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Sanzioni alla Russia, la tesi di Fontana è fondata? Cosa dicono i dati e i fatti

I numeri, e la lettura che ne fa il Fondo Monetario Internazionale, si legano alle difficoltà oggettive di Mosca

Sanzioni alla Russia, la tesi di Fontana è fondata? Cosa dicono i dati e i fatti
19 ottobre 2022 | 12.01
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Le sanzioni alla Russia tornano un argomento di discussione politica. A riportarle in primo piano sono state le parole del presidente della Camera Lorenzo Fontana, che le ha accostate a un potenziale effetto boomerang. La tesi non è nuova. Sintetizzando, si arriva a porsi la domanda se le sanzioni, alla lunga, facciano peggio alla Russia o alle economie dei Paesi occidentali che le hanno imposte.

Analizzando con più attenzione le parole dell'esponente leghista emergono altri due elementi. "All'inizio dissi che le sanzioni sono un ottimo metodo per fare la guerra senza usare le armi, quindi l'Europa ha fatto benissimo. Ma bisogna stare attenti perché con le contro-sanzioni che ci fa la Russia noi potremmo cedere prima di loro perché la nostra popolazione è meno abituata di quella russa a soffrire". C'è quindi un'evoluzione nel tempo dell'efficacia delle sanzioni: all'inizio sì, ora no. E c'è anche la spiegazione sul perché c'è stato questo sostanziale cambiamento: i Russi sono abituati a soffrire, noi no. Un argomento, questo, che per estensione può portare a vanificare qualsiasi sforzo richiesto che comporti un sacrificio.

Poi c'è un terzo elemento, che riguarda le conseguenze. "Occorre fare attenzione con le sanzioni, perché se diventano un boomerang noi potremmo trovarci in grave difficoltà: c'è la questione del grano che potrebbe portare a gravi carestie e un'ondata di immigrazione da Africa e Medio Oriente. Potrebbe essere un'arma usata da Putin per sconfiggere l'Europa". Su questo piano, il discorso si allarga e si perde nel mare magnum delle conseguenze più ampie della guerra in Ucraina e delle tensioni che ne derivano sul piano geopolitico.

Per limitarsi all'efficacia delle sanzioni, ci sono due fattori che si possono considerare. Il primo sono i dati sull'economia russa e quelli sulle nostre economie. Il problema, sostanziale, è cercare di fare confronti omogenei. Non è facile da risolvere perché c'è un'oggettiva difficoltà nel reperire informazioni corrette. Le nostre stime e le nostre previsioni sono basate su dati certi, certificati, quelle sull'economia russa sono inevitabilmente condizionate dal filtro della propaganda. Si è parlato molto delle stime del Fondo monetario internazionale. Nel World Economic Outlook ha rivisto al rialzo le stime per l’economia russa colpita da diversi pacchetti di sanzioni occidentali: il Pil calerà del 3,4%, e non dell’8,5% come previsto solo ad aprile scorso o del 6% previsto a luglio, "grazie a petrolio e resilienza della domanda interna e del mercato del lavoro". Vuol dire che la Russia uscirà facilmente dalla recessione? No, ha puntualizzato Alfred Kammer, direttore del Dipartimento europeo del Fmi, aggiungendo che nella Federazione "quest'anno e il prossimo si registrerà una crescita negativa, e nel 2023 il Pil sarà inferiore del 10% rispetto a quanto ci aspettavamo prima della guerra. Parliamo dunque di una recessione profonda. Lo scenario per l'Europa vede invece una crescita inferiore, non una profonda recessione".

Accanto ai dati, c'è il secondo fattore chiave. Sono i fatti. L'evoluzione del conflitto in Ucraina, sul campo, vede l'esercito russo sempre più in difficoltà e si tratta di una difficoltà dovuta alla riconquista del territorio da parte degli Ucraini, grazie soprattutto alle armi occidentali, e alla carenza di risorse per sostenere lo sforzo bellico di Mosca, con un evidente ruolo giocato dalle sanzioni. Anche la reazione delle ultime settimane, con i bombardamenti massicci sulle città ucraine sono un fatto che ha implicazioni su tutti i piani: quello bellico, ovviamente, quello diplomatico, nella speranza che si possa aprire il varco per una trattiva che possa condurre almeno a una tregua, e quello economico. E le sanzioni, anche considerando i costi che la Russia sta sostenendo in questo ulteriore sforzo militare, possono giocare un ruolo fondamentale.

Allentare le sanzioni, oggi, vorrebbe dire vanificare i sacrifici fatti finora, perché il costo delle sanzioni lo stanno pagando anche tutte le economie occidentali, ridare fiato, e margine per riarmarsi e riorganizzarsi, alle truppe di Putin, e bruciare l'unica alternativa che resiste all'utilizzo a oltranza delle armi, la pressione economica. Per questo, quando si parla di un boomerang, si rischia di non fare gli interessi di Roma, o di Bruxelles, ma quelli di Mosca. (di Fabio Insenga)

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