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Via della Seta, Castaldo (M5S): "Scommessa fallita, valutare uscita"

L'eurodeputato e responsabile Esteri: "Memorandum ha avvantaggiato solo la Cina"

Fabio Massimo Castaldo
Fabio Massimo Castaldo
27 luglio 2023 | 15.36
LETTURA: 7 minuti

L'Italia dovrebbe seriamente "valutare l'uscita" dal memorandum d'intesa firmato nel 2019 con la Cina sulla Belt and Road Initiative o Nuova Via della Seta, il progetto infrastrutturale lanciato nel 2013 dal presidente Xi Jinping, "nel modo meno traumatico possibile". A dirlo all'Adnkronos è Fabio Massimo Castaldo, eurodeputato del M5S, già vicepresidente del Parlamento Europeo (riuscì a farsi eleggere pur stando nei Non Iscritti, un unicum nella storia dell'Aula) e attuale responsabile Esteri del Movimento.

Precisando di parlare a titolo personale, Castaldo constata, numeri alla mano e in occasione della missione di Giorgia Meloni a Washington, che la "scommessa" tentata dal Conte Uno per recuperare terreno nei rapporti con la Cina è sostanzialmente "fallita".

Il Memorandum, ricorda l'eurodeputato, "fu firmato nel 2019 dall'allora governo Conte uno. Ai tempi personalmente nutrivo già qualche dubbio, avendo avuto modo di approfondire l'approccio commerciale e degli investimenti della Cina non solo in Africa, America Latina e Asia, ma anche nei Paesi europei, troppo spesso basato su una penetrazione commerciale pervasiva e sull'erogazione di debito-trappola".

Basti considerare, sottolinea, "il caso emblematico dell'autostrada del Montenegro, che si inscrive nella più ampia iniziativa 17+1, che coinvolge molti Paesi dell'Europa Orientale e dei Balcani Occidentali" e che "palesa, tra l'altro, la volontà cinese di dividere il fronte europeo".

Per Castaldo all'epoca "il governo Conte uno decise di lanciarsi in una sorta di scommessa, possibile sul piano teorico, ma politicamente un po' azzardata: visto che l'export italiano era significativamente più contenuto rispetto ad altri Paesi europei come la Germania, il Regno Unito e la Francia, la scommessa fu quella di accettare il rischio di intaccare l'immagine dell'Italia nel G7, a tutt'oggi l'unico Paese dei Sette a concludere un accordo politico ufficiale di questo tipo, pur di recuperare rapidamente il terreno perduto nei confronti degli altri Paesi europei".

"La realtà, a distanza di quattro anni - continua Castaldo - mi fa, dal mio punto di vista personale, dire che la scommessa è nei fatti fallita. Se è vero che siamo passati da 12,8 mld nel 2020 a 16,4 mld di euro di esportazioni verso la Cina, con un leggero aumento, non si può non sottolineare che nel frattempo è letteralmente esploso l'export cinese in Italia, che da 32,5 mld nel 2020 è arrivato a 57,5 mld nel 2022".

Per l'eurodeputato "è evidente quindi che, conti alla mano, chi ne ha beneficiato davvero è stata proprio la Cina. Mentre nel 2019 la nostra bilancia commerciale con la Cina era in negativo di 18,7 mld, oggi siamo sotto di 41,1 mld. Quindi, abbiamo più che raddoppiato la negatività della nostra bilancia commerciale, senza realizzare le premesse iniziali di creare un grande canale per il made in Italy, disattese da risultati non particolarmente apprezzabili".

Anche sul fronte degli investimenti, i rischi sono stati superiori ai benefici: alcuni investimenti cinesi in Italia "potenzialmente rischiosi per la sovranità nazionale - ricorda Castaldo - erano stati improvvidamente autorizzati dal governo Renzi nel 2015: basti pensare al 35% di Cdp Reti, che ha partecipazioni di riferimento anche in Snam e Terna, e al 37% di Pirelli".

"Statisticamente, però, dalla firma del Memorandum - ricorda Castaldo - siamo passati da 83 casi di uso del Golden Power nel 2019 a 608 nel 2022. Ci sono stati episodi abbastanza noti, come il veto posto dal governo Draghi sulla cessione del ramo italiano di Applied Materials e di Lpe, aziende importanti nel campo dei semiconduttori. Correttamente si è prestata un'attenzione importante a non perdere quote significative di know-how, poiché gli investimenti cinesi, come è ben noto, su influenza del proprio governo ambiscono nella maggior parte dei casi a ottenere il vero e proprio controllo da parte dell'investitore su tecnologie e infrastrutture strategiche, senza garantire alcuna forma di reciprocità. Tenendo conto di ciò, nonché della deriva sempre più negatrice dei diritti umani negli ultimi anni, l'accordo Ue-Cina sugli investimenti voluto da Angela Merkel è stato bloccato dal Parlamento Europeo", anche a causa delle sanzioni inflitte da Pechino a "cinque colleghi europarlamentari, peraltro di primo piano".

