La presidente di Federvini Micaela Pallini lancia appello a Presidenza italiana G7 e ripone aspettative sul nuovo assetto della Ue, determinante per il settore.
Se il 2023 è stato un anno "non brillante" per il settore dei vini, liquori e aceti, per il 2024 si addensano diverse incognite e preoccupazioni, soprattutto nello scenario geopolitico per il persistere delle tensioni internazionali, dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente, tra i timori di nuovi dazi commerciali applicati a titolo ritorsivo. Ma non solo, dietro l'angolo ci sono le imminenti elezioni europee e, in autunno, le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. A delineare uno scenario decisamente critico per filiere, come quelle rappresentate da Federvini, è stata la presidente di Micaela Pallini in occasione dell'assemblea generale che si è svolta a Roma, alla presenza del ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, numerose istituzioni e del gotha dei produttori italiani.
Il sistema Federvini lancia quindi un appello all’attuale Presidenza italiana del G7 affinché si faccia interprete dell’esigenza di impedire che controversie commerciali originate in altri comparti possano avere ricadute sulle produzioni agroalimentari. "Stiamo attraversando un anno denso di novità e cambiamenti, primi fra tutti le ormai imminenti elezioni europee e, in autunno, le elezioni presidenziali degli Stati Uniti ci preoccupano molto. Nel frattempo, tensioni geopolitiche, commerciali ed economiche rischiano di impattare sulle attività di filiere fondamentali per l’agroalimentare italiano" ha detto Pallini in rappresentanza di questo comparto che in Italia vale 21,5 miliardi di euro di fatturato, 2.300 imprese, oltre 81.000 occupati e circa il 20% dell’export del Food & Beverage italiano.
"Non c’è dubbio però che per affrontare la dimensione delle sfide internazionali c’è bisogno di regole certe, capaci di assicurare una competizione chiara e libera sui mercati, che non cedano a tendenze neo proibizioniste e che superino la logica dei dazi che nel recente passato ci hanno ingiustamente penalizzato". "Alcuni mercati sono in rallentamento e altri mercati, come la Cina, non si stanno aprendo, - ha sottolineato Pallini - è notizia recentissima l'antidumping sul vino e su alcuni prodotti lattiero caseari italiani quindi, noi rimaniamo vittime di altre guerre commerciali e siamo preoccupati.
Pallini ha espresso anche rammarico sul fronte interno, a nome delle aziende che rappresenta, perché "nel 2023 l'attesa diminuzione dei costi di produzione non si è vista sui bilanci, stiamo continuando a pagare l'inflazione. - ha detto - Per il resto sicuramente l’anno scorso abbiamo pagato anche problematiche legate al clima e quest’anno speriamo che non si ripetano".
Le aspettative ora sono riposte sulle prossime elezioni in Europa. "Il nuovo assetto delle istituzioni comunitarie che si definirà dopo la tornata di giugno sarà un fattore determinante per l’orientamento delle politiche che riguardano i nostri comparti, dall’etichettatura alla tutela dei prodotti tipici, fino alla competitività" ha sottolineato l'imprenditrice. "Chiediamo un cambio di passo, maggiore dialogo, i fondi per la promozione" e a proposito di nuova Pac ha detto: "il budget va difeso assolutamente purtroppo c’è stato un taglio ma l’agricoltura ha bisogno di sostegno e noi abbiamo bisogno dell’agricoltura, non possiamo fare finta di niente quindi questo è un argomento che va anche affrontato senza ideologismi ma concretamente".
Il settore comunque può vantare alcuni risultati molto positivi sul lungo termine. L’export di vino italiano negli ultimi 20 anni ha conosciuto una sensibile crescita, passando da una quota di mercato del 17% nel 2003 al 22% nel 2023. Un risultato che permette all’Italia di consolidare, grazie al complessivo +188% in valore di export, il secondo posto mondiale e assume un carattere ancor più straordinario se pensiamo all’incremento dei mercati in cui l’Italia esprime una posizione di leadership: 46 contro i 51 della Francia (vent’anni fa erano 9 versus 41), secondo quanto emerge dall’Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, presentato all'assemblea. Evidenze positive che emergono anche sul fronte degli spiriti: negli ultimi 20 anni, secondo Nomisma, l’export ha registrato un incremento del 300% per un valore di 1,7 miliardi di euro (oggi l’Italia è il quinto top exporter globale). L’andamento positivo delle vendite oltre frontiera si conferma per il comparto degli aceti, +180% a valore negli ultimi venti anni. In generale, anche in considerazione di un calo strutturale dei consumi interni, le esportazioni assumono un carattere strategico, rappresentando un fatturato del 50% per i vini, del 35% per gli spiriti e del 48% per gli aceti.