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Sostenibilità: dermatologa, bene consumo critico e consapevole dei cosmetici /Focus

La dottoressa Pucci Romano, presidente di Skineco: "Il link tra pelle e ambiente è sempre più stretto"

(Foto McPhoto/Blickwinkel/Infophoto)
(Foto McPhoto/Blickwinkel/Infophoto)
28 novembre 2014 | 13.14
LETTURA: 4 minuti

Parola d'ordine: consumo consapevole. La dottoressa Pucci Romano, presidente di Skineco, Associazione Internazionale di Ecodermocompatibilità, non ha dubbi: la via del cambiamento è tracciata e sono le persone con i loro comportamenti d'acquisto che possono cambiare le cose e indirizzare le aziende verso la produzione di prodotti che rispettano la pelle.

"Il link tra pelle e ambiente - sottolinea l'esperta in un'intervista all'Adnkronos - è sempre più stretto e più andiamo avanti, più scopriamo che quello che fa male alla pelle fa male all'ambiente e viceversa. Possiamo prendere in prestito la cosmesi per dare una mano all'ambiente e nello stesso tempo diamo una mano alla nostra pelle". Partendo da questo dato "possiamo smuovere la multinazionali e imporre i cambiamenti attraverso il marketing non comprando un prodotto e preferendone un altro. Non è un caso che le cose si stiano muovendo", osserva.

Pucci Romano ci tiene a fare chiarezza sull'argomento 'cosmesi green', spiegando prima di tutto di cosa si parla "perché c'è molta confusione". La dermatologa ha stilato infatti una sua classificazione con una premessa: "Il cosmetico naturale al 100% non può esistere a meno che uno non si metta sul viso un olio vegetale o si faccia una maschera con un frullato al cetriolo. Ma quando utilizziamo una sostanza che ha dell'acqua non possiamo non pensare alla sua purezza, perché l'acqua è vita e fonte di fermentazione batterica. Quindi un cosmetico naturale al 100% non può esistere dal momento che ha bisogno di stabilizzanti e conservati".

"Il termine naturale, poi, dice tutto e niente. Naturale è tutto ciò che si trova nel nostro pianeta - spiega -. La natura è la globalità: l'uranio, il mercurio, ecc... Il naturale non è sinonimo di buono. C'è molto marketing dietro questa dicitura. Anche se si usa questo termine per indicare, piuttosto, una filosofia e uno stile di vita".

Entrando nel merito della classificazione, Pucci Romano spiega che "esiste un 'cosmetico ecologico' fatto con componenti derivati da fonti rinnovabili che impattano il meno possibile sull'ambiente e che arrivano sia dal mondo vegetale sia da chimica verde, la 'green chemistry', una chimica buona che sintetizza in laboratorio qualcosa che fa bene alla pelle e all'ambiente perché non lo inquina". Grazie a questa 'chimica amica', "la parte di un cosmetico che non è il principio attivo può essere fatta anche in laboratorio con i criteri della compatibilità con la pelle. Così, invece di mettere la vaselina da petrolio si può fare la vaselina vegetale. Si possono sostituire i parabeni con conservanti naturali o di sintesi chimica sana".

"Poi c'è un 'cosmetico eco-dermocompatibile': che è il più ecologico possibile ma anche ipoallergenico o dermatologicamente testato - prosegue la dermatologa -. Deve tener conto della compatibilità con la pelle e deve dimostrare che la pelle lo accetta senza avere problemi. Può contenere delle basse quantità di quelle molecole non ammesse in quello rigidamente ecologico, l'importante è che nell'Inci (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients, ndr) queste molecole siano rappresentate pochissimo e quindi non siano nelle prime posizioni".

Esistono poi i "'cosmetici bio-dermocompatibile' che sono sempre eco-dermocompatibili ma i componenti di origine vegetale vengono da coltivazioni biologiche". I "'cosmetici ipoallergenici' sono, poi, quelli testati per essere senza nickel, metacrilati ma possono non essere eco-compatibili e contenere delle molecole che non sono ecologiche".

In linea generale, secondo l'esperta di Skineco, "è corretto preferire prodotti cosmetici che non contengono siliconi, petrolati - derivati del petrolio - e parabeni e possiamo smuovere le multinazionali e imporre i cambiamenti attraverso il marketing non comprando un prodotto e preferendone un altro". "Non è un caso - osserva che qualcosa si stia muovendo. Si è aperta una falla in questa omertà delle multinazionali che continuano a utilizzare di tutto, di più. Non si torna indietro e questo non l'hanno cambiato né i chimici, né i medici, né i formulatori, l'hanno cambiato le persone, informandosi. Il consumatore consapevole deve fare la sua parte, non possiamo subire passivamente". Perché, conclude, "la consapevolezza cambia le cose. Sta nascendo una nuova filosofia perché le vere rivoluzioni si fanno con i piccoli cambiamenti"

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