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Più auto elettriche nel mondo ma l'Italia resta indietro

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25 settembre 2018 | 16.22
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Nel 2017, a livello globale, sono state vendute quasi 1,2 milioni di auto elettriche, con una crescita del 57% rispetto al 2016 (erano circa 750mila) e più del doppio delle 537mila vetture elettriche del 2015. Un trend positivo che, secondo le previsioni, dovrebbe continuare anche nel 2018, con quasi due milioni di nuovi veicoli elettrici attesi sul mercato.

In Italia si registra la stessa dinamica di crescita, ma i numeri sono ancora piuttosto esigui, se paragonati ai valori del mercato europeo e globale. Nel 2017, infatti, sono state vendute 4.827 auto elettriche (erano 2.560 l’anno precedente), appena lo 0,24% del totale dei veicoli italiani (0,1% nel 2016), fra cui 1.964 full-electric (BEV, +40% rispetto al 2016) e 2.863 auto “plug in” (i veicoli con la possibilità di ricarica associata ad un motore tradizionale), che sono aumentate del 150% e che per la prima volta hanno superato le BEV.

Numeri ben lontani da Norvegia e Germania, che con 62.000 e 55.000 immatricolazioni sono i primi mercati in Europa.

Ma i risultati dei primi mesi del 2018 testimoniano un crescente fermento del settore anche in Italia: nel primo semestre sono state immatricolate 4.129 auto elettriche, quasi come nei dodici mesi precedenti, con un aumento dell’89%. Una crescita che ha coinvolto anche le infrastrutture di ricarica, che a fine 2017 comprendevano circa 2.750 punti di ricarica pubblici (+750 sul 2016), di cui il 16% (443) high power, e circa 1.300 colonnine, anche se la distribuzione geografica appare ancora sbilanciata, con differenze evidenti fra le aree del Paese.

A tracciare il quadro è l’E-Mobility Report 2018 presentato oggi dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano durante il convegno “L’Italia alla sfida della mobilità elettrica”, che ha aperto That's Mobility, appuntamento dedicato alla mobilità elettrica in corso fino a domani al Mico, Centro Congressi di Fiera Milano.

La crescita, di vendite e infrastrutturale c'è, ma siamo ancora lontani dai Paesi Ue più avanzati e le difficoltà da superare sono molte, "come il costo ancora elevato dell’auto elettrica e una infrastruttura di ricarica che gli stessi utilizzatori considerano insufficiente", spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano.

A livello globale è la Cina il mercato più importante, con circa 580mila auto vendute e una crescita del 72% rispetto all’anno precedente, seguita dall’Europa (290mila, +39%) e dagli Stati Uniti (200mila, +27%). Il Giappone si colloca in quarta posizione, ma con i suoi 56.000 veicoli venduti e una crescita del 155% si afferma come il mercato più dinamico.

Il primo mercato europeo, invece, è la Norvegia, con 62.000 veicoli venduti (terzo Paese per immatricolazioni dopo Cina e Stati Uniti) che rappresentano ben il 39% del mercato interno. Segue la Germania con quasi 55.000 immatricolazioni, più del doppio del 2016 (+117%), che sorpassa sia la Gran Bretagna, a quota 47.000 (+27%), sia la Francia (37.000, +26%). Questi primi quattro Paesi rappresentano da soli il 70% del totale in Europa.

In Italia sono quasi 13.000 le auto elettriche in circolazione, di cui 4.827 vendute nel 2017, lo 0,24% del totale. Il mercato italiano è ancora indietro rispetto ai principali partner europei: lo scorso anno ha pesato per meno del 2% nel mercato europeo dei veicoli elettrici, a fronte del 13% del totale delle immatricolazioni.

Una delle ragioni che possono spiegare il diverso andamento delle vendite delle auto elettriche è la mancanza di meccanismi di incentivazione. In Italia, dopo la fine degli incentivi statali diretti per l’acquisto di veicoli elettrici, le uniche misure di sostegno rimaste sono decise a livello locale e di solito prevedono una riduzione dei costi di circolazione dei veicoli, come sconti sul bollo e accessi e parcheggi gratuiti in zone a pagamento.

“Un mercato retto solo da una politica di incentivi non è sostenibile – ammette Vittorio Chiesa - tuttavia una nuova tecnologia difficilmente è competitiva con quelle esistenti nelle fasi iniziali. Pertanto gli incentivi, se ben dimensionati, possono essere un utile strumento di accompagnamento”.

Non è un caso che i Paesi europei più rilevanti in termini di immatricolazioni di veicoli elettrici siano accomunati dall’adozione di incentivi, diretti sia all’acquisto sia all’uso e alla circolazione. In Norvegia, ad esempio, sono previsti incentivi diretti (-25% dell’Iva al momento dell’acquisto) e indiretti (accesso gratuito o a prezzo agevolato a parcheggi, traghetti etc) e viene applicato un sistema di imposte che penalizza i veicoli più inquinanti.

La Germania (secondo Paese in Europa per auto elettriche vendute) propone un incentivo diretto all’acquisto pari a 4mila euro per un BEV e 3mila per un PHEV, come la Francia (6mila per entrambi, più un’ulteriore somma se sostituiscono un vecchio veicolo diesel) e il Regno Unito (il 35% del prezzo).

