi (che darà del Belzebù al diccì) al commiato di Andreotti, che con la solita ironia scrive nei diari: "La vecchia volpe non finita in pellicceria prega il Signore perché aiuti l'antico cacciatore".

Ultimo saluto a un Craxi riparato in Tunisia e ormai malato, con riferimento alla "volpe che sarebbe finita in pellicceria", espressione usata dal leader socialista nei confronti di Andreotti anni prima. Nel frattempo i due governi Craxi, ancora cinque governi Andreotti, politica estera 'mediterranea' e l'Italia che entra tra le potenze economiche del pianeta.

A ripercorrere quella lunga storia è il convegno organizzato presso la sala Capitolare del Senato, dalla Fondazione Craxi dal titolo 'Craxi-Andreotti politiche, stili e visioni tra conflitti e collaborazione'. Presenti tra numerosi e importanti storici, giornalisti e intellettuali anche Stefania Craxi e Stefano Andreotti, figli dei due leader protagonisti della prima repubblica. "I due statisti, dopo alcune contrapposizioni, hanno trovato al governo una forma di collaborazione straordinaria, una grande intesa pragmatica, hanno dimostrato che un forte Atlantismo può essere coniugato con dignità e grande indipendenza", ha detto nella tavola rotonda finale, la presidente della Fondazione Craxi, Margherita Boniver.

Stefano Andreotti, figlio dell'ex presidente del Consiglio, ricorda le differenze caratteriali tra i due: "Craxi è l'esponente politico milanese, mio padre un tipico romano, mio padre si esponeva in modo più morbido, Craxi meno". Inizialmente prevalgono le distanze politiche: "Moro chiese a mio padre di guidare il governo della non sfiducia, ma al di là delle battute al veleno, come quella di Belzebù, che si portò addosso fino alla fine, ci fu subito grande rispetto tra mio padre e Craxi, una grandissima stima che poi si manifestò", ricorda il figlio di Andreotti. "Tra le carte di mio padre che stiamo riorganizzando c'è una cosa riportata da Evangelisti, una chiacchierata in cui già nell''80, Craxi gli chiedeva se Andreotti avrebbe fatto il ministro degli Esteri con lui".

Poi ci il governo Craxi con Andreotti ministro: "Soprattutto di condivisione sui temi di politica esteri, una politica che voleva ritagliare un ruolo importante del nostro paese per la pace nel mondo, non solo sui temi medio-orientali", sottolinea Andreotti junior. "Mio padre - conclude - cercò pure, con le sue possibilità, di trovare una soluzione umanitaria per consentire a Craxi di curarsi in Italia, nella stagione dei processi che toccarono entrambi".

"Mio padre aveva una grande esperienza internazionale, conobbe molti leader giovani, che poi si ribellarono ai sistemi non democratici dei loro paesi, ha aiutato tutti: gli spagnoli, portoghesi, i greci contro i colonnelli, quelli nei paesi dell'Est, i polacchi, anche con finanziamenti", dice poi Stefania Craxi, nel suo intervento. Sollecitata sul diritto dei popoli a resistere, con riferimento alla realtà di oggi, alla guerra in Ucraina, ribadisce come "tanti di questi leader ebbero uno stipendio e un ufficio in via del Corso". "Lui e Andreotti lavoravano affinché Arafat smettesse la lotta armata", dice sul tema della vicinanza di Craxi alla causa palestinese: "Ma mio padre diceva che un popolo che lotta ha diritto a ricorrere alla lotta armata", ricorda Stefania Craxi.

Nuti, 'crisi Sigonella creò grande tensione, mai dubbi su Atlantismo'

Politica estera in risalto nelle parole dei relatori, anche alla luce delle domande su Atlantismo, rapporto con alleati nella Nato e rapporti con Mosca, di nuovo attuali oggi, vista la crisi tra Russia e Ucraina. Nel panel dedicato ai temi di relazione internazionale interviene Leopoldo Nuti, docente di Roma Tre, con particolare riferimento al tema dell'Atlantismo dei due leader italiani. "I fatti di Sigonella furono di grande gravità, la crisi di Sigonella rappresenta l'estrema tensione tra Usa e Italia, ma il rapporto è solido e agli Usa interessa il confronto con gli Urss, per questo si assorbono quelle tensioni così gravi", spiega Nuti.

"Andreotti dal '54 si reca negli Stati Uniti, conosce tanti presidenti Usa, da Kennedy in poi, e i ministri degli Esteri di quel paese", ricorda lo storico. "Craxi invece è un uomo nuovo, arriva sullo scenario venti anni dopo, gli Usa sono molto attenti alla carriera di Craxi, hanno un occhio di riguardo per un socialista così anti-comunista", ricostruisce lo storico: "La vicenda degli euromissili è momento cruciale nella sua carriera e quando arrivano a governare assieme, lui e Andreotti, sono tutti e due atlantisti". Arrivò il governo con Craxi presidente del Consiglio e Andreotti agli Esteri, con Reagan che apprezza "quasi sorpreso, l'anticomunismo del socialista". "E sullo schieramento dei missili il governo mostra piena compattezza atlantica, nonostante le manifestazione di piazza pacifiste", conclude Nuti.

