Al primo posto, tra i motivi che spingono i dipendenti italiani a cambiare datore di lavoro, si trova lo stipendio troppo basso, indicato dal 47% del campione intervistato dalla ricerca Randstad Employer Brand, la più completa e rappresentativa a livello globale dedicata all'employer branding, condotta da Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane. Un motivo seguito dallo squilibrio fra vita privata e professionale (38%), dalle scarse opportunità di carriera (36%), dalla mancanza di premi o di riconoscimento professionale (34%) e dalla carenza di sfide (30%).
L’assenza di stimoli e sfide professionali è il primo motivo che induce i lavoratori 55-64enni a cambiare, la generazione successiva (35-54 anni) se ne va più per mancanza di riconoscimenti e i Millennials (25-34 anni) cercano opportunità se si accorgono di non avere un buon rapporto con il proprio diretto superiore. I giovanissimi fra i 18 e i 24 anni lasciano il posto se non intravedono opportunità di carriera. Gli italiani che hanno, invece, scelto di continuare a lavorare per la stessa azienda sono stati attratti soprattutto dalle politiche di work-life balance (45%), dalla sicurezza del posto (41%), dall’atmosfera di lavoro piacevole (41%), dalla solidità finanziaria (38%) e dalla vicinanza dell’azienda (36%). Ma le ragioni che legano i dipendenti all’azienda per cui lavorano variano a seconda della fascia di età: il 34% dei più giovani (under 25) sceglie di restare se ci sono opportunità di carriera, il 29% dei 25-34enni se il datore di lavoro offre programmi formativi, il 39% dei lavoratori fra i 35 e i 54 anni rimane fedele all’azienda se si trova in una posizione conveniente, mentre il 46% degli over 55 mette al primo posto tra i motivi per rimanere la sicurezza del posto di lavoro.
La sicurezza del posto di lavoro è in cima ai pensieri della maggior parte del campione. Il 72% degli intervistati, infatti, sarebbe disposto a rinunciare a una parte del proprio stipendio in cambio di una maggiore sicurezza: il 17% rinuncerebbe a oltre il 10% del salario, quasi uno su cinque (19%) a una cifra compresa fra il 6 e il 10% della paga e il 24% farebbe a meno di una parte dello stipendio compresa fra l’1% e il 5%.