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Olio: Consorzio olivicoltori, Italia per prima volta giù da podio produzione mondiale

Olio: Consorzio olivicoltori, Italia per prima volta giù da podio produzione mondiale
22 giugno 2017 | 11.07
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L’Italia olivicola-olearia è virtualmente giù dal podio mondiale nella produzione per la prima volta nella storia dopo anni in cui è stata proprio l’olivicoltura il vanto della nostra agricoltura. Infatti, ormai più che doppiati dalla Spagna e superati della Grecia, l’Italia sarebbe anche alle spalle della Siria, se quel Paese non fosse attraversato da una guerra devastante, che blocca i movimenti del comparto. Quindi, l’unica leadership che rimane per l’extravergine d’oliva italiano è quella della qualità del prodotto, ma non può bastare. A fotografare questo "tracollo produttivo italiano, quantificabile in una contrazione del 31% negli ultimi sei anni", è il Cno - Consorzio nazionale degli olivicoltori, che per questo ha chiamato a raccolta il gotha del comparto in un’assemblea a Firenze. "Si tratta di una cosa mai successa: per decenni il settore olivicolo-oleario del Bel Paese - avverte - è stato indiscusso leader di mercato e punto di riferimento per l'intero settore a livello planetario".

L’iniziativa è nata per raccogliere una strategia condivisa e rimontare la china, tornando a vincere le sfide mondiali. “Infatti - ha spiegato il presidente del Cno, Gennaro Sicolo - in base ai dati provvisori della corrente campagna di commercializzazione dell'olio di oliva, iniziata nel mese di ottobre 2016 e che terminerà in settembre 2017, la Grecia ha prodotto 195.000 tonnellate, contro 183.000 dell'Italia”.

“I dati sono quelli ufficiali pubblicati dalla Commissione europea e si basano sulle dichiarazioni periodiche trasmesse da ogni singolo Stato membro. A questi numeri andrebbero aggiunti i dati della Siria che non sono disponibili ma supererebbero di molto le 200 mila tonnellate. Infatti, il Paese medioorientale ha massicciamente investito nell'olivicoltura professionale, a partire dalla fine degli anni novanta del secolo scorso e poco prima che scoppiasse il conflitto", ha sottolineato Gennaro Sicolo. "Ma ci sono altri competitori agguerriti - ha avvertito - che 'minacciano' i primati del made in Italy. Per esempio, nelle ultime sei annate, la Tunisia che investe molto nello sviluppo della filiera olivicola, per ben tre volte ha prodotto più olio di oliva rispetto al volume ottenuto dall'Italia nella corrente campagna 2016-2017”.

“C'è un altro dato attestante il declino della filiera olivicola nazionale: il trend di lungo periodo della produzione è in forte calo, mentre i più agguerriti concorrenti europei e mondiali registrano tassi di crescita produttiva eccezionali: non a caso - ha puntualizzato il presidente Sicolo - proprio lì dove è in atto una mirata politica di investimenti e prevale un orientamento favorevole verso la tecnologia, l'innovazione e l'impresa”.

Da noi in Italia, invece, il potenziale produttivo olivicolo indietreggia. Alla base dei cattivi risultati della olivicoltura nazionale degli ultimi anni, si sottolinea, ci sono tre principali ragioni: il processo di abbandono della coltivazione, la frammentazione della struttura produttiva ed il mancato ammodernamento del settore. “Anche la politica ha le sue colpe - ha rilevato Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia - Agricoltori Italiani - perché si è ostinata a non voler riconoscere e affrontare i problemi, con interventi incisivi, tempestivi e coerenti con le esigenze del settore. Si può rimediare al declino e riportare il sistema dell'olio di oliva italiano nella posizione che ha sempre ricoperto nel contesto europeo e mondiale”.

“È necessario attuare il prima possibile - ha aggiunto il presidente del Cno, Gennaro Sicolo - un piano nazionale, articolato a livello regionale e di distretti produttivi, per la riconversione, la ristrutturazione e l'ammodernamento della olivicoltura italiana, anche tramite un processo di razionalizzazione fondiaria. Il settore olivicolo oleario italiano per tornare leader mondiale avrà bisogno di più di 150 milioni di nuovi olivi in produzione e almeno 25 mila nuovi addetti che riequilibrino il ricambio generazionale nei campi, ora fermo sotto il 3%”. “Per l’olivicoltura sarebbe un passo straordinario essere riconosciuta alla stregua della vitivinicoltura nazionale, che ottiene il triplo delle risorse europee per gli investimenti e la promozione del comparto, per poter programmare con più dinamicità tutti gli interventi utili allo sviluppo e al rilancio del settore”, ha concluso Sicolo.

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