In Italia si possono stimare a fine 2017 circa 2.750 punti di ricarica pubblici a norma (+750 sul 2016), dei quali il 16% (443) high power, distribuiti in circa 1.300 colonnine. Nonostante la crescita registrata nell’ultimo anno, l’attuale infrastruttura di ricarica non è diffusa in modo omogeneo sul territorio italiano, con un divario evidente fra il Sud e le altre aree del Paese e con differenze notevoli anche fra regione e regione.

Una caratteristica che risulta ancora più significativa se si considera l’infrastruttura di ricarica in DC (corrente continua), che oggi rappresenta circa il 10% dei punti di ricarica complessivi, localizzati per quasi due terzi al Nord (63%), poco più di un quarto al Centro (28%) e meno di un decimo al Sud e Isole (9%). La maggior parte delle installazioni è localizzata nei contesti urbani (50%) e nei punti di interesse (45%), mentre fuori dalle città ce ne sono ancora poche (5%), anche se la minore diffusione è compensata dalla maggiore velocità di ricarica. I

l divario con i principali Paesi europei, già registrato a proposito delle immatricolazioni, è marcato anche dal punto di vista infrastrutturale: se consideriamo i punti di ricarica high power la percentuale sul totale dei punti di ricarica è in linea con la media dei paesi più avanzati, ma su numeri assoluti molto inferiori.

La principale barriera all’acquisto di un’auto elettrica, secondo quasi tre potenziali acquirenti su quattro, è il costo ancora elevato delle vetture, seguito dall’inadeguatezza della rete di ricarica (indicato dal 50%) e dall’autonomia limitata (22%). È quanto emerge da un sondaggio condotto dall’Energy&Strategy Group che ha raccolto circa 300 risposte di utilizzatori di vetture elettriche e di persone interessate a diventarlo.

I possessori hanno dichiarato di usare l’auto elettrica principalmente durante il tragitto casa-lavoro e per brevi viaggi, mentre meno della metà del campione la utilizza anche per viaggi lunghi, a conferma del fatto che la range anxiety (ossia il timore che la batteria si scarichi) rimane un fattore rilevante anche dopo l’acquisto. Circa due utilizzatori su tre dichiarano di ricaricare il veicolo a casa, a fronte di un 33% che non utilizza l’infrastruttura domestica.

Le percentuali si invertono se si considera la ricarica sul posto di lavoro, dove solamente il 42% del campione ha dichiarato di poter usufruire di questa possibilità. Complessivamente, solo il 16% degli utilizzatori di auto elettriche non ha accesso alla possibilità di ricarica privata (a casa o sul posto di lavoro) e deve quindi fare affidamento esclusivamente sulla ricarica pubblica.

“I risultati del sondaggio - commenta Vittorio Chiesa - evidenziano come ad oggi, nel mercato italiano, la disponibilità di un punto di ricarica domestica o sul luogo di lavoro sia condizione quasi indispensabile per vincere la range anxiety e convincere un privato all’acquisto di un’auto elettrica. Soprattutto perché la rete di ricarica pubblica è considerata adeguata solo dal 10% del campione, contro il 30% che la ritiene adeguata in parte e il 60% che pensa non lo sia affatto”.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, il prezzo è solamente il quarto fattore per importanza tra quelli riportati come rilevanti nella percezione di chi già utilizza un’auto elettrica. Quelli che riscuotono il maggior interesse sono l’affidabilità e la capillarità della rete di ricarica: oltre il 50% del campione ha assegnato il punteggio massimo a questi due fattori. Di minore interesse la possibilità di prenotazione e l’esistenza di una app. Nonostante la metà del campione ritenga i prezzi attuali troppo alti, il 70% sarebbe disposto a pagare di più se la ricarica fosse più veloce.

Il costo di una vettura elettrica comparato a quello di una tradizionale è ancora troppo elevato per conquistare un’importante quota di mercato. “Bisogna tuttavia considerare che i veicoli elettrici forniscono allestimenti superiori rispetto ai modelli base di quelli tradizionali – afferma Vittorio Chiesa - In secondo luogo, un’auto elettrica comporta nel lungo periodo costi inferiori rispetto a quelle a combustione interna, legati a una minore usura dei componenti, a una spesa generalmente più bassa per il rifornimento e a riduzioni sulle imposte di possesso e circolazione”.

Per questo motivo uno strumento utilizzato generalmente per confrontare veicoli con alimentazioni differenti è il Total Cost of Ownership (TCO), ovvero l’analisi di tutti i costi in cui incorre un mezzo di trasporto lungo la vita utile. Utilizzando questa metodologia si riducono le differenze di costo tra vetture elettriche e tradizionali, in molti casi rivelando che le prime sono maggiormente economiche, come emerge dall’analisi condotta da Energy&Strategy Group.

Tuttavia ad oggi risulta pienamente competitivo solamente il caso in cui l’acquisto sia incentivato, il che spiega bene perché mai allo stato attuale gli incentivi siano importanti. Diverso il discorso per le flotte aziendali, potenzialmente già competitive, benché vi siano anche altre alimentazioni convenienti (ad esempio le ibride non plug in).

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