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I costituzionalisti 'promuovono' la Consulta, non apre 'buco' conti

I costituzionalisti 'promuovono' la Consulta, non apre 'buco' conti
24 giugno 2015 | 19.12
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Una sentenza equilibrata, che non apre un buco di bilancio e non comporta oneri automatici per le casse dello Stato. I costituzionalisti interpellati dall'Adnkronos 'promuovono' la pronuncia della Consulta che ha dichiarato illegittimo il blocco della contrattazione nel pubblico impiego senza per questo prevedere effetti retroattivi.

La Consulta "ha dichiarato illegittimo il protrarsi del blocco dei contratti del pubblico impiego", è l'interpretazione de ll'ex presidente della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, che evidenzia: "è stata usata una formula che indica non l'illegittimità originaria della norma ma una illegittimità sopravvenuta". Ora, spiega Mirabelli, "sarà rimessa alla contrattazione la determinazione dei contenuti economici che deve essere nuovamente aperta nel rapporto tra governo e sindacati". Il giurista fa anche riferimento a due precedenti pronunce della Corte, quella sulla Robin tax e quella sulla rivalutazione delle pensioni. In entrambi i casi, ci sono rilevanti differenze rispetto alla pronuncia di oggi. Nel primo caso, l'illegittimità derivava da "una tassazione i cui effetti sono stati ribaltati sull'utenza". Nel secondo, quello delle pensioni, "nell'aggiramento di norme applicabili e di fatto sospese, quelle che prevedevano la rivalutazione". Nella pronuncia di oggi, evidenzia ancora Mirabelli, "si utilizza uno strumento, quello della constatazione di una illegittimità sopravvenuta, che è spesso utilizzato in Germania". E che, di fatto, indica la strada da seguire per sanare l'illegittimità: la Consulta "riapre la ordinaria negoziazione relativa al trattamento economico dei dipendenti pubblici".

La sentenza "non ha effetti retroattivi, vale pro futuro e non comporta oneri immediati e automatici per la finanza pubblica". Sono gli aspetti principali che evidenzia Augusto Barbera. "Si tratta di capire meglio cosa significa illegittimità sopravvenuta in questo caso", premette il giurista. "Quello che parrebbe certo è che la sentenza non ha effetti retroattivi, che vale pro futuro e che non comporta oneri immediati e automatici per la finanza pubblica". In sostanza, argomenta ancora Barbera, "c'è l'obbligo di riaprire la contrattazione i cui oneri finanziari ovviamente verrano decisi sulla base della disponibilità della finanza pubblica". Guardando alle recenti pronunce della Corte, fa notare il costituzionalista, "il modello è più la Robin tax che non le pensioni".

E' stata individuata una "buona soluzione", perché "non crea un buco di bilancio", secondo Andrea Morrone: la Corte "ha riconosciuto l'incostituzionalità della disciplina solo a partire da una certa data, fatti salvi gli effetti per il passato e la norma viene eliminata dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza". Il principio è simile a quello che ha ispirato la pronuncia sulla Robin tax, con "le esigenze di bilancio che hanno consigliato di non rendere totalmente incostituzionale la disciplina", spiega il professore dell'università di Bologna. Secondo Morrone, quella individuata dalla Corte "è una buona soluzione, che evita di determinare un aggravio di spesa, impegnando il governo a sedersi a un tavolo di contrattazione".

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