"Rivolte, evasioni, detenuti morti, agenti feriti, migliaia di delinquenti usciti dal carcere, boss tornati a casa e il capo del Dap sostituito: come se non bastasse tutto questo, ora arrivano le parole di un magistrato come Nino Di Matteo in diretta tv. È vero che non è stato messo alla guida del Dap perché sgradito ai mafiosi? In ogni caso, anche senza le parole di Di Matteo, Bonafede dovrebbe andarsene in fretta per i troppi scandali ed errori". Lo dicono i parlamentari leghisti Giulia Bongiorno, Nicola Molteni, Jacopo Morrone e Andrea Ostellari, commentando le risposte del Guardasigilli alle parole del magistrato Nino Di Matteo, ieri sera, durante la puntata di "Non è l’Arena" su La7.
Nella puntata di ieri di Non è l'Arena "il magistrato Nino Di Matteo rivela che Bonafede gli chiese la disponibilità per il ruolo di capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ma che dopo 48 ore, quando aveva deciso di accettare la nomina a capo del Dap, il Ministro gli disse di averci ripensato. Secondo quanto affermato da Di Matteo nelle ore intercorse tra la proposta del Ministro della Giustizia e la sua decisione, il Gom della Polizia Penitenziaria aveva informato la Procura Nazionale Antimafia e la direzione del Dap, della reazione di importantissimi capimafia che dicevano 'se nominano Di Matteo è la fine'. Ai disastri si aggiungono ombre sul comportamento del Guardasigilli", scrive Giorgia Meloni su Fb, aggiungendo che, al posto di Bonafede, "rassegnerei le mie dimissioni di Ministro della Giustizia".
"Dopo le parole di Nino Di Matteo da Giletti a ‘Non è l’arena’, Alfonso Bonafede venga immediatamente in Parlamento. Le gravissime accuse del pm non possono cadere nel vuoto: o Di Matteo lascia la magistratura o Bonafede lascia il Ministero della Giustizia", twitta Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
Diametralmente opposta, dall'interno della maggioranza, la posizione assunta da Andrea Orlando, vicesegretario del Pd: "So che Bonafede forse non ragionerebbe così, ma se un ministro dovesse dimettersi per i sospetti di un magistrato, si creerebbe un precedente gravissimo. Il sospetto non è l’anticamera della verità, sinché non verificato resta un sospetto".