L'unico applauso quando ricorda l'assalto alla sede romana del sindacato da parte di Forza Nuova. La battuta sulle contestazioni: "Ho visto lo slogan 'Pensati sgradita', non sapevo Ferragni fosse una metalmeccanica..."
'O bella ciao, una mattina mi sono svegliato e ho trovato l'invasor...'. Giorgia Meloni nella tana del lupo, 27 anni dopo l'ultimo premier. Sale sul palco del Congresso nazionale della Cgil a Rimini poco dopo mezzogiorno, invitata dal segretario nazionale Maurizio Landini, e viene accolta da un coro che intona il canto della Resistenza partigiana. In doppiopetto blu con bottoni dorati e camicia bianca, fa più di una smorfia con la bocca, alza le sopracciglia ascoltando le prime strofe poi afferra con le mani i due microfoni sul leggio e decide di interrompere la contestazione con un "dunque, buongiorno a tutti, ringrazio il segretario generale Landini, ringrazio tutta la Cgil dell'invito..." (VIDEO).
Il presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia fa buon viso a cattivo gioco senza replicare ("ringrazio pure chi mi contesta, in alcuni casi anche con degli slogan efficaci che ho letto sulle agenzie stampa..."), ma non riesce a trattenesi a punge la platea con una battuta richiamando lo slogan sanremese sull'abito da sera dell'influencer Chiara Ferragni: "Ho visto lo slogan 'Pensati sgradita', uno slogan efficace anche se non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica...". In sala cala il silenzio, che durerà per tutto l'intervento del capo del governo. Oltre mezz'ora di discorso, un po' a braccio ma soprattutto leggendo un testo scritto, durante il quale non ci sarà nessun fischio, nemmeno in occasione della battuta sulla moglie di Fedez.
L'unico applauso quando ricorda l'assalto alla sede romana del sindacato da parte di Forza Nuova. "Questo è un appuntamento al quale non ho voluto rinunciare - dice Meloni motivando la sua presenza -, banalmente in segno di rispetto per un sindacato, che è la più antica organizzazione del lavoro nella nostra nazione e anche in coerenza con un percorso di ascolto e confronto che il governo ha inteso inaugurare e intende portare avanti". Meloni decide di fare il suo ingresso dal cancello principale, senza evitare la protesta dei peluche organizzata dalla minoranza del sindacato. Dimostra, anche con questa scelta, di non temere le contestazioni - "Mi fischiano da quando avevo 16 anni, sono cavaliere al merito in questa materia..." - e spiega di aver voluto partecipare all'assise per tenere aperto un dialogo e confrontarsi proprio con chi "idealmente è più lontano", perché quel che conta è essere uniti, proprio nel giorno dell'anniversario dell'Unità d'Italia.
"Questo Congresso nazionale - sottolinea il premier - è un esercizio di democrazia e partecipazione, che non può lasciare indifferenti chi ha responsabilità decisionali a livello politico come me e chi come me, aggiungo, provenendo da una lunga esperienza politica, sa anche quanto queste occasioni tengano vivo e dinamico qualsiasi movimento... Detto ciò, questa mia presenza ha fatto discutere oggi. Ho letto alcune ricostruzioni che, lo confesso, mi hanno divertito, in forza delle quali si riteneva che dopo aver confermato la mia presenza, avrei messo in discussione quella stessa presenza per il timore delle contestazioni e di essere fischiata...".
"Signori - assicura - io vengo fischiata più o meno da quando avevo 16 anni, sono 30 anni che qualcuno mi fischia. Per cui non mi sottraggo a un contesto sapendo che è difficile, non mi spaventa ma è molto più profonda la ragione per cui oggi ho deciso di essere qui. Perché oggi non è un giorno come altri, oggi è il 17 marzo, la festa dell'Unità nazionale in cui si celebra la nascita statutaria della nostra nazione. E la mia presenza non esprime solo la volontà di colmare quel vuoto, che vede da 27 anni l'assenza del capo del governo al Congresso della Cgil. Era normale che fosse il presidente del Consiglio, diciamoci la verità, idealmente più lontano dalla platea che ho di fronte a essere qui dopo 27 anni?", chiede la premier rispondendosi poi da sola: ''Io penso di sì, perché con questa presenza, con questo confronto, oggi possiamo autenticamente tentare di celebrare l'Unità nazionale".
"L'unità - argomenta la leader di Via della Scrofa - non è annullare la contrapposizione che ha un ruolo positivo, addirittura un ruolo educativo per qualsiasi comunità. L'Unità è un'altra cosa, l'interesse superiore, il comune destino che dà un senso alla contrapposizione...". Per Meloni, l'intervento davanti alla platea della Cgil è anche l'occasione per snocciolare e difendere i contenuti della riforma del fisco varata ieri dal Consiglio dei ministri: "Per favorire la crescita occupazionale, per aumentare le retribuzioni, io credo che la base sia far ripartire l'econonomia, sostenere il sistema produttivo, restituire all'Italia anche un po' di sana fiducia in se stessa, liberare le sue energie migliori. E' esattamente la visione che sta alla base della riforma fiscale". Una riforma, osserva Meloni, "frettolosamente bocciata da alcuni".
"Noi - prosegue - lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva del sistema fiscale, che migliori l'efficienza della struttura delle imposte, che riduca il carico fiscale, che contrasti adeguatamente l'evasione fiscale con un tax gap, che è stabilmente intorno ai 100 miliardi di euro nonostante gli interventi che si sono succeduti nel tempo. Una riforma che semplifichi gli adempimenti a carico dei contribuenti, che crei un nuovo rapporto di fiducia tra Stato e contribuente. Vogliamo in sostanza usare la leva fiscale come strumento base di promozione della crescita economica".
La lotta all'evasione, assicura la premier, sarà una priorità del governo "ma non bisogna confondere l'evasione fiscale con la caccia al gettito che molto spesso lo Stato italiano ha fatto negli ultimi anni", mette in guardia l'inquilina di Palazzo Chigi.
Meloni rivendica "con orgoglio" le scelte compiute dal suo esecutivo in materia di fisco e torna a ribadire il suo no al salario minimo: "Non è la strada giusta. La soluzione a mio avviso è estendere i contratti collettivi a vari settori e intervenire per ridurre il carico fiscale sul lavoro". Ma soprattutto definisce "doverosa" l'abolizione del reddito di cittadinanza per gli abili al lavoro: "Non credo che chi è in grado di lavorare debba essere mantenuto dallo Stato con i proventi delle tasse di chi lavora duramente, percependo spesso poco più di chi prende il reddito di cittadinanza", scandisce Meloni.