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Gazzotti riparte con Worker Buy Out

Immagine di archivio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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09 marzo 2019 | 10.37
LETTURA: 5 minuti

Taglio del nastro a Trebbo di Reno di Castelmaggiore (Bo) per la nuova Gazzotti 18 società cooperativa, nata dal fallimento della storica azienda fondata nel 1910 a Bologna e diventato negli anni leader del mercato del parquet con 130 dipendenti e 25 milioni di euro di fatturato negli anni d'oro, crollati a 6 milioni nel 2017, e a 3 milioni l'anno scorso. 18 non è solo il numero dell'anno di nascita, ma anche il numero degli ex dipendenti che non si sono dati per vinti e hanno deciso di rilevare l'azienda e diventare imprenditori.

Si chiama Worker Buy Out, una pratica che in Italia ha portato al salvataggio di oltre 350 aziende e circa 15mila posti di lavoro. I 18 soci lavoratori saranno impiegati con un elevato livello di interscambiabilità: 7 in magazzino, profilatura e verniciatura, 2 in vendite e sala mostra, 3 al controllo qualità e confezionamento, 3 in amministrazione e 3 in direzione e coordinamento.

"L'idea nasce purtroppo da un fatto negativo - dice Andrea Signoretti Presidente di Gazzotti 18 - ovvero dal fallimento lo scorso anno di un marchio storico come Gazzotti. Eravamo in 18, ci siamo trovati e abbiamo cercato una soluzione visto quello che l'azienda rappresentava per noi. Abbiamo tutti una anzianità di servizio dai 15 ai 20 anni e ci sembrava davvero un delitto buttare via tutta l'esperienza nostra e di un marchio che ha piu di 100 anni. In questa ricerca di soluzioni abbiamo trovato conforto in LegaCoop e in Coop Produzioni e Servizi che ci hanno indirizzato e guidato in questi mesi, con la disponibilità anche del curatore, il dott. Gaiani, che è sempre stato attento a questa possibilità di trovare un progetto di rilancio che salvaguardasse parte della realtà industriale. A ottobre 2018 abbiamo rilevato il marchio e lo stabilimento e la nostra avventura è potuta partire."

"Riteniamo che il Worker Buy Out -sottolinea Rita Ghedini, presidente Legacoop Bologna- possa essere un modello nel superamento delle crisi come in questo caso ma anche per le difficoltà di passaggio generazionali o comunque situazione in cui l'apporto dei lavoratori non solo come competenze ma anche come investimenti può garantire la continuità aziendale. Ci sono esperienze di cooperative nate da aziende private di dimensioni molto diverse anche di pochi lavoratori da 5-6 fino a esperienze di piu di 100 soci il tema WBO non è la dimensione dell'impresa, quanto la volontà delle lavoratrici e dei lavoratori di investire sulla propria capacità imprenditoriale e ovviamente la sostenibilità del progetto".

"Il nostro ruolo principale -spiega Camillo De Berardinis, amministratore delegato Cfi- è stato quello di essere partner del Progetto e collaboratori dei lavoratori nell'impresa, perchè Cfi interviene con due strumenti finanziari con il capitale di rischio a cui noi partecipiamo insieme ai lavoratori al capitale, e con un finanziamento attraverso un fondo agevolato che Cfi gestisce per conto del Ministero dello Sviluppo Economico. Complessivamente è stato un intervento di 400 mila euro. Se noi pensiamo alla potenzialità di questa realtà e al numero di lavoratori occupati stiamo parlando di un investimento neanche particolarmente elevato per rimettere insieme e far ripartire un'azienda che aveva una storia ultracentenaria e che aveva delle competenze che altrimenti si sarebbero perse".

"Il worker Buy out è sempre una forma di recupero attraverso il rilancio da parte dei lavoratori. La legge Marcora oggi ci permette di finanziare anche aziende che non sono in crisi e abbiamo anche degli strumenti come il prestito partecipativo che puo finanziare il capitale dei lavoratori che decidono di fare l'acquisizione , quindi non solo possiamo sostenere il capitale ma anche i lavoratori nel patrimonializzare la nuova impresa che parte o che nasce."

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