"I cambiamenti climatici e ambientali - sottolinea il biologo spagnolo Jordi Serracobo - hanno fatto sì che i mammiferi notturni delle specie africane, quelle che fino ad oggi si conoscono per ospitare il virus, si spostano sempre più verso i centri abitati. Inoltre anche la popolazione oggi viaggia di più e così dai piccoli villaggi africani, un ipotetico primo contagio può arrivare facilmente in una città"
I pipistrelli sono tra i più importanti vettori di malattie infettive dell'uomo, tra cui l'Ebola. Sono oltre 1.240 le specie conosciute e rappresentato quasi il 20% di quelle dei mammiferi terrestri; questa diversità fornisce ai virus dell'Ebola una vasta scelta del tipo con cui instaurare un rapporto endemico. "La deforestazione e i cambiamenti climatici fanno sì che questi animali, che di solito vivono in zone non urbanizzate, vengano sempre più a contatto con l'uomo. Inoltre in Africa spesso sono consumati dalla popolazione locale. Ecco che questa relazione sempre più stretta con l'uomo influisce sulla dinamica del virus aumentandone la pericolosità". A parlare è Jordi Serracobo, biologo del Biodiversity Research Institute dell'Università di Barcellana che da anni si occupa del legame tra alcune specie di chirotteri e il virus dell'Ebola.
"Non dobbiamo allarmarci per i primi casi di virus in Spagna - precisa il biologo - il sistema di sorveglianza funziona. Tra Europa e Africa ci sono troppe differenze, qui non ci sarà nessuna epidemia".
"I cambiamenti climatici e ambientali, frutto della deforestazione e del consumo energetico del pianeta - sottolinea l'esperto - hanno fatto sì che i pipistrelli delle specie africane, quelle che fino ad oggi si conoscono per ospitare il virus, si spostano sempre più verso i centri abitati. Inoltre anche la popolazione oggi viaggia di più e così dai piccoli villaggi africani, un ipotetico primo contagio può arrivare facilmente in una città".
Secondo Serracobo, ospite a Roma del Corso sulla Malattia del virus Ebola promosso dall'Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, "mancano ancora ricerche e i fondi per finanziarle per capire di più sul ruolo dei pipistrelli nell'epidemiologia del virus Ebola - osserva - il modello che prendiamo in esame è quello usato con la rabbia, malattia che di solito viene associata ai pipistrelli. Questi animali sono apparsi 6 mln di anni fa, ben prima dell'uomo, e si sono evoluti insieme al virus dell'Ebola è per questo che non muoiono".
Ma i pipistrelli non vanno demonizzati "bensì studiati - chiosa l'esperto - sono ad esempio i nostri maggiori alleati nella lotta alla malaria, i migliori antivirali che abbiamo perché eliminano questo virus. Ecco che dobbiamo approfondirne lo studio e per farlo - conclude - servono fondi e scienziati capaci".