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Razzante: "Impegno Big Tech su elezioni? Necessario ma non sufficiente"

Il docente di Diritto dell'Informazione della Cattolica di Milano esprime dubbi sull'accordo, che le società annunceranno alla conferenza sulla Sicurezza di Monaco, per limitare e controllare l'utilizzo dei deepfake nelle campagne elettorali: "sono prodotti da strumenti da loro creati". Ma ricorda che ora per le Europee nella Ue abbiamo la tutela garantita dal Digital Services Act

Razzante:
14 febbraio 2024 | 18.42
LETTURA: 4 minuti

"E' un passo necessario, indispensabile, ma non sufficiente, perché rimangono dei dubbi, perché i deepfake e i contenuti ingannevoli che circolano in rete sono prodotti da strumenti a disposizione dalle stesse Big Tech che firmano questo documento". Così Ruben Razzante, docente di Diritto dell'Informazione dell'Università Cattolica di Milano, commenta con l'Adnkronos la notizia, anticipata dal Washington Post, che alla conferenza di Monaco le principali società di Intelligenza Artificiale si impegneranno a sviluppare tecnologie per limitare e controllare la diffusione di contenuti che possano ingannare gli elettori delle decine di elezioni che si svolgeranno nel 2024, comprese le Europee di giugno e le presidenziali Usa di novembre.

Per Razzante è "indispensabile non abbassare la guardia" su questo fronte perché "altrimenti il rischio di una manipolazione della volontà degli elettori è concreta: vanno al voto 76 stati in tutto il mondo, oltre 2 miliardi di elettori, quasi la metà della popolazione mondiale nel 2024, non possiamo permetterci che la manifestazione del voto sia alterata da questi meccanismi".

Per questo per l'autore de "I (social) media che vorrei. Innovazione tecnologica, igiene digitale, tutela dei diritti", quello delle Big Tech appare come "un buon primo passo per contrastare questi rischi", con la firma di un documento con cui "si impegnano a frenare in parte l'innovazione che loro stesse stanno portando avanti, quindi si impegnano a fare dei sacrifici sui loro business pur di garantire un equilibrio tra la libertà di impresa e la tutela dei diritti degli utenti, in questo caso il diritto degli utenti di ricevere un'informazione trasparente, completa ed attendibile".

"Il mio dubbio nasce dal fatto che questi strumenti non sempre sono stati trasparenti, non sempre sono stati cristallini e quindi è rimasta sempre una certa opacità nell'erogazione di questi servizi, c'è da sperare che queste piattaforme dimostrino una sincera volontà di collaborazione", aggiunge il docente, nominato recentemente consulente della Commissione del Senato presieduta da Liliana Segre per il contrasto dei fenomeni di odio in Rete. Razzante insomma, esprime "una riserva per quanto riguarda la sincerità di queste piattaforme nell'andare contro se stesse, sono state solerti nel creare queste innovazioni che consentono di creare i deepfake e generare mostri e disinformazione".

D'altro canto, però, ricorda che ora a livello europeo esiste un importante strumento, il Digital Services Act, "che obbliga le piattaforme a vigilare di più sui contenuti postati dagli utenti: c'e' da sperare che per non incappare nelle esose sanzioni previste da questo regolamento europeo possano attivare questi meccanismi in difesa del diritto degli utenti".

Entrato in vigore il 25 agosto per le Big Tech, il Dsa dal 17 febbraio si applicherà anche alle piattaforme minori e questo fa sperare che le induca tutte a "collaborare per contrastare la disfinformazione, i contenuti ingannevoli, le deepfake, le immagini false, i contenuti generati con i volti dei politici falsi".

Rispetto al passato quindi i Paesi della Ue affrontano le prossime elezioni europee di giugno con un'importante difesa in più rispetto a quelle, basate sull'autoregolamentazione, già esistenti, prosegue il professore che ricorda che "nel settembre 2018 fu firmato il primo codice di autodisciplina su fake news e disinformazione perché c'erano le elezioni nel '19 le elezioni europee e c'era il rischio che la disinformazione di matrice russa e cinese potesse portare al governo dell'Europa i sovranisti e populisti, si corse ai ripari con questo codice che dimostrò di funzionare".

"Fu poi aggiornato nel 2021 e nel 2022 sia a causa della pandemia che dello scoppio della guerra russo-ucraina - continua Razzante - è uno strumento molto agile che viene sempre aggiornato in funzione dei nuovi rischi e viene sottoscritto ed applicato da queste Big Tech che devono produrre dei report semestrali che devono consegnare alla Ue per dimostrare che stanno rispettando questi principi, documentando le azioni svolte per combattere la disinformazione". "Questo è un concreto esempio di come l'autoregolamentazione possa funzionare ma adesso oltre a questo c'e' anche il regolamento, una legge vera e propria", conclude.

Riguardo poi alla notizia delle decine di attacchi hacker riconducibili ad account russi contro obiettivi europei ed italiani a sostegno della protesta dei trattori, con messaggi in cui si afferma che l'Europa spende soldi per l'Ucraina invece che per i propri agricoltori, Razzante afferma: "E' chiaro che la matrice russa di questi attacchi è evidente perché la Russia ha un intento di destabilizzazione del quadro europeo, getta benzina sul fuoco perché vuole a tutti i costi che la protesta degeneri e ci siano disordini in Europa in vista delle elezioni europee, che la protesta sfugga di mano e che quindi possa degenerare e favorire i partiti anti-europeisti".

Sottolineando che questo tipo di attacchi confermano come "la disinformazione possa produrre dei danni enormi in termini di comprensione delle ragioni della protesta dei trattori", Razzante parla di "un rischio". Ma esprime anche la convinzione che "Bruxelles stia prendendo delle decisioni in grado di contenere e far rientrare questa protesta, c'è la fondata speranza - conclude - che le azioni di destabilizzazione informatica da parte dei russi non vadano a buon fine"

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