Tivoli, 13 luglio 2022 - Le aziende della diagnostica in vitro (IVD), reduci dalle gravi ripercussioni della pandemia Covid-19 sulla loro attività (tranne le aziende impegnate nella diagnostica Covid), si trovano ora di fronte a tre nuove sfide. La prima è la definizione dei Livelli essenziali di assistenza e delle relative tariffe. In questa attività esse, in genere, non vengono consultate anche se potrebbero essere un utile riferimento per i costi e le dinamiche del mercato. A questo si aggiunge il fatto che le aziende IVD impegnano dal 10% al 15% del loro budget in ricerca e sviluppo; purtroppo chi elabora i Lea è costretto a seguire un percorso molto lungo e complesso, poco coerente con l’evoluzione rapida e dirompente delle tecnologie e delle conoscenze della medicina, cosicché lo sforzo innovativo delle aziende non viene premiato, per lo meno non nei tempi dovuti utili ai cittadini. Inoltre, l’applicazione dei Lea continua a presentare diseguaglianze tra le diverse regioni italiane, come puntualmente ed annualmente verificato dal Ministero della salute. Le aziende, grazie alla loro rete vendita, potrebbero essere un sensore capillare ed utile nel territorio. Alla “MIDSUMMER SCHOOL 2022 – La diagnostica integrata al servizio del paziente” di Motore Sanità, organizzata con il contributo incondizionato di Technogenetics, Abbott, Becton Dickinson, Siemens Healthineers, Stago Italia, Medical Systems e Mindray, i massimi esperti hanno affrontato un argomento di grande interesse, vale a dire come affrontare le nuove sfide per le aziende IVD, che vanno dal Regolamento sui dispositivi medico diagnostici in Vitro (IVDR) ai nuovi LEA, all’impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Come ha spiegato Sergio Bernardini, Professore Associato di Biochimica clinica e biologia molecolare clinica presso l’Università Tor Vergata “nel contesto globalizzato dell’assistenza sanitaria è altresì necessario un benchmarking con analoghe definizioni di altri Paesi, in special modo con i Paesi dell’Unione europea: molte delle aziende operanti in Italia fanno parte di companies internazionali che operano a livello globale. Questo potrebbe essere molto utile nel confronto con gli altri Paesi. Infine, sarebbe auspicabile un confronto ad ampio raggio con le società scientifiche, le commissioni parlamentari, i rappresentanti dei cittadini e le istituzioni regionali per arrivare ad una sintesi della conoscenza e dei bisogni, il tutto cementato da un puntuale lavoro di Health technology assessment, sia per quanto riguarda l’assistenza socio-sanitaria sia per quanto riguarda la remunerazione e le conseguenti tariffe. Pertanto l’Industria della diagnostica in vitro (IVD) e dei dispositivi medici potrebbe essere un partner essenziale ed un facilitatore per l’elaborazione dei Lea e delle tariffe” .
Altro aspetto cruciale messo in evidenza dal Professore Bernardini riguarda il fatto che “recentemente la legislazione europea riguardante la IVDR ha posto le aziende IVD sotto una pressione difficilmente sostenibile dato che ogni prodotto non certificato IVDR sarebbe fuori dal mercato. Verrebbero così a mancare approvvigionamenti importanti ai laboratori clinici. La normativa IVDR necessita di una stretta collaborazione tra laboratori clinici, universitari e aziende IVD. Nel PNRR, purtroppo la medicina di laboratorio non è stata considerata e nemmeno citata. L’aggiornamento del parco tecnologico ha riguardato soltanto la strumentazione radiologica ed alcuni dispositivi medici. Questo non solo ha penalizzato i cittadini e i pazienti, rendendo difficile l’implementazione delle nuove opportunità diagnostiche offerte dalla medicina di laboratorio, ma ha anche danneggiato le aziende che producono le necessarie strumentazioni (spettrometri di massa e sequenziatori degli acidi nucleici, dispositivi IT). In questo contesto, una nuova era di collaborazione non pregiudiziale e di partnership inter pares tra pubblico, privato e aziende IVD è assolutamente necessaria per un adeguato sviluppo della medicina di laboratorio e della diagnostica integrata”.
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