Gli Stati Uniti si sono ritirati dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Lo ha annunciato l'ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite Nikki Haley, accusando l'istituzione di essere "un protettore dei molestatori dei diritti umani e un pozzo nero di pregiudizi politici". Il ritiro è arrivato mentre l'amministrazione Trump è sotto il fuoco di un'intensa critica per la sua politiche di "tolleranza zero" adottata al confine con il Messico, dove nelle ultime settimane le autorità stanno separando i bambini dai genitori che cercano di entrare illegalmente negli Stati Uniti. Intanto la Russia ha avanzato la sua candidatura per il seggio del Consiglio per i diritti umani, perso alle elezioni del 2016 per le proteste innescate dal suo sostegno al regime siriano.
USA - "Voglio chiarire che questo passo non è un ritiro dal nostro impegno sul fronte dei diritti umani - ha detto la Haley -. Assumiamo questa iniziativa perché il nostro impegno su questo fronte non ci consente di continuare a far parte di un'organizzazione ipocrita e egoista che deride i diritti umani". Haley ha ammesso che gli Stati Uniti non sono riusciti a convincere nessun'altra nazione a sostenere apertamente gli sforzi di Washington per riformare il Consiglio, "un'organizzazione non degna del suo nome". Ma "nessun altro paese ha avuto il coraggio di unirsi alla nostra lotta". "Quando abbiamo chiarito che avremmo fortemente perseguito la riforma del Consiglio paesi come Russia, Cina, Cuba ed Egitto hanno tentato di minare i nostri sforzi", ha tuonato l'ambasciatrice, criticando quei paesi che condividono gli stessi valori degli Stati Uniti, ma "non volevano mettere seriamente in dubbio lo status quo".
"Guarda i membri del consiglio e vedi una spaventosa mancanza di rispetto per i più elementari diritti", ha detto Haley citando Venezuela, Cina, Cuba e Repubblica Democratica del Congo, ammesso come membro malgrado la scoperta di fosse comuni. Questa arena "è eccessivamente focalizzata e infinitamente ostile verso Israele" che, afferma, "è una chiara dimostrazione che il consiglio è guidato da intenzioni politiche e non dai diritti dell'uomo".
ONU - Poco dopo l'annuncio degli Stati Uniti, il segretario generale Antonio Guterres ha espresso il suo rammarico, spiegando che "avrebbe preferito che gli Stati Uniti rimanessero nel Consiglio per i diritti umani". "L'architettura delle Nazioni Unite sui diritti umani svolge un ruolo molto importante nella loro promozione e protezione in tutto il mondo", ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric. Anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra'ad Al Hussein ha definito il ritiro degli Stati Uniti "deludente, se non addirittura sorprendente". "Dato lo stato dei diritti umani nel mondo di oggi, gli Stati Uniti dovrebbero intensificare e non fare un passo indietro", ha scritto Zeid su Twitter.
RUSSIA - Intanto la Russia, dopo l'annuncio degli Stati Uniti, ha avanzato la sua candidatura per il seggio del Consiglio per i diritti umani. La missione di Mosca all'Onu ha accusato gli Stati Uniti di aver cercato di trasformare il Consiglio in uno "strumento per promuovere i loro interessi" e assicurato la sua intenzione di "proseguire il suo lavoro efficace" nel Consiglio. "Per questo ha presentato la sua candidatura in vista delle elezioni per il seggio per il periodo 2021-2023", precisa la missione di Mosca all'Onu. La Russia aveva perso il suo seggio alle elezioni del 2016, per le proteste innescate dal suo sostegno al regime siriano.
HUMAN RIGHTS WATCH - Questa decisione "metterà il paese ai margini delle iniziative globali cruciali per difendere i diritti umani", ha deplorato l'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, affermando in una dichiarazione che l'Unhcr "ha svolto un ruolo importante in paesi come la Corea del Nord, la Siria, la Birmania e il Sud Sudan". "Ma Donald Trump è interessato solo a difendere Israele", ha detto la Ong.
ISRAELE - Israele ha accolto l'annuncio del ritiro degli Stati Uniti dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, elogiando la mossa come una "decisione coraggiosa contro l'ipocrisia e le bugie" dell'organismo internazionale. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha salutato la mossa di Washington, definendo il consiglio "un'organizzazione parziale, ostile, anti-israeliana che ha tradito la sua missione di proteggere i diritti umani". "Invece che occuparsi dei regimi che sistematicamente violano i diritti umani, quel Consiglio si è ossessivamente fissato con Israele, l'unica vera democrazia del Medio Oriente", si legge in una dichiarazione dell'ufficio del Primo ministro. "La decisione degli Stati Uniti di lasciare questo corpo prevenuto è un'affermazione inequivocabile che è troppo". "Israele ringrazia il presidente Trump, il segretario Pompeo e l'ambasciatore Haley per la loro coraggiosa decisione contro l'ipocrisia e le menzogne del cosiddetto Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani", afferma ancora la nota.
PALESTINESI - Nuove critiche agli Stati Uniti arrivano dall'Autorità nazionale palestinese. "Il ritiro degli Usa dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite mostra il punto fino a cui questa Amministrazione è disposta a spingersi per proteggere Israele dalle sue responsabilità", afferma una nota del ministero degli Esteri rilanciata dall'agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa. Le autorità palestinesi esprimono la speranza che la decisione degli Usa "non influenzi il Consiglio né intacchi la determinazione dei suoi componenti" e insistono "sull'universalità dei diritti umani e sull'obbligo di tutti gli Stati di rispettare i diritti umani".
Per i palestinesi la decisione Usa è "un ulteriore passo contro i diritti dei palestinesi che non farà altro che incoraggiare ulteriormente Israele a persistere nelle sue vergognose violazioni dei diritti umani, consolidando la cultura dell'impunità". "Il fatto che questa Amministrazione consideri il Consiglio un organismo fazioso perché sta tentando di fare il suo lavoro in relazione ai diritti umani palestinesi dimostra ancor di più - si legge - la determinazione di questa Amministrazione a essere parte del conflitto, ponendo il suo peso politico a discapito delle vite e dei diritti dei palestinesi".