'Attualmente non esiste una base per procedere con un procedimento penale sull'omicidio, il rapimento e l'omicidio di Giulio Regeni''. E' quanto si legge in una nota della procura egiziana, nella quale si afferma che gli autori del crimine restano sconosciuti dopo aver ''ascoltato 120 testimoni''. I sospetti e le accuse mossi dalle autorità italiane non sono accompagnati da prove, afferma ancora la procura del Cairo, decidendo quindi di non tenerli in considerazione. E viene inoltre spiegato che il pubblico ministero ha incaricato le agenzie investigative di continuare il loro lavoro per identificare i colpevoli, ritirando le accuse nei confronti di quattro agenti e di un poliziotto dell'agenzia di sicurezza nazionale.
La Farnesina ritiene che quanto affermato dalla Procura generale egiziana relativamente al tragico omicidio di Giulio Regeni sia inaccettabile. La Farnesina, nel ribadire di avere piena fiducia nell'operato della magistratura italiana, continuerà ad agire in tutte le Sedi, inclusa l'Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni possa finalmente emergere. La Farnesina auspica che la Procura generale egiziana condivida questa esigenza di verità e fornisca la necessaria collaborazione alla procura della Repubblica di Roma.
La Procura di Roma, lo scorso 10 dicembre, ha chiuso le indagini sul caso dell’omicidio del ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto. A due anni dall’iscrizione nel registro degli indagati degli 007 egiziani appartenenti alla National Security, avvenuta il 4 dicembre 2018, il procuratore capo Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco, che in questi anni ha seguito l’inchiesta, hanno rispettato la deadline sulla chiusura dell’indagine contestando, a seconda delle posizioni, con il 415bis a quattro 007 oltre al reato di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Per un quinto agente è stata chiesta l’archiviazione.
La procura egiziana ha fatto sapere inoltre che non fornirà a quella italiana i nomi di tutti gli stranieri che sono stati arrestati o fermati dalla polizia del Cairo dalla notte della scomparsa di Giulio Regeni al giorno in cui è stato ritrovato il suo cadavere. E non sarà nemmeno soddisfatta la richiesta della procura italiana di svelare le identità delle persone che erano presenti nelle cinque stazioni metropolitane del Cairo la notte della scomparsa del ricercatore friulano e che sono state identificate tramite i loro cellulari.
La procura del Cairo ha affermato che nessuno dei cinque poliziotti indicati dalla procura italiana ha avuto realmente un ruolo nel sequestro, nelle torture e nell'uccisione del ricercatore friulano Giulio Regeni. In una nota il procuratore capo ha invece citato una ''banda di criminali che era solita rapinare italiani ed egiziani'' dietro l'omicidio di Regeni. Le indagini condotte dalla procura egiziana mostrerebbero che questi criminali avevano in passato rapinato Regeni e un altro cittadino italiano al Cairo e a Giza. ''Cinque membri di questa banda hanno rapinato Regeni causando le ferite trovate sul suo corpo e sono stati uccisi in uno scontro a fuoco mentre la polizia li stava arrestando'', si legge nella nota della procura.
I 'colpevoli' responsabili del rapimento, delle torture e della sua uccisione lo hanno fatto per coinvolgere i funzionari della sicurezza egiziana, mentre era in corso una visita al Cairo di una delegazione italiana, sostiene ancora nella nota la Procura egiziana, secondo cui i responsabili avrebbero gettato il corpo vicino a edifici legati alla polizia come se volessero attirare l'attenzione e fare una messinscena.
Inoltre il comportamento di Giulio Regeni ''non era consono al suo ruolo di ricercatore'' e per questo era stato posto ''sotto osservazione'' da parte della sicurezza egiziana ''senza però violare la sua libertà o la sua vita privata''. "Tuttavia il suo comportamento non è stato valutato dannoso per la sicurezza generale e, quindi, il controllo è stato interrotto'', aggiunge la procura, citando i contatti con Regeni con alcuni gruppi politici e sindacati, ai quali avrebbe detto che potevano avere un ruolo nel cambiare la situazione in Egitto. La procura egiziana chiese aiuto giuridico al Regno Unito in modo da poter avere informazioni dall'Università di Cambridge sulla natura degli studi che il giovane stava conducendo in Egitto e quindi sulle motivazioni del suo viaggio.
La dichiarazione della procura egiziana sul caso Regeni "conferma l'indisponibilità della magistratura egiziana a collaborare con quella italiana. E questo fatto, oltre ad essere un attacco alla procura di Roma, io credo sia un attacco anche complessivamente alle istituzioni italiane dalle quali, parlo del governo, mi attendo una reazione molto decisa". A dirlo all'Adnkronos è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia.
"Siamo di fronte a un ulteriore tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane sul caso dell'uccisione di Giulio Regeni". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che così commenta il comunicato della Procura egiziana, nel quale si esclude ogni coinvolgimento dei quattro ufficiali della Sicurezza nazionale che le autorità giudiziarie italiane hanno invece indicato come presunti colpevoli.
"Quanto ribadito oggi dalle autorità egiziane è un ulteriore affronto all'Italia. Siamo certi - sottolinea ancora Gonnella - della fermezza della Procura di Roma e a questo punto, ancor di più, crediamo sia importante che il governo del nostro paese dia un segnale forte, costituendosi parte civile nel processo che si celebrerà nei tribunali italiani".