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Karakalpakstan, Ferrari (Ispi): "Errore politico del presidente"

Russia, Cina e Kazakistan non hanno un ruolo nella rivolta scoppiata nella regione poco popolata nel nord occidentale dell'Uzbekistan

Karakalpakstan, Ferrari (Ispi):
04 luglio 2022 | 19.30
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La crisi del Karakalpakstan nasce esclusivamente da dinamiche interne all'Uzbekistan. Non la Russia, non la Cina, o il Kazakistan, come invece ventilano alcuni in queste ore, hanno un ruolo nella rivolta, spiega Aldo Ferrari, analista dell'Ispi di Milano e dell'Università Cà Foscari di Venezia, in una intervista all'Adnkronos. Apparentemente si tratta di "un incidente di percorso", "di un errore politico" del Presidente Shavkat Mirziyoyev, associato a una tradizionale mancanza di attenzione e di investimenti, da parte di Tashkent, nel Karakalpakstan, non "una rinnovata involuzione autoritaria" del Paese.

"E' la regione più depressa del Paese. Anziché contribuire allo sviluppo, il Karakalpakstan è stato particolarmente toccato dal disastro ecologico del mare d'Aral. Avrebbe bisogno di una attenzione prioritaria da parte dello Stato, ma ne è esclusa. Questa proposta di riforma è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso", spiega Ferrari. L'annuncio del Presidente, confermato dal voto del Parlamento, per il ritiro degli emendamenti della Costituzione per cancellare la possibilità di autonomia della regione "dovrebbe servire entro certi limiti a calmare gli animi, ma l'insoddisfazione economica proseguirà".

"L'Uzbekistan negli ultimi anni ha intrapreso un processo di sviluppo e liberalizzazione, limitato ma reale". Mirziyoyev ha voluto cambiare l'immagine del Paese e cerca di attrarre investimenti esteri. "Questa crisi interrompe il ruolino di marcia che, fino a ora, era stato positivo. La rivolta, e la repressione così dura, non è certo quello di cui ha bisogno l'Uzbekistan oggi. Il Presidente sembra essersi reso conto di aver commesso un errore". La disattenzione di Tashkent per la regione deriva dalle sue grandi dimensioni, e il fatto che sia poco popolosa priva di risorse e abitata prevalentemente da popolazioni non uzbeke: kazaki, caracalpachi, uzbeki e turkmeni. "Viene percepita come un corpo estraneo poco interessante".

"La Russia, nello spazio post sovietico e in Asia Centrale, ha un ruolo importantissimo. Ma questi Paesi sono indipendenti da 30 anni e hanno dinamiche interne complicate che solo in parte riguardano la Russia", precisa l'analista, ricordando la rivolta di inizio anno in Kazakistan, dove "la Russia è intervenuta ma per risolvere una crisi che aveva ragioni politiche interne".

Qualcuno sospetta che il Kazakistan abbia gettato benzina sul fuoco. "Effettivamente potrebbe essere un obiettivo stimolante, non tanto l'indipendenza, quanto l'ingresso della regione nel Kazakistan. Sono però ragionamenti abbastanza astratti. E anche se il governo uzbeko ha velatamente alluso a forze straniere, i disordini hanno ragione socio economica".

Anche la Cina chiede la stabilità dell'Uzbekistan come priorità. Né la Cina né la Russia "hanno interesse a soffiare sul fuoco". La Cina penetra facilmente con i suoi prodotti, la Russia si occupa, con la Csto, della sicurezza della regione. "Una situazione ottimale sia per Pechino che per Mosca. Questa crisi non nasce da loro, ma da dinamiche interne, soprattutto per l'evidente scarsità di sviluppo socio economico che le popolazioni non sopportano più".

"Fra Kazakistan e Uzbekistan, poi, non c'è una vera inimicizia. Ci sono difficoltà. Minoranze. Rivalità per il primo posto in Asia centrale: il Kazakistan è di gran lunga più ricco, ma l'Uzbekistan è più popoloso e ha una tradizione culturale nettamente maggiore. Sono in competizione, ma nulla di più". "In Asia centrale, la cooperazione fra i Paesi è piuttosto limitata. Il Presidente per la prima volta ha almeno tentato di avviare una cooperazione a livello regionale, provando a fare passi in questa direzione, anche solo con incontri con gli altri Presidenti, per trattare questioni come il controllo delle frontiere, la sicurezza, l'irrigazione", riassume Ferrari, precisando che tali passi "per ora non hanno portato grandi risultati, ma almeno il tentativo viene salutato positivamente".

L'indipendenza del Karakalpakstan non era un tema all'ordine del giorno. Ma anche la sola possibilità viene considerata inammissibile da parte di Mirziyoyev, che, pur liberalizzando alcuni settori dell'economia vuole mantenere - come tanti altri Stati più avanzati - il pieno controllo del territorio. Ci sono stati in questi anni movimenti politici di dimensioni ridotte e limitati alla sola componente caracalpaca. "Ma l'indipendenza non è diventata una richiesta di tutta la popolazione della regione".

"Dopo questa rivolta, il governo sarà costretto a prestare una maggiore attenzione alla regione nord occidentale. Le risorse necessarie non sono enormi, quello che chiede il Karakalpakstan è tutto sommato nelle possibilità economiche del governo centrale. Fino a ora è mancata la volontà politica. C'è la possibilità che ora questo cambi", conclude Ferrari, che all'Ispi dirige le ricerche su Russia, Caucaso e Asia centrale e all'Università Cà Foscari insegna Storia dell'Eurasia.

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