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Un italiano su tre vorrebbe cambiare lavoro

Immagine di repertorio (Fotogramma)
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15 aprile 2019 | 16.32
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Oltre otto italiani su dieci non hanno cambiato lavoro nell’ultimo anno, il 16% ha iniziato a lavorare per un’altra azienda e quasi uno su tre (il 30%) ha intenzione di cambiare nel corso del 2019. Fra i tre gruppi non ci sono differenze marcate nei fattori su cui si basa la scelta del datore di lavoro: per tutti è il work-life balance l’elemento più importante, seguito da atmosfera di lavoro piacevole, buona retribuzione e benefits. E' quanto emerge dalla ricerca Randstad Employer Brand, la più completa e rappresentativa a livello globale dedicata all'employer branding, condotta da Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane.

I canali più utilizzati nella ricerca di un impiego, invece, sono diversi se si considera chi ha già cambiato lavoro o chi sta valutando nuove opportunità. Chi è alla ricerca di un’occupazione utilizza soprattutto Infojobs (51%), le agenzie per il lavoro (50%) e altri portali di lavoro come Monster (48%). Poi, vengono i siti delle aziende (42%) e le conoscenze personali (40%), Google (34%) e i social media come LinkedIn (36%) e Facebook (22%). Ma chi ha già trovato un nuovo impiego lo ha fatto principalmente tramite contatti e conoscenze personali (38%) e le agenzie per il lavoro (21%). Dopo vengono i portali come Infojobs (16%), Subito (16%), altri siti dedicati al lavoro (13%), le sezioni 'Lavora con noi' delle aziende (13%), Google (12%), i canali social come Facebook (12%), LinkedIn (13%) e Twitter (5%), mentre risultano meno efficaci i servizi per il pubblico impiego (8%), i recruiter (4%) e le fiere (3%).

Durante la ricerca di un impiego, quasi nove potenziali dipendenti su dieci verificano la reputazione delle imprese per cui si stanno candidando (88%). Questa azione viene compiuta prevalentemente consultando i siti aziendali (48%), poi attraverso le opinioni di famigliari e amici (40%), le bacheche o i portali di annunci di lavoro (40%), visitando l’azienda come nel caso di ristoranti e negozi (35%) e LinkedIn (31%). Anche in questo caso, emergono importanti differenze fra le diverse fasce anagrafiche: i più giovani usano soprattutto l’advertising e LinkedIn per controllare la reputazione aziendale, mentre i senior si affidano maggiormente alle opinioni di famigliari e amici (il 39% dei 35-54enni) o visitano di persona l’azienda.

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