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Nella casa della famiglia rom: "I vicini dicono che sono con noi e poi protestano"

08 maggio 2019 | 19.58
LETTURA: 2 minuti

di Silvia Mancinelli

"Stanotte ho dormito qui, per non lasciare sole mia moglie e mia figlia. Ma la gente non ci vuole, ci guarda male. Sono sceso al bar a prendere un cornetto a mia figlia, ho salutato una inquilina e nemmeno mi ha risposto. Un altro mi ha insultato chiedendomi 'che cazzo hai da guardare' quando in realtà stavo semplicemente andando a casa". Così all'Adnkronos Imer Omerovic, capofamiglia rom nella casa al secondo piano di via Satta, a Casal Bruciato. Dove c'è solo l'acqua ma manca ancora la luce.

"Ieri hanno messo lo scotch alla porta e dentro alla serratura, che abbiamo dovuto cambiare" aggiunge. "A me una donna ha sbarrato il passaggio aprendo braccia e gambe" interviene la moglie Sedana. "Parlano di italiani, chiedono di dare le case prima a loro - continua Imer - ma i miei figli sono tutti nati qui", spiega mostrando i documenti. "Abbiamo paura, non ci vogliono - interviene Clinton, 20 anni. Io sono il secondo di 12 figli, mio fratello più grande di un anno si é sposato - dice mostrando il salva schermo del cellulare con la foto del matrimonio -. Quando usciamo da casa ci deve scortare la polizia, io temo per i miei fratelli piccoli".

"Mi auguro che la gente impari a conoscerci, noi siamo gente per bene - conclude Imer - io e mio figlio abbiamo le tessere, lavoriamo regolarmente al mercatino dell'usato. Alcuni vicini sono venuti dicendoci che non avevano nulla contro di noi, ma poi li abbiamo visti giù a protestare".

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