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L'ambasciatore iraniano: "Senza sanzioni Italia tornerebbe nostro primo partner Ue"

'Soleimani ucciso per volere di Trump'

Qassem Soleimani (Afp) - AFP
Qassem Soleimani (Afp) - AFP
30 dicembre 2020 | 14.54
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Sanzioni, accordo sul nucleare, rapporti con l'Italia e la nuova Amministrazione Usa, lotta al coronavirus e al terrorismo. Sono i temi di una lunga intervista rilasciata ad Aki-Adnkronos International dall'ambasciatore iraniano a Roma, Hamid Bayat, a pochi giorni dal primo anniversario (3 gennaio) dell'uccisione del generale Qassem Soleimani, l'ex comandante del corpo di elite dei Guardiani della Rivoluzione.

"Se gli ostacoli esistenti, comprese le sanzioni, venissero rimossi, l'Italia tornerebbe rapidamente alla sua posizione di primo partner commerciale dell'Iran in Europa con un volume di scambi molto più alto di prima" incalza subito Bayat, sottolineando che "le aziende italiane, grandi e piccole, hanno sempre espresso la loro insofferenza verso l'imposizione di sanzioni e di ostacoli nel percorso dei rapporti tra i due Paesi".

Secondo l'ambasciatore, proprio le sanzioni hanno influenzato "negativamente" i rapporti tra Teheran e Roma negli ultimi anni e "sfortunatamente, molti esportatori italiani sono stati privati dell'opportunità del mercato iraniano".

Bayat analizza quindi i possibili scenari nelle relazioni tra l'Iran e gli Usa alla luce della vittoria elettorale di Joe Biden, ribadendo come per la Repubblica islamica qualsiasi discorso passi necessariamente per il ritorno degli Stati Uniti nell'accordo sul programma nucleare (Jcpoa), con la contemporanea revoca delle sanzioni. Se gli Stati Uniti faranno questo "possiamo dialogare con loro nel quadro del Jcpoa", un'intesa - chiarisce - "non rinegoziabile, né passibile di aggiunte o sottrazioni, sebbene corrano voci negli Stati Uniti e in Europa in questo senso".

"Per quanto riguarda il ritorno degli Stati Uniti all'accordo nucleare, guardiamo alle azioni, non alle dichiarazioni. Resta da vedere quale decisione prenderà il presidente eletto Biden dopo la presa del potere", spiega l'ambasciatore, secondo cui se gli Usa torneranno all'attuazione dei loro obblighi e revocheranno le "ingiuste" sanzioni, "allora anche l'Iran tornerà al pieno adempimento dei suoi obblighi".

"Sono stati gli Stati Uniti sotto Trump a ritirarsi dal Jcpoa e dalla relativa risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza", ricorda l'ambasciatore, evidenziando come subito dopo gli Usa abbiano reimposto tutte le sanzioni all'Iran, "continuando a minacciare ed esercitare pressioni palesi e nascoste e diffuse contro i suoi partner commerciali, compresa l'Italia, che fino al 2018 era al primo posto in Europa con un volume di scambi di oltre cinque miliardi di euro".

Bayat parla quindi di uno degli eventi che più hanno segnato i rapporti tra Iran e Usa ovvero l'uccisione del generale Soleimani, "un nemico del terrorismo che - denuncia l'ambasciatore - è stato martirizzato per volere di Trump".

"Il martire Soleimani lavorava alacremente per costruire pace e sicurezza non solo per il popolo iraniano, ma anche per la regione dell'Asia occidentale e per l'umanità. Uno dei suoi grandi servizi a tutti i popoli, inclusi gli europei, è stato quello di liberare il mondo dall'Isis e di porre fine al suo dominio territoriale in Iraq e Siria", sottolinea l'ambasciatore, per il quale "solo gli Stati Uniti, il regime israeliano e i terroristi, compreso l'Isis, si sono rallegrati dell'assassinio di Soleimani".

Gli omicidi dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh e di Soleimani, analizza Bayat, sono stati "perpetrati dai nemici dell'Iran in palese violazione dei diritti umani" e "hanno come scopo privare l'Iran degli strumenti e delle risorse che determinano il suo potere e di renderlo indifeso dinnanzi alle cospirazioni".

Secondo Bayat, "ci sono nuovi indizi secondo i quali l'assassinio di Fakhrizadeh è stato compiuto dal regime israeliano, il più stretto alleato degli Stati Uniti nella Regione, che ha una lunga storia di atti terroristici contro scienziati nucleari iraniani".

"Dopo questo assassinio, gli Stati Uniti stanno cercando di apportare cambiamenti nella regione con l'obiettivo di diffondere insicurezza e instabilità per creare le condizioni di un ritorno di questo movimento e accrescere il mercato per la vendita delle loro armi - insiste l'ambasciatore - La Repubblica islamica, insieme ai governi e ai popoli di Paesi come Iraq e Siria, porta avanti invece la lotta contro il terrorismo e la violenza, nella forma di gruppi come il Daesh".

Il diplomatico prosegue poi la sua intervista con il caso, molto seguito anche in Italia, di Ahmadreza Djalali, l'ex ricercatore dell'Università del Piemonte Orientale condannato a morte e attualmente detenuto nel braccio della morte del carcere di Evin. "Le informazioni che Djalali ha messo a disposizione dei servizi di informazione di Paesi ostili hanno reso possibile l'assassinio degli scienziati nucleari iraniani. Nonostante questo, le ultime notizie pervenute dal potere giudiziario parlano per il momento di un rinvio dell'esecuzione", sono le parole di Bayat.

"A questo proposito e riguardo alle questioni concernenti i diritti umani, l'ambasciata iraniana ha contatti frequenti con le competenti istituzioni del Paese tra cui il Parlamento e si sono svolti incontri e scambiata corrispondenza con le autorità responsabili presso il Senato", riferisce il diplomatico che punta quindi il dito contro "alcuni meccanismi che sottendono la questione dei diritti umani e che rendono possibile una strumentalizzazione politica ai danni di quei Paesi soggetti al monitoraggio del grado di tutela dei diritti umani".

"I doppi standard di giudizio fanno sì che la natura delle problematiche inerenti i diritti umani cambi e che questi alti inalienabili valori si trasformino in meri strumenti con cui perseguire intenti che sono per lo più politici", prosegue Bayat, che conclude facendo il punto sulla ricerca del vaccino contro il Covid-19 in Iran".

Le sperimentazioni si potrebbero concludere "per la fine del prossimo mese di febbraio", dichiara l'ambasciatore, denunciando come "la pressione esercitata dalle disumane sanzioni americane" abbia limitato fortemente la vita quotidiana della popolazione iraniana alle prese con la pandemia.

Nonostante "gli ostacoli posti alle transazioni commerciali con l'estero, anche se finalizzate all'acquisto di farmaci o dispositivi medico-sanitari", l'Iran grazie ai suoi "immani" sforzi è riuscito a controllare la crisi e a contenere "in parte" i danni, chiosa.

(di Piero Spinucci)

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