Aki intervista l'uomo che Haftar vuole dopo Serraj: "L'Italia ha accontentato il premier all'eccesso, lo molli. Fratelli Musulmani come camicie nere, obbediscono a Erdogan"
di Piero Spinucci
Considera Serraj un "tiranno", accusa i Fratelli Musulmani di aver marciato su Tripoli come le camicie nere su Roma e considera l'offensiva di Haftar una campagna per salvare Tripoli. Aref Ali Nayed è considerato il cavallo su cui gli Emirati hanno puntato tutto per il futuro della Libia. "Un personaggio ambizioso" lo definiscono gli analisti e l'ex ambasciatore ad Abu Dhabi non li smentisce. In un'intervista ad Aki-Adnkronos International all'indomani della visita in Libia del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, infatti, dichiara senza esitazione di voler puntare alla successione di Serraj in quanto personalità di consenso e accusa l'Italia di aver appoggiato "fino all'eccesso" il governo di accordo nazionale (Gna).
Nayed, attualmente presidente del Kalam Research & Media e dell'Istituto libico di studi avanzati (Lias), in passato ha insegnato al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica (Pisai) di Roma. Nel 2016 si dimise da ambasciatore negli Emirati per concentrare i suoi sforzi sulle elezioni presidenziali che si sarebbero dovute tenere in Libia a dicembre del 2018. Quelle elezioni, fissate precipitosamente al vertice di Parigi, vennero poi cancellate dagli eventi che fecero precipitare il Paese nel caos e per il quale Nayed indica un chiaro responsabile: i Fratelli Musulmani.
"Dopo aver perso le elezioni del 2014 è stato permesso loro di marciare letteralmente su Tripoli proprio come hanno fatto le camicie nere su Roma. Il vero obiettivo degli islamisti in Libia non è la crescita del Paese, ma quella della loro internazionale islamista con capitale Istanbul e sotto la leadership di Erdogan, che agisce come un sultano neo-ottomano", afferma.
Il giudizio che Nayed dà del governo Serraj e del suo consiglio presidenziale ricalca quello della retorica haftariana. D'altronde il presidente del Kalam Research & Media è considerato vicino ai circoli dell'uomo forte della Cirenaica ed in più occasioni è stato fotografato al fianco di Haftar. "Negli ultimi quattro anni Serraj ha guidato un Consiglio presidenziale incompleto e incompetente e un governo illegale totalmente privo del consenso del Parlamento. La soluzione è che Serraj, il suo Consiglio ed il Gna se ne vadano!", dichiara.
Alcuni esperti di Libia dicono di Nayed che "si vanti di essere l'uomo che Haftar vuole a capo del nuovo governo e che tutto il mondo sa che si sta vendendo come futuro premier. Ovviamente ha l'appoggio degli Emirati, ma ci sono dubbi sul fatto che Haftar veramente lo voglia come primo ministro: persone nel circolo militare di Haftar un po' sogghignano quando si parla di queste cose". Inoltre "a Tripoli è rifiutato come possibile primo ministro nonostante si venda agli americani come possibile figura di consenso". Quindi il riassunto: "E' un personaggio molto ambizioso, vicino ai circoli di Haftar e agli emiratini che si sa vendere bene, ma che in realtà in Libia non ha un immenso consenso".
Nayed è pronto a smentire lo scarso consenso che gli viene imputato alle elezioni. La sua road map è chiara e anche l'Italia ne è coinvolta seppur indirettamente. Il governo di Roma, sostiene, "ha accontentato Serraj ed il suo Gna fino all'eccesso. Questo non è stato nell'interesse nazionale della Libia. L'Italia ha gravemente fallito, dato che conosce il contesto giuridico meglio di qualsiasi altra nazione. L'Italia sa dal 2014 che il Gna non ha il diritto di accedere a qualsiasi entrata o ricchezza della Libia". A questo punto l'unico atto che l'Italia e gli altri Paesi "amici" devono fare è disconoscere "formalmente" il governo Serraj.
Il completamento dell'operazione 'Ora Zero' annunciata nei giorni scorsi da Haftar per "liberare Tripoli" farà il resto ed il monopolio della forza in Libia sarà "giustamente ripristinata nelle mani dell'esercito dell'Lna". A quel punto, prosegue Nayed, il "regolarmente eletto" Parlamento della Libia (la Camera dei Rappresentanti guidata da Aguila Saleh) dovrebbe formare un governo di unità nazionale in grado di fornire servizi di base e preparare rapidamente elezioni presidenziali, parlamentari e municipali "trasparenti, eque e monitorate a livello internazionale".
Alla domanda se si senta una sorta di premier 'in pectore' Nayed risponde da politico navigato, pur ribadendo la sua ferma disponibilità a guidare il Paese, testimoniata anche dall''Ihya Libya Vision 2023', il suo programma di governo online: "Non so se e quando diventerò primo ministro. E' il Parlamento eletto della Libia che deciderà. Se la mia identità occidentale/orientale e le mie esperienze accademiche/pratiche e, soprattutto, la mia capacità di costruire e lavorare con team efficaci provenienti da tutta la Libia saranno richieste dal Parlamento, sarei obbligato e presenterei un programma di governo per ottenere la fiducia dei deputati del popolo".
Nayed di recente ha incontrato al Cairo l'inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamé, la sua vice per gli Affari Politici, Stephanie Williams, ed il presidente della Camera dei Rappresentanti, Saleh. Segnali che testimoniano l'attivismo politico dell'ex ambasciatore. La Libia, conclude, non ha bisogno di "singoli ego", ma di una governance collegiale, del lavoro di team, solo così potranno essere vinte le grandi sfide che ha davanti. E Nayed è pronto a raccoglierle.