In Italia, si stima che siano circa 825mila le aziende olivicole con un patrimonio di oltre 350 cultivar differenti, una ricchezza e varietà che non ha uguali al mondo. Purtroppo, per le caratteristiche delle aziende (dimensioni troppo piccole o specializzazione olivicola medio-bassa), solo il 37% risulta essere competitivo sul mercato. E' la fotografia del settore scattata in occasione della convention promossa da Federolio 'Filo d’olio, segmentare per crescere. Nuove prospettive di consumo e di offerta'.
Il 2017 è stato caratterizzato da una forte ripresa produttiva attestandosi sulle 432.000 tonnellate, in fortissima crescita rispetto alle 182.000 del 2016 ma senza raggiungere le 475.000 del 2015. Confermate le caratteristiche ormai distintive del nostro sistema: la produzione domestica è soggetta a una fortissima variabilità e tendenzialmente in calo negli ultimi anni; il consumo è stabilmente superiore alla produzione sancendo la non autosufficienza del Paese e la necessità dell’import sia per far fronte alla domanda interna che per permettere l’export.
La produzione nazionale è, infatti, fortemente insufficiente a coprire il fabbisogno interno e quello necessario alle attività di export, pari complessivamente a 1 milione di tonnellate. Se infatti si considera che il consumo interno di oli da olive si attesta intorno alle 600mila tonnellate e che circa 400mila sono le tonnellate di cui le nostre aziende hanno bisogno per quell’attività di export che fa dell’Italia il primo Paese esportatore di olio da olive in confezioni, ben si comprende come sia da sempre strutturalmente indispensabile selezionare anche in mercati esteri l’olio che la produzione nazionale non è in grado di fornire.
La produzione è concentrata principalmente al Sud, con la Puglia che da sola contribuisce con il 51,9% al totale nazionale, seguita da Calabria (13,6%) e Sicilia (11%). Lazio e Toscana raggiungono ciascuna il 4,3%. L’Italia è prima per numero di riconoscimenti in Europa vantando 46 prodotti a denominazione, il 40% del totale. La produzione di olio certificato non supera però il 2-3% del totale in quantità restando sotto le 10 mila tonnellate.
La domanda di olio d’oliva a livello globale ha smesso di crescere nel 2012 attestandosi attorno ai 3 milioni di tonnellate rappresentando quindi appena il 4-5% dei consumi mondiali di grassi lasciando, quindi, un enorme spazio di crescita in particolare in quei paesi dove l’abitudine al consumo è ancora assente.
L’Italia è stabilmente al primo posto tra i paesi importatori (531.000 tonnellate nel 2017) seguita da Stati Uniti (318.000), Spagna (172.000) e Francia (118.000) ed al secondo posto (411.000 tonnellate nel 2017) tra i paesi esportatori dopo la Spagna (1.229.000) e prima del Portogallo (135.000).