Gli interventi sottolineano poi la vocazione 'mediterranea' della politica estera portata avanti dal socialista e dal democristiano. La crisi di Sigonella anche per Matteo Gerlini, docente a Siena, richiama il vulnus del rapporto con gli Usa, acuite dalla posizione 'euromediterranea' e filo-palestinese del nostro paese in quegli anni. "Craxi è filopalestinese? Sì", risponde Luca Riccardi, dell'Università di Cassino. "'Io contesto all'Olp - disse Craxi - non il ricorso alla lotta armata, ma il fatto che la lotta armata porti alla soluzione del conflitto'". Craxi aveva una politica italiana e era un pragmatico". "Anche per Andreotti era fondamentale il rapporto con Arafat", ricorda. "Il viaggio a Roma del leader palestinese divenne una visita di Stato, ufficiale, incontrò tutti, fino al sindaco di Roma", conclude Riccardi.

Giovagnoli, 'debolezza nella Dc di Andreotti fu elemento forza per governo'

Passando ai temi di politica interna lo storico Paolo Mattera ricorda come quella di Craxi fu una politica riformista, spesso contrastata. Craxi per Mattera e per altri relatori, come Giovanni Orsina "vive un paradosso, nel '91 perde l'immagine di innovatore del sistema politico". "Arrivata la crisi del sistema, Craxi che di quel sistema voleva essere il riformatore, fu vittima del crollo proprio di quel sistema", dice spiegando quel paradosso l'ordinario di Roma Tre.

Un altro accademico come Agostino Giovagnoli, chiamato a presentare la figura di Andreotti, ricorda come "ebbe una posizione 'debole' all'interno del partito scudocrociato, ma questa fu anche la sua forza, non fece mai concorrenza ai due cavalli di razza, a Fanfani e Moro, non fu mai segretario, certo ebbe una sua corrente, un suo giornale, ma la sua lunghissima permanenza al governo viene così spiegata, anche con maggioranze diverse". "Per Moro la posizione della Dc era definita dalle alleanze - dice lo storico - una certa indifferenza rispetto alle alleanze invece appartiene ad Andreotti, come succede nel '72, con il primo governo Andreotti sbilanciato a destra".

Poi "nei governi di solidarietà nazionale" Andreotti "poteva essere la garanzia rispetto a quel mondo che la Dc interpretava, non si trattava di opportunismo, ma di una visione politica". Giovagnoli ricorda come "con la morte di Moro e Paolo VI viene meno quel rapporto diretto Chiesa-Dc, arriva un Papa straniero, e Andreotti nota che 'è la prima volta che si elegge un Papa più giovane di me', poi stabilirà un buon rapporto con Wojtyla, divenendo lui stesso un riferimento delle gerarchie ecclesiastiche".

Orsina, 'Andreotti simbolo di stabilità sistema, Craxi del dinamismo

"Andreotti è l'emblema della stabilità del sistema, Craxi del dinamismo, anche se poi finirà per essere considerato simbolo del sistema stesso", aggiunge Giovanni Orsina ordinario di Storia contemporanea alla Luiss, che ha titolato la sua relazione al convegno 'Belzebù, il Cinghialone e la crisi della Repubblica', puntando sulla 'demonizzazione' dei due leader all'interno della opinione pubblica. "Andreotti nel corso degli anni '80 diviene il simbolo del Palazzo, l'emblema della politica cinica e disincantata, l'immagine del Palazzo come luogo dove tutto si può", spiega.

"Andreotti è il simbolo anche della prudenza della politica", integra lo storico della Luiss. Per "Craxi - aggiunge - invece va fatto un discorso diverso, ha l'idea che il rinnovamento della politica passa per il gioco dei partiti, ma diversamente da Andreotti, Craxi è molto più vicino a delle retoriche che si prestano a idee di antipolitica - almeno nella parte di critica - temi come quelli della 'grande riforma' si prestano a essere letti nella chiave anti-politica", conclude Orsina.

Daniele Caviglia docente della Kore di Enna, rievoca infine le scintille tra Craxi e Andreotti sulla vicenda Moro. Caviglia cita le parole del leader socialista che definisce Andreotti come un cupo uomo d'apparato, gelido, criticando la linea della fermezza nei confronti dei rapitori di Moro. Andreotti ricambia ironizzando sugli avvocati socialisti in contatto con i brigatisti, accusando a sua volta il socialista di posizioni velleitarie. Scintille poi anche sui legami di Andreotti con la P2 di Gelli, con Craxi che firma sull'Avanti, nell'81, l'articolo 'Belzebù e Belfagor', ovvero Andreotti e lo stesso Venerabile, mentre girava sui media la foto dei due in smoking, uno accanto all'altro. Archiviata la parentesi della solidarietà nazionale, dopo l'addio a quella stagione, Craxi e Andreotti si muoveranno di concerto, per una collaborazione che lascerà il segno nella storia politica italiana.

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