La terza edizione della campagna "Meno rifiuti più benessere in 10 mosse" sollecita il mondo della produzione e della distribuzione a ridurre l'impatto ambientale del packaging
Ancora troppo spreco tra imballaggi che non vengono riusati, riciclati e articoli usa e getta evitabili. In Europa si usano ogni anno circa 20.000.000 di tonnellate di plastica per produrre imballaggi che costituiscono il 40% del totale in peso di tutta la plastica immessa sul mercato. Colpa di una crescente quantità di imballaggi, in alcuni casi presentati come il massimo della sostenibilità, che il cittadino raccoglie separatamente ma che poi, nel fine vita, si rivelano riciclabili soltanto in teoria e pur essendo conteggiati tra gli imballaggi differenziati finiscono di fatto in discarica o negli inceneritori per diversi motivi.
Lo rileva la terza edizione della campagna "Meno rifiuti più benessere in 10 mosse" dell’Associazione Comuni Virtuosi, che partecipa alla Settimana Europea per la riduzione dei rifiuti che prende il via sabato 22 novembre. E lancia un allarme: se non si affronta il problema dei rifiuti a partire dal modello economico che li genera, applicando politiche fiscali che incentivino prevenzione, riuso e riciclo, rischiamo di ritrovarci con discariche piene nel giro di due anni e mancare il raggiungimento degli obiettivi di riciclo comunitari.
La campagna "Meno rifiuti più benessere in 10 mosse" sollecita il mondo della produzione e della distribuzione a compiere 10 mosse per ridurre l'impatto ambientale di imballaggi, promuovere soluzioni adatte all'uso multiplo (invece che usa e getta) ma soprattutto innovare prodotti e processi produttivi in un'ottica di economia circolare.
Le proposte della Commissione europea adottate lo scorso luglio confermano più che mai l'attualità delle 10 mosse che attraverso esempi concreti insegnano a riconoscere quali siano gli imballaggi e le opzioni di acquisto più sostenibili e, attraverso la riprogettazione di materiali, sistemi e prodotti, creare le condizioni essenziali per lo sviluppo di una green economy circolare.
Ai produttori e utilizzatori di imballaggi viene chiesto di immettere nel sistema produttivo una maggioranza di imballaggi facilmente riciclabili in impianti di prossimità e di impiegare materia riciclata post consumo per generare nuovi prodotti al posto di materia vergine. Ai produttori e alla distribuzione organizzata, viene chiesto tra le altre cose, di impiegare esclusivamente imballaggi secondari e terziari riutilizzabili per la movimentazione delle merci e di collaborare tra loro per creare e promuovere prodotti innovativi a basso impatto ambientale.
Sempre alla distribuzione organizzata si chiede inoltre di ampliare l'assortimento di prodotti ecologici e l'offerta di quelle opzioni di acquisto sfuso o alla spina che permettano di riutilizzare anche l'imballaggio primario portato da casa, comunicandone il vantaggio ambientale.
Chi progetta, produce o utilizza imballaggi, non può non considerare il contesto locale di raccolta, selezione e riciclo in cui l'imballaggio verrà gestito a fine vita. Se tale contesto non è pronto ad accogliere un determinato imballaggio, seppur innovativo, chi decide di adottarlo dovrebbe assumersene i costi (attualmente a carico della comunità) secondo i principi europei di “chi inquina paga” e di “responsabilità estesa del produttore”.
La commissione Europea ha adottato lo scorso luglio alcune proposte intese a sviluppare un'economia più circolare in Europa e a promuovere il riciclaggio negli Stati membri. Le misure proposte prevedono il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell'80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e, a partire dal 2025, il divieto di collocare in discarica i rifiuti riciclabili.
Per arrivare a raggiungere l'obiettivo di legge del 50% di riciclo al 2020 è prioritario intervenire sulla plastica che, in assenza di interventi incisivi difficilmente centrerà il primo obiettivo in vista ed i successivi.