Per Castaldo, l'Italia deve tenere conto del fatto che la Germania "sta apertamente cominciando a far trapelare l'idea di far uscire" colossi cinesi come Huawei e Zte "dalla rete 5G", dato che le leggi della Repubblica Popolare "obbligano cittadini e aziende cinesi a collaborare con il governo, comunicando informazioni critiche all'intelligence" di Pechino. "Non è un caso che l'Ue, poco prima della conclusione del Memorandum, aveva cominciato a vedere la Cina come un rivale strategico". Oggi Bruxelles "parla apertamente di de-risking".

In materia di investimenti "bisogna quindi operare con molta decisione avvalendosi della golden power", sulla scia di quanto fatto dalla Germania con il porto di Amburgo, dove solo una quota di minoranza (il 24,9%) è stata venduta ad un'azienda cinese, la Cosco. La Cina, sottolinea inoltre l'eurodeputato, nell'attuale contesto geopolitico ha dimostrato ben "poca propensione" a spingere per uno sforzo negoziale congiunto con l'Ue, finalizzato a imprimere una "svolta diplomatica positiva" al conflitto tra Russia e Ucraina.

"A fronte di questa analisi e di questi dati - continua Castaldo - credo che oggi sia necessario operare una analisi molto attenta del MoU e valutare se non sia il caso, verificata l'insussistenza di margini concreti per migliorare l'attuale trend commerciale e il quadro normativo dell'accordo, se non sia più opportuno immaginare un phasing-out, un'uscita, a fronte della perdita di credibilità subita in seno al G7 in merito all'unità del fronte occidentale e, dall'altro lato, degli insufficienti risultati raggiunti. Sicuramente bisognerà farlo con tatto, evitando di dare alla Cina l'occasione per azioni di rappresaglia nei confronti dell'Italia, tenendo a mente che la quota percentuale del nostro export è talmente esigua da essere la metà di quella con la Svizzera. Occorrono oculatezza ed intelligenza, valutando quale possa essere il modo migliore per configurare relazioni che sono decollate, ma unicamente in modo nettamente sbilanciato a favore di Pechino".

Castaldo ricorda inoltre che, "sebbene fosse una volontà comune del governo Conte con il ministro Luigi Di Maio", nella firma del MoU assunse "un ruolo decisivo il sottosegretario Michele Geraci, che era espressione della Lega, che ne fu uno dei più accesi e convinti sostenitori. Lo è ancora oggi: la Lega quindi, che è a tutt'oggi in maggioranza, ha responsabilità storiche molto importanti su questo accordo".

Per l'eurodeputato, "il lavoro a livello Ue per una maggiore sovranità industriale deve essere il cammino attraverso il quale difenderci da acquisizioni ostili, che nel caso della Cina peccano di una totale mancanza di reciprocità. Andrebbe valutata un'uscita" dal MoU "nel modo meno traumatico possibile. Vedremo su che linea si muoverà il governo Meloni, ma credo che un tema come questo, che tocca intimamente gli interessi vitali, economici, industriali e di sicurezza del Paese, dovrebbe essere al di sopra dell'agone politico quotidiano".

"Sarebbe - continua Castaldo - un esercizio molto utile per l'interesse strategico del nostro Paese: trasformare la gestione di questo memorandum in un oggetto del contendere ideologico, scollegato dai dati, sarebbe un errore molto grave, potenzialmente capace di creare ulteriori danni reputazionali e di sicurezza all'intero sistema Paese".

Le aspettative, sottolinea, "erano altre: fatto sta che, a fronte di dati così poco confortanti" uscire dal MoU può "essere una scelta assolutamente legittima, pur con le dovute cautele, e senza che venga utilizzata come bandiera ideologica dall'altro lato, con il rischio di essere trascinati in uno scontro commerciale che non ci servirebbe. E' necessario un approccio unitario europeo, tentando di coinvolgere Germania e Francia, evitando fughe in avanti di tutti, anche dei loro leader, facendo leva sul peso e l'importanza del nostro mercato comune".

"Dobbiamo chiudere soprattutto la stagione delle leggerezze dell'austerity della Commissione Barroso", che consentì ai cinesi di assumere il controllo del porto del Pireo, sottolinea. Per Castaldo, su temi "strategici, di interesse del sistema Italia dovremmo tutti batterci su dati oggettivi e soprattutto con la maglia della Nazionale, non con quella del club di appartenenza".

Il governo italiano, suggerisce inoltre, "farebbe bene a chiedere importanti investimenti americani che stimolino crescita e occupazione in Italia, nelle interlocuzioni con il presidente Joe Biden, come compensazione rispetto ai possibili rischi per il phasing out dal memorandum".

E, conclude, "a mio avviso l'Italia dovrebbe focalizzarsi molto più sul Global Gateway e su altri programmi di ampio respiro con i partner più vicini ai nostri principi e valori, piuttosto che ancorarsi ad progetto geopolitico, come la Bri," di una potenza che si allontana sempre di più da una "relazione bilanciata e costruttiva con il mondo occidentale".

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