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Armenia, Mikhelidze (Iai): "Crisi Caucaso mostrano scivolamento verso autoritarismo"

(foto Afp)
(foto Afp)
25 febbraio 2021 | 17.34
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"Tutto nasce dal conflitto" per il Nagorno Karabakh. E quello che sta accadendo in Armenia, così come in Georgia è una conseguenza "del ritiro strategico del mondo occidentale dal Caucaso", dalle politiche dell'Unione Europea a quelle degli Stati Uniti, con "le crisi che si stanno manifestando nel Caucaso che mostrano uno scivolamento di questi Paesi verso l'autoritarismo". Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca dell'Istituto affari internazionali (Iai), ragiona con l'Adnkronos sulle notizie che arrivano dall'Armenia e lo fa partendo dal recente passato. Lo scorso novembre il premier armeno Nikol Pashinyan annunciava la firma di un accordo "doloroso" con Russia e Azerbaigian per porre fine alla guerra per il Nagorno Karabakh, poche ore dopo che l'Azerbaigian aveva rivendicato la conquista della città di Shusha.

"In Armenia iniziano le manifestazioni, la protesta della popolazione, con la richiesta di dimissioni del premier Pashinyan, monta la frustrazione per una guerra persa - ricostruisce - Gli armeni hanno dovuto subire il flusso dei rifugiati da questi territori subito dopo la guerra di autunno. Questo ha aumentato il livello di frustrazione della gente, che sicuramente subisce anche una grave situazione economica dovuta alla pandemia, che ha avuto un forte impatto sull'economia anche in Armenia". Da una parte i problemi politici, dall'altra quelli economici. Messi insieme hanno portato una parte della popolazione a chiedere le dimissioni del premier in una fase delicata del cessate il fuoco, "con la guerra che è finita da poco, mentre in realtà il conflitto non è finito perché armeni e azeri, in quanto popoli, non hanno fatto pace e la guerra è terminata perché c'è un cessate il fuoco e la Russia che ha inviato i cosiddetti peacekeeper nella regione".

Intanto Pashinyan è rimasto al potere, fino ad arrivare alle ultime ore quando ha denunciato un "tentativo di golpe militare" da parte dello "Stato Maggiore dell'Esercito" dopo un duro comunicato firmato dal capo di Stato Maggiore, Onik Gasparyan, e da decine di generali in cui si chiedono le dimissioni del primo ministro. "E' stato interpretato come un tentativo di rovesciare il governo che Pashinyan ha voluto prevenire", prosegue l'esperta, che traccia un parallelo tra quello che sta accadendo in Armenia e in Georgia, dove nei giorni scorsi è stato arrestato il leader del più grande partito di opposizione, Nika Melia, in un'escalation della crisi politica. E' tutto, secondo Mikhelidze, una conseguenza del "ritiro strategico del mondo occidentale dal Caucaso, che ha portato questa regione alla totale instabilità dal punto di vista politico e della sicurezza".

"Nel caso di Armenia e Azerbaigian - prosegue - l'Unione Europea è stata completamente assente e ha lasciato tutto nelle mani della Turchia e della Russia". E nel caso della Georgia, continua, "l'Ue non è stata molto presente" per quanto riguarda lo sviluppo della democrazia. Così, nella lettura di Mikhelidze, "le crisi che si stanno manifestando nel Caucaso mostrano uno scivolamento di questi Paesi verso l'autoritarismo".

"Pashinyan è sicuramente un leader democratico", osserva, augurandosi quindi che riesca a mantenere il potere e che al governo non arrivino "forze nazionaliste perché le forze nazionaliste non democratiche sono di solito attori non razionali e poco prevedibili". E se "già da parte azera - dice - abbiamo un governo non democratico, se avessimo un governo non democratico anche in Armenia ci troveremmo in una situazione completamente imprevedibile in cui qualsiasi provocazione, non si può escludere, potrebbe poi degenerare in un'escalation militare".

Non solo l'Ue. C'è anche il 'disengagement' degli Usa. Secondo l'esperta, il caso dell'Armenia come quello della Georgia dimostrano infatti a livello generale come "la poca presenza, il disimpegno degli Stati Uniti iniziato negli ultimi anni della presidenza Obama e poi confermato ampiamente durante l'Amministrazione Trump, il completo 'disengagement' degli Stati Uniti, abbia portato a queste crisi continue degli ultimi anni".

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