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Gemelli, l'anticipazione del photobook sull'emergenza COVID-19

6 foto di Luigi Avantaggiato con i commenti di Domenico Barrilà

Gemelli, l'anticipazione del photobook sull'emergenza COVID-19
07 aprile 2020 | 17.25
LETTURA: 7 minuti

La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS ha realizzato in tempi da record il Columbus Covid 2 Hospital, hub regionale per contrastare l’emergenza sanitaria in corso, fornendo la sua equipe medica, le sue eccellenze nella cura e le sue capacità tecnologiche alla città di Roma e alla Regione Lazio.

Il Columbus Covid2 Hospital nasce per assistere i pazienti affetti o i casi sospetti di Covid-19, assicurando loro le migliori cure possibili nella massima sicurezza.

L’allestimento della struttura, dotata di 74 posti letto singoli e 59 posti letto di terapia intensiva, è stata possibile grazie alla generosità e alla sensibilità di numerosi donatori, grandi aziende e singoli, che hanno creduto in un progetto di grande valore per il Paese.

Questa raccolta di foto nasce come testimonianza viva e profonda dello spirito di comunità che è dietro la nascita del Columbus Covid 2 Hospital.

Si ripercorrono così i luoghi, i momenti, i volti di un percorso ricco di significati che vanno oltre la mera creazione materiale.

Superata la fase emergenziale, verrà prodotta una edizione integrale di cui questa raccolta è un’anticipazione, per offrire una visione complessiva di un’esperienza collettiva resiliente nelle avversità emergenziali.

L’autore delle fotografie è Luigi Avantaggiato (www.luigiavantaggiato.photography). Fotografo freelance, dopo un dottorato di ricerca in studi visuali, inizia a lavorare come fotografo documentarista, con un forte interesse per tematiche legate alle trasformazioni socio-antropologiche e ambientali, esponendo i suoi lavori in mostre e festival in Italia e all’estero. È autore di saggi e ricerche su fotografia, cinema e arti visive.

A Domenico Barrilà è stato chiesto di commentare le 6 immagini componenti questa anteprima. Domenico Barrilà è uno psicoterapeuta e analista adleriano, particolarmente attento all’influenza delle relazioni comunitarie sulla psiche e viceversa. È autore di oltre un migliaio di articoli nonché di circa 25 volumi, molti dei quali ristampati e tradotti in diversi paesi, tra questi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere” (Feltrinelli), “Quello che non vedo di mio figlio” (Feltrinelli), “I Superconnessi” (Feltrinelli), “Tutti Bulli. Perché una società violenta vuole processare i ragazzi” (Feltrinelli). Cinque mesi fa è uscito il suo primo romanzo, “La Casa di Henriette”, affermatosi come un piccolo caso letterario.

DIGNITÀ

Sembra un elettricista, ma è anche un ambasciatore.

Rappresenta delle persone. Idraulici, muratori, piastrellisti, tecnici del clima.

Soprattutto rappresenta il principio che ci permette di essere sicuri della vittoria sul virus: la divisione del lavoro, la più grande invenzione della nostra specie.

Senza questo ragazzo gli ospedali sarebbero solo stanze, corridoi, spazi inutili, senza vita, tantomeno in grado di conservare quella vita.

Quando qualcuno accende una macchina diagnostica oppure un respiratore - quanti se ne sono accesi in questi giorni - sappiate che è stato lui a renderlo possibile.

Chissà se tra i tanti lasciti del coronavirus, ci sarà quello di riconoscere la medesima dignità e il medesimo valore a tutti i lavori e a tutte le persone.

ENIGMI

Il grande filosofo, Rene Girard, sosteneva che la scienza trionfa quando riesce a trasformare un mistero in enigma.

I misteri infatti sono irrisolvibili

Un enigma, invece, per quanto complesso alla fine si risolve

È esattamente quanto è accaduto nei nostri laboratori, dove si è lavorato senza mai guardare l’orologio.

Si è preso un mistero, nulla è più misterioso di qualcosa che non si vede, soprattutto se vuole ucciderci, e lo si è trasformato in un enigma.

Così il Coronavirus è finito nella rete della Scienza

TEMPO

Questa infermiera va di fretta, mette alla frusta il più temuto e amato compagno di viaggio delle nostre giornate: il Tempo.

Lei sta correndo, più che la nostra vista ce lo dicono le sensazioni, quasi si intravvede l’ansia di arrivare in tempo, addirittura ci sembra quasi di vedere la scia invisibile che ci lasciamo dietro quando corriamo.

Non c’è tempo, c’è poco tempo, sembra dire questa infermiera

Noi sappiamo che in una certa quantità di tempo possiamo collocare solo un certo numero di eventi, ma se corriamo ce ne stanno di più.

Il personale sanitario in questi giorni l’ha imparato bene.

Quando gli eventi salvano la vita, la fretta diventa un’amica, dunque è lecito violare le anguste regole del tempo.

STARE

Una signora mi raccontava che quando era piccola si è seriamente ammalata, per giorni aveva avuto la febbre alta, di notte faticava a dormire.

“Il mio papà vegliava con me e mi raccontava le storie”, mi disse.

Le chiesi che storie raccontasse.

Mi ha risposto in modo inaspettato. “Le storie non le ricordo, però ricordo bene che stava con me”.

Quest’uomo, disteso nel suo lettino nel reparto di terapia intensiva non ricorderà nemmeno una parola di quelle pronunciate dall’infermiera.

Ma non dimenticherà mai che lei è stata, voce del verbo stare.

Un giudizio di valore che aiuta a sperare, perché se lei stava significa che io valevo, che la mia vita valeva.

CORAGGIO

Il coraggio non è una virtù degli eroi trionfanti, ma qualcosa di molto più terra terra, la capacità di tollerare l’insuccesso e ripartire daccapo

Quanti insuccessi, quante sconfitte in questi giorni.

Il programma della nostra vita, di tutta la nostra vita, è essere chiamati per nome e contare qualcosa per qualcuno.

Anche quando sono tradotti in maniera eccessiva, tolti gli orpelli, rimangono quei bisogni. Tutto ciò che facciamo è il segno di questa ricerca.

Essere chiamati per nome, contare qualcosa per qualcuno.

Essere visti, notati, come i bambini che alzano forsennatamente la mano quando la maestra pone una domanda a tutta la classe.

Forse nessuno l’ha visto, quest’uomo, né chiamato per nome, quando aveva alzato la mano per congedarsi.

Questa è la sconfitta più bruciante. Più della morte.

ESISTENZA

Una cimice si è sistemata su un piccolo led che avevo dimenticato accesso sulla scrivania.

Il minimo calore che sprigionava le teneva compagnia.

Ho pensato che quella creatura avesse il mio stesso problema. Arrivare a sera con la pancia piena, avere un posto sicuro e un giaciglio confortevole per la notte. L’ho lasciata dov’era.

Anche per questo bambino, protetto dal suo lettino è così, ma per lui provvederanno altri, come ogni cucciolo d’uomo vivrà un lungo periodo di inettitudine, nel suo caso appesantito dall’imprevisto.

È appena arrivato, è un piccolo uomo in marcia verso l’esistenza, ma sta già imparando, sebbene ci vorrà tempo perché ne abbia consapevolezza, che la conservazione della vita è il frutto di un’opera corale.

Quelle dita che con tanto timore lo sfiorano, sembrano volere schiacciare il tasto “invio” e dare inizio al secondo incontro vitale del bambino, dopo quello che ha avuto con la mamma